Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

CAPIRE BERLUSCONI E’ SEMPLICE (di Franco Marino)

Churchill all’indomani degli accordi di Monaco del 1938 stipulati con Hitler dalla Francia e dal Regno Unito – di cui in quel momento non era premier – rilasciò una dichiarazione che sarebbe passata alla storia: “Potevano scegliere tra il disonore e la guerra. Hanno scelto il disonore e avranno anche la guerra”.
E’ a questa immagine che penso quando vedo Berlusconi amoreggiare con De Benedetti, cioè lo stesso editore di quei giornali che per vent’anni riempirono gli adepti del berlusconismo con le accuse e le calunnie più efferate, ben prima che Travaglio, che all’epoca si poneva ben poche domande lavorando per il Giornale edito da Berlusconi, si intestasse il primato morale dell’antiberlusconismo.

Capita spesso che, conoscendo i miei – peraltro assai insignificanti – trascorsi come berlusconiano, mi chiedano cosa io ne pensi del Berlusconi attuale, che va in Provenza durante la pandemia, che si fidanza con ragazzine di cui potrebbe essere nonno e che stanno con lui, come al di là delle battute è evidente, solo per il suo stato sociale, non certo per le sue virtù amatorie che alla sua età sono qualcosa di molto teorico. E che mi chiedano perchè si sia ridotto così. Quali ritorni di immagine voglia perseguire un uomo nell’atteggiarsi, ultraottantenne, a latin lover, quali interessi persegua o difenda un imprenditore e politico che ha scelto il compromesso più bieco e codardo con i suoi nemici e dunque perchè un uomo che è stato così grande, così centrale nella storia di questo paese, sia diventato così pateticamente ridicolo.
In realtà, capire Berlusconi in fondo è semplice e ci si arriva dopo tanti anni in cui lo si è osservato da vicino, senza perdersi nelle sociologie d’accatto dei suoi avversari, che su di lui non ci hanno mai capito nulla e che comunque rimangono umanamente, politicamente e professionalmente mille volte peggio di lui.
Berlusconi diventa tutto ciò che vuole l’elettorato che, di volta in volta, gli conviene rappresentare o la clientela a cui, di volta in volta, vuol vendere un prodotto. Quando il suo obiettivo era quello di rappresentare il centrodestra liberale e cristiano, ecco la famiglia patinata nel prato verde di Arcore. Quando sono cominciate ad uscire fuori le voci sulle sue scorribande con prostitute di più o meno alto bordo, ecco il Berlusconi libertario, godereccio. Quando gli è convenuto rappresentare gli animalisti, ecco lui che, un tempo cattolico che magari l’agnello se lo mangiava, lo prende in braccio e lo allatta. Quando è convenuto, a lui interista, di buttarsi nel calcio, eccolo diventare milanista. Quando gli conveniva rappresentare l’uomo che si opponeva al perbenismo sepolcrale dell’elite di sinistra, ecco il Berlusconi trumpiano ante litteram, che faceva l’amicone. Quando però doveva amicare col sistema, ecco il Berlusconi sgradevole, sprezzante, liftato. E alla fine dopo tante giravolte a cui si è assistito osservandolo, si arriva al vero punto della questione.
Berlusconi si adatta, con invidiabile spirito camaleontico e con totale spregio della verità, agli obiettivi che vuole perseguire.
Il giorno che avesse interesse a trovare voti nel mondo LGBT, dirà che è sempre stato gay. Veronica e la Pascale? Semplici coperture.
I cinque figli? In realtà sono di Confalonieri che si è prestato a fare da stallone.
Ma, sia chiaro, non è che io lo dica col tono astioso del berlusconiano pentito, affatto. Berlusconi è sceso dal mio piedistallo, ma non è neanche finito nel pantheon dei miei “nemici”, io rimango berlusconiano ma di un berlusconismo che – singolarissimo paradosso – oggi non solo scopro non appartenere a Berlusconi ma forse non gli è mai appartenuto. E nondimeno i suoi valori rimangono attualissimi. Come attualissimi rimangono i suoi avversari che sono le merdacce di sempre che, se al potere ci fossi andato io, sarebbero finiti in fondo al Mar Tirreno con un peso addosso.
Credetemi, tutto questo lo scrivo col sorriso sulle labbra. Berlusconi ormai mi fa ridere, è un personaggio da commedia. E nel dirlo, non prendo in giro lui. Prendo in giro me stesso che ho creduto per tanti anni in lui, senza mai capirlo in fondo.
E’ un pagliaccio. E noi berlusconiani poveri fessi che gli abbiamo retto il gioco, credendo in lui, senza renderci conto che eravamo spettatori dei suoi pirandelliani spettacoli.

FRANCO MARINO

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