Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

A TRIESTE, SI FA L’ITALIA O SI… (di Matteo Fais e Clara Carluccio)

SE USANO GLI IDRANTI, CI FANNO UN FAVORE (di Matteo Fais)

La polizia, a Trieste, attacca i portuali? Bene, anzi benissimo. Francamente, non potrebbe andare meglio. Io spero che la madama ci vada giù pesante, ovunque. Mi auguro che manganelli e picchi, che non faccia prigionieri.

Crepi Sansone con tutti i filistei! Tanto peggio, tanto meglio! Finche il Sistema resta nascosto dietro la maschera della democrazia, noi da questo pantano non ne usciremo mai.

La gente spera che la rivoluzione sia un film di due ore in Hd, in prima serata, dopo aver messo a letto i bambini, aperto l’amaro e versato il ghiaccio. Una sega! La lotta è una cosa seria, non la si può fare a tempo perso, il sabato sera, al posto della passeggiata in centro. E qui, poco ma sicuro, bisogna lottare e farlo duramente.

Si fa preso ad andare in piazza a gridare “La gente come noi non molla mai”. Bisogna dimostrarlo. Bisogna capire che la libertà è un qualcosa che si guadagna a caro prezzo. Può costare una mano, un braccio, una gamba. A volte, ci si può rimettere la vita. Il resto sono stronzate e marce della pace borghesi.

Il green pass, sui luoghi di lavoro – ma direi ovunque –, va abolito costi quel che costi. E, se costerà caro, meglio: solo quello che si paga salatissimo vale. Gli italiani, poi, non si muoveranno senza avere qualche morto sulla coscienza. Rimanderanno sempre a domani, perché il domani, si sa, può sempre riservare qualche sorpresa positiva, soprattutto quando non si fa un cazzo perché le cose cambino.

Bisogna smetterla di predicare pace e amore. Il volemose bene è da bandire dal vocabolario. Siamo in guerra. Nella lotta verticistica tra élite e popolo, uno deve vincere e l’altro perire. Tertium non datur. Anche perché, il riformismo non serve a un cazzo. Vale quanto i tamponi gratuiti per i soli portuali.

Abbiamo ragione? Bene, allora, facciamola trionfare. Sono loro a doversi spaventare, quando marciamo, non noi a dover chiedere il permesso per sfilare con uno striscione. Altrimenti, che facciamo: quelli ci vogliono imbrigliare con la loro follia sanitaria e noi chiediamo di essere ascoltati? Lo devono fare, volenti o nolenti.

Naturalmente, cercheranno di fare di tutto per non portare le cose alle estreme conseguenze. Ci vogliono convincere persuadendoci, non menandoci. Ma noi dobbiamo costringerli a passare dalla coercizione mentale a quella fisica. Il Sistema deve tradirsi, come Brunetta che senza filtri parla di costi materiali e psicologici da far pagare ai no vax.

A Trieste, Signori miei, si fa l’Italia, o si muore. Presto sapremo se saremo i perdenti o i vincitori.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.

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L’IDEALE OLTRE IL SINGOLO UOMO (di Clara Carluccio)

Sono bastati tre giorni per trasformare Stefano Puzzer, da Odino portuale, a mammoletta piagnucolante. Le lacrime, vere o presunte, dell’ex portavoce dei portuali triestini contro il green pass, stonano quanto le sue dimissioni, ma non mi stupiscono. Sebbene tutti sognassimo un’azione epocale e decisiva in questa straziante agonia, tutta la speranza riposta in quegli uomini in tuta fluorescente, ricorda un precedente flop: il blocco dei camionisti. Per una settimana, su Facebook, circolavano solo meme in onore dei giganti a quattro e sei ruote. “I camionisti ci salveranno”. Di fatto, pochi e brevi rallentamenti qua e là, e fine dei giochi.

Oggi, abbiamo Puzzer. Anche lui, inizialmente, ha calamitato l’attenzione e la speranza di tutti i dissidenti d’Italia. Dalla sua bocca è uscita, forse, la frase più bella e toccante che potessimo udire in tempi di insulti, umiliazioni, menzogne e accuse ignobili, da parte di tutti i politici e giornalisti: “Non potrei mai tornare al lavoro sapendo che un mio fratello è rimasto fuori”. Poi, si dimette, patteggia con un governo illegittimo e dittatoriale, si fa trovare a terra, in una crisi di pianto, mano nella mano con altri compagni, a recitare il rosario.

Autenticità o strategia, non importa più. Il pericolo è che, adesso, chi ha creduto in lui, si lasci trascinare a terra dai suoi sbalzi d’umore e d’azione. O peggio, smetta di credere nella lotta perché, l’oratore della resistenza triestina, ha manifestato una pericolosa ambiguità, con la mossa dei “quindici giorni”, ovvero il tempo che lo Stato ha generosamente concesso ai no green pass per un diplomatico e civile incontro.

L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è immedesimarci troppo con i nostri leader, dato l’attuale livello di affidabilità. Leggo, infatti, commenti delusi, amareggiati, disincantati, riguardo la mossa di Puzzer. In realtà, dovevamo metterlo in conto.

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Una cosa positiva dell’astensione alle ultime elezioni era la liberazione della maggior parte degli italiani dal giogo di questa pantomima pseudo democratica. La maggioranza ha capito che, alla fine, comandano sempre gli stessi. Eppure, il gregge è ancora fermo ad aspettare l’arrivo di un Salvatore che lo liberi dal tiranno, senza troppi sbattimenti. Adesso, basta.

Possono passarci davanti decine di video di un portuale che inneggia alla resistenza contro la nuova dittatura, ma sempre un uomo rimane. L’uomo, si sa, è manipolabile, vigliacco, corruttibile o, semplicemente, potrebbe non reggere la troppa tensione e visibilità. Facciamo nostro quello che ci serve al momento, ma non affidiamo il futuro ai singoli individui. Al diavolo il camionista, la Schirillò, Puzzer, Salvini o Giorgia Meloni con la loro opposizione inesistente. L’ideale non va fermato perché qualche debole, o venduto, si tira indietro. La lotta, la dobbiamo comunque portare avanti tutti quanti.

Clara Carluccio

3 commenti su “A TRIESTE, SI FA L’ITALIA O SI… (di Matteo Fais e Clara Carluccio)

  1. A Trieste, col freddo che faceva, oltre ad usare gli idranti a distanza ravvicinata, i manganelli anche in viso su donne incinta, hanno usato gas laclcrimogeni urticanti. È normale che in molti piangessero, chiunque li ha provati lo può capire.

    1. Il governo massacra di botte e chiama fascisti i manifestanti e poi gli dà udienza per discutere civilmente del green pass. Ma siamo così idioti da credere anche a questo??? Onore ai portuali, ma alcuni di loro stanno per sputtanare la causa. Prepariamoci.

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