Il Detonatore

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NOI NON STIAMO CON MIMMO LUCANO (di Davide Cavaliere)

Finalmente termina la sciropposa vicenda mediatica relativa a Domenico Lucano – “Mimmo” per gli umanitari e gli accoglioni di tutta Italia -, condannato a tredici anni e due mesi di reclusione per aver speculato sull’emergenza migratoria.

I giudici lo hanno ritenuto colpevole di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, truffa, peculato e abuso d’ufficio. Dovrà restituire anche cinquecentomila euro di finanziamenti ricevuti dall’Unione europea e dal Governo Nazionale. Inoltre, è stata disposta la sua interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. Ma tutto ciò per i sostenitori conta poco. La sentenza è politica, per la prima volta in Italia, mica come quelle contro Berlusconi. Fosse per loro, l’avrebbe dovuto giudicare il tribunale di Botteghe Oscure, a Roma.

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A ogni modo, è arrivata: una condanna esemplare che, finalmente, elimina il mito di Lucano e della sua Riace, decorata da squallidi murales e oscene ceramiche colorate. Il buon Mimmo era diventato il feticcio dei fanatici sostenitori dell’immigrazione clandestina di massa, quelli che vedono l’Italia come una terra di nessuno nella quale chiunque si può installare liberamente, per o senza necessità. Insomma, coloro che in piazza girano con cartelli del tipo “PORTI APERTI COME I NOSTRI CULI” – come se anche il porto più inquinato fosse anche solo vagamente associabile alla loro aberrazione anale.

L’Università “La Sapienza”, quella che negò a Papa Benedetto XVI di tenere una lezione, due anni fa accolse festosa e plaudente il sindaco di Riace. Fu uno spettacolo grottesco: una stanza ricolma di studenti con scarsa propensione al bagnoschiuma e giornalisti dalla lingua più allenata di una pornostar, tutti intenti ad applaudire, fragorosamente, un uomo incapace di articolare in italiano una frase di senso compiuto. Quel mostro di umanità e altruismo biascicava, emetteva suoni disarticolati, frasi smozzicate, ripeteva le solite fesserie sul “clima d’odio” e la “speranza” ed ecco che partiva l’ovazione, chiassosa e sprecata.

In tanti raccontano che Mimmo, l’angelo ionico e bruno degli immigrati, avrebbe “combattuto la mafia”. Saremmo tutti curiosi di sapere in che modo si articolava la sua battaglia alla criminalità organizzata. Peccato che non ci verrà mai spiegato, perché il richiamo alla “lotta alla mafia” è solo l’ultima e inutile pennellata di bontà fasulla spalmata sulla sua figura. In compenso, per qualche giorno, ci dovremo subire la carrellata di foto dell’intellighenzia progressista, da Vauro alla Mannoia, in posa plastica insieme a San Mimmo, patrono del mondo senza confini con la faccia di bronzo (di Riace, of course).

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Sebbene il Sindaco, sceriffo dell’umanitariamente corretto, sia una personalità compromessa e macchiata da una pesante condanna, corriamo il rischio che venga trasformato in un martire, in un santo laico da collocare accanto a Carlo Giuliani, Carola Rackete e Greta Thunberg. La Sinistra è una fabbrica di eroi ed eroine. Ma, soprattutto, essa, in ciò magnificamente rappresentata dal suo eroe, è sempre capace di materializzare soldi per aiutare chiunque venga da una terra al di là del mare, salvo dichiarare il vuoto pneumatico dei forzieri statali, quando si tratta di andare in soccorso degli italiani in difficoltà.

Per il momento, godiamoci il crollo di questo suo totem e del “modello” da esso rappresentato, a base di matrimoni combinati e soldi pubblici evaporati. Speriamo un giorno, di potergli portare le arance… Ma arance piene di sincera umanità.

Davide Cavaliere

Un commento su “NOI NON STIAMO CON MIMMO LUCANO (di Davide Cavaliere)

  1. Voglio credere in un’ontologia. Da Platone e Aristotele, la solidarietà e la comunità sono state trasformate. Ciò che oggi crediamo essere eroi fa parte di questa geografia immaginativa che Edward Said ha utilizzato pensando al pensiero di Vico. L’ontologia che credo esista è quella del sacrificio, e questo è il cuore del capitalismo. Le classi comuni, questo può essere visto nel concetto di Guilly, è una periferia globale. Non è la sinistra che si immagina di essere una salvezza di questo mondo, è questo mondo del capitale bancario che vuole essere l’eroe di una classe. Guardiamo questo concetto di progressismo, lo dice il nome, il progresso.

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