Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

QUEL CHE SO PER CERTO E’ CHE IO NON VOGLIO PIU’ VIVERE COSI’ (di Franco Marino)

Qualche anno fa appresi per puro caso che nell’Ottocento esisteva un disturbo psichico definito “Drapetomania”. Era così definito perchè, secondo la scienza del periodo, colpiva gli schiavi afroamericani i quali erano caratterizzati un irrefrenabile desiderio di scappare. Per la cronaca, a definire la patologia non era la famosa tuttologa Grazia Arcazzo ma un illustre medico, Samuel Cartwright. Ah la scienza…. se molti scientisti sapessero quante nefandezze in suo nome si sono compiute. Ma andiamo avanti.
Non so se soffro di drapetomania ma mi sento di questi tempi uno schiavo in catene, caratterizzato da un’irrefrenabile voglia di fuggire via da questa clinica psichiatrica a cielo aperto che è diventato il nostro paese.
Saluti con i gomiti, funerali col distanziamento sociale con preti che teorizzano la bellezza della Resurrezione e tuttavia così timorosi della morte terrena al punto da vestirsi come astronauti, uffici comunali dove se ti cali un attimo la mascherina vieni letteralmente aggredito da adrenalinici tutori civici de facto, che nella pandemia hanno spolverato l’adrenalina della condanna morale e ovunque un concentrato di spocchia mascherata.
In questi giorni così particolari, mentre si avvicina il “mezzo del cammin” della mia vita, rifletto sulla mia biodegradabilità. Sul fatto che tutti noi ci crediamo immortali ma poi quando le persone di una generazione appena precedente alla nostra ci lasciano, ancora relativamente giovani, ci rendiamo conto che la morte è vicina, all’angolo, pronta a colpirci.
Possiamo morire per un cancro, per un ictus o, in tempi di mare, per esserci allontanati troppo dalla riva col mare mosso. O per un banale incidente d’auto.
Quando temiamo l’arrivo di quel momento, è tempo di bilanci, processiamo tutto ciò che abbiamo fatto di buono e tutto quel che abbiamo sbagliato. Ciò che è fatto di sbagliato è ingigantito e quel che c’è di buono, sminuito. Soprattutto soffriamo, abbiamo paura.
Ma ciò che conta è come si è vissuto. Se si è vissuto godendosi la vita, non annoiandosi, prendendo il meglio di ciò che la vita offre, voglio sperare che si vada verso l’altro capo dell’intervallo tra l’eternità del nulla con una maggiore serenità rispetto a chi ha sprecato la sua vita. Se si è invece vissuto solo per arrivare a cento anni, essendo obesi di vita ma senza essersela goduta, quella vita non ha senso, ragion d’essere. E’ come abboffarsi senza godere, è bulimia, qualcosa che rovina il concetto epicureo del piacere.
Io credo che il momento più brutto della vita di una persona sia quando non riesce più a godersi le cose belle perchè le considera tappe verso la fine inevitabile. Si sa che tutti prima o poi ce ne andiamo ma il punto di vista di chi ama la vita è che nonostante tutto valga la pena farsi questa crociera e visitare posti più o meno belli prima dello sbarco a cui tutti siamo destinati.
Il covid-19 può far paura solo a chi non ha mai vissuto davvero e pensa che valga la pena rinunciare alle cose belle della vita per paura di morire.
E preferisco mille volte morire che vivere nella paura di uno stupido virus.

FRANCO MARINO

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