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L’INTERVISTA – “MA NIETZSCHE È DI ESTREMA DESTRA?” – MATTEO MARTINI DIALOGA CON UMBERTO CAMILLO IACOVELLO

L’influenza del pensiero di Nietzsche sulla politica nazionalsocialista è un tema dibattuto tra gli studiosi. La difficoltà nel catalogare la sua filosofia risiede nella composizione dell’opera. Il pensatore di Röcken non ha scritto un testo prettamente “politico” e, pertanto, le idee sulla funzione dello Stato e l’organizzazione della società devono essere intercettate nei suoi aforismi nel corso dell’intera produzione. Nonostante il tentativo da parte della sinistra di “prendersi Nietzsche” in chiave antimoralista, anarchica, come un sorta di precursore del “vietato vietare”, le sue posizioni antidemocratiche, anti-egualitarie, fortemente gerarchiche e a tratti perfino razziste rendono impossibile questo “scippo” da parte dei progressisti.
Uno dei maggiori esperti del pensiero nietzschiano in Italia, Sossio Giametta, non ha dubbi. Egli sostiene che “Nietzsche è stato per la destra quello che Marx è stato per la sinistra” e che “non è stato solo il precursore del nazismo ma colui che ha creato il cuore del nazismo”. Per chiarire questo rapporto tra Nietzsche e il nazionalsocialismo, abbiamo parlato con Matteo Martini, laureato in Filosofia presso l’Università di Siena (sede di Arezzo). Nel 2020, ha pubblicato il testo Friedrich Nietzsche e il nazionalsocialismo e altre questioni nietzscheane, Controcorrente Edizioni, frutto di un’approfondita lettura dei testi dell’ultimo Nietzsche e in particolare de La volontà di potenza.

Il saggio di Matteo Martini, Friedrich Nietzsche e il nazionalsocialismo e altre questioni nietzschiane, Controcorrente Edizioni.

Il pensiero di Nietzsche ha influenzato potentemente il nazionalsocialismo, eppure molti fanno fatica ad accettare la tesi che lei sostiene. In che modo il filosofo di Röckenha ha ispirato la politica del Terzo Reich?

Nel mio libro cerco di dimostrare come tra gli scritti di Nietzsche si possono trovare molte pagine che ben si adattano all’ideologia nazionalsocialista. Per arrivare a ciò, ho fatto riferimento ai testi del filosofo in maniera rigorosa, compresi quelli “ufficiali” e non sospettati di essere stati manipolati dalla sorella, come ad esempio L’anticristo. Sappiamo che Hitler, in gioventù, fu un lettore di Nietzsche e, non a caso, regalò a Mussolini l’intera opera dell’autore. Lo stesso dittatore italiano scrisse un saggio dedicato al pensatore tedesco, intitolato La filosofia della forza. Il dittatore tedesco, inoltre, ricevette in dono dalla sorella del filosofo il suo bastone da passeggio. Per quanto riguarda la presunta manipolazione dei testi operata dalla sorella del medesimo, ritengo che tale operazione non sia affatto avvenuta. Può essere che la sorella abbia censurato alcune affermazioni del fratello che la mettevano in cattiva luce o da lei ritenute sconvenienti ma, se anche questo fosse vero, la sostanza del pensiero non cambierebbe, tanto è vero che le idee da egli propugnate sono le stesse in tutti i testi. Nel mio libro faccio riferimento soprattutto a La volontà di potenza, nel quale si possono trovare diverse teorie che il regime nazionalsocialista mise in pratica, come ad esempio quella che emerge dal seguente aforisma: “L’amore frainteso. C’è un amore da schiavi, che si assoggetta e si svende, che idealizza e si inganna – e c’è un amore divino, che disprezza e ama e trasforma, eleva ciò che ama. Si deve acquistare quella enorme energia della grandezza per foggiare l’uomo futuro allevandolo, da un lato, e, dall’altro, annientando milioni di malriusciti: e non si deve venir meno per il dolore che si crea – un dolore quale non fu mai visto finora”.

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L’accusa di chi sostiene che la filosofia di Nietzsche non ha nessun rapporto con il nazionalsocialismo è sempre la stessa, ovvero la manipolazione dei frammenti postumi da parte della sorella Elisabeth. Tuttavia, lei riporta un aforisma in cui la modifica della sorella tende addirittura a “moderare” un passaggio troppo “razzista” e vicino all’ideologia del Terzo Reich.

Esatto. Lei si riferisce a un passo di La volontà di potenza, il testo assemblato dalla sorella del filosofo e dal discepolo Peter Gast: “La maggioranza degli uomini non ha diritto all’esistenza, ma costituisce una disgrazia per gli uomini superiori”. Ebbene, nel brano corrispondente, nei Frammenti postumi, dai quali attinsero Elisabeth e Peter Gast, l’aforisma prosegue con la seguente dichiarazione, omessa dai due: “Ai malriusciti io non riconosco neppure il diritto [all’esistenza]. Ci sono anche popoli malriusciti”. Evidentemente, la sorella deve aver trovato eccessiva la dichiarazione – tesi, questa, che sarebbe tornata utile a Hitler e al regime nazionalsocialista. Inoltre, nello stesso testo, si possono trovare anche parole di apprezzamento nei confronti degli ebrei. E ancora: se davvero la sorella avesse manipolato a suo piacimento gli aforismi tratti dai Frammenti postumi, la cosa non sarebbe passata inosservata, visto che lo stile di Nietzsche è inconfondibile, e non credo che essa sarebbe stata in grado di manipolare questi aforismi in modo tale da renderli, sia da un punto di vista linguistico che concettuale, del tutto simili a quelli veramente usciti dalla penna del fratello. A tutto questo si aggiunga che gli aforismi che compongono La volontà di potenza sono stati scelti e ordinati nel 1906, quando Hitler aveva 17 anni, per cui è da escludere che Elisabeth abbia censurato o addirittura modificato delle affermazioni che potessero dispiacere allo stesso Hitler.  

Il nazionalsocialismo ha avuto una connotazione fortemente antisemita. Cosa ha scritto Nietzsche sugli ebrei?

La posizione di Nietzsche nei confronti degli ebrei è molto ambigua: a volte ha per loro parole di elogio, altre volte parole di disprezzo, anche se non accenna mai a un qualcosa che possa anche solo assomigliare a un’esortazione all’eliminazione sistematica, pur individuando nel giudaismo la radice del cristianesimo. Del resto, l’antisemitismo era presente in Germania già prima del nazionalsocialismo. Fra l’altro, il miglior amico di Nietzsche, Paul Rée, era ebreo. Una cosa è certa, il filosofo disprezzava San Paolo, ebreo di nascita, al quale tuttavia riconosce una certa genialità nell’essere riuscito a far affermare il cristianesimo. Dice il filosofo: “Paolo ha bisogno di mettere in primo piano il concetto di colpa e di peccato; non già una nuova prassi (come Gesù stesso indicò e insegnò), ma un nuovo culto, una nuova fede, una fede in una miracolosa trasformazione. […] Paolo ha di nuovo edificato in grande stile proprio ciò che Cristo aveva annullato attraverso la sua vita. Da ultimo, quando la Chiesa fu pronta, prese sotto la sua tutela perfino lo Stato. […] La Chiesa è esattamente ciò contro cui Gesù predicò, e contro cui insegnò a combattere ai suoi discepoli. […] Nessun Dio è morto per i nostri peccati; nessuna redenzione attraverso la fede; non c’è resurrezione dei morti – sono tutte falsificazioni del cristianesimo genuino, di cui si deve rendere responsabile quel funesto cervello balzano che fu Paolo. […] L’inno alla carità composto da Paolo non è cosa cristiana, ma un ebraico divampare dell’eterna fiamma, che è semitica”.

Nel libro sostiene che Hitler non incarna la figura dell’Übermensch (Oltreuomo o Superuomo), ma quella dell’uomo grande. Qual è la differenza? 

Sì, la figura del superuomo così come la intende Nietzsche non coincide affatto con quello che Hitler rappresentava per la Germania e per il popolo tedesco. Il dittatore nazista è invece paragonabile a un’altra “figura” presente nella filosofia nietzschiana, quella dell’“uomo grande”. Cos’è che la distingue dal Superuomo? La differenza sta nel fatto che l’uomo grande è un individuo che detiene un potere politico, o, comunque, è un individuo riconosciuto e legittimato dalla massa, come ad esempio lo erano, nell’ottica del filosofo, Giulio Cesare, Cesare Borgia e Napoleone, o, come lo sarà successivamente, Adolf Hitler. Afferma Nietzsche: “L’uomo grande sente di aver potere sopra un popolo, sente di coincidere occasionalmente con un popolo o con un millennio […] tutti i grandi uomini […] vogliono imprimere la propria forma a grandi comunità, vogliono dare una sola forma a ciò che è molteplice e disordinato”. Questa definizione sembra calzare a pennello con quella che era la figura di Hitler, il quale pensava realmente di incarnare la volontà del popolo tedesco, quello stesso popolo che nelle adunate oceaniche si presentava come un corpo unico plasmato dalla volontà assoluta e irresistibile del dittatore. Ma proprio il fatto di essere riconosciuto e legittimato dalla massa, ossia di basare il proprio successo su di essa, sminuisce il prestigio dell’uomo grande, poiché, osserva il pensatore: “I ‘grandi’ successi si ottengono unicamente grazie alle masse, e non si comprende che un successo di massa è propriamente sempre un piccolo successo”. Il superuomo, invece, è un uomo di rango ancora superiore, che inevitabilmente nei rapporti con gli altri uomini è costretto a indossare una maschera (quasi come una forma di rispetto nei confronti dei mediocri che non hanno consapevolezza della tragicità dell’esistenza), che non anela “alle altezze” e ai riconoscimenti dei più e che vive in modo più semplice e solitario. Lo stesso Nietzsche sembra convinto di appartenere a questa specie di uomini, come trapela da un bellissimo aforisma presente nella Volontà di potenza: “Al di sopra della caligine e del sudiciume delle bassure umane c’è un’umanità più alta, più chiara, che per numero deve essere molto piccola – perché tutto ciò che eccelle è per sua natura raro: le si appartiene non perché si sia meglio dotati, o più virtuosi, o più eroici, o più amorosi degli uomini di laggiù, ma perché si è più freddi, più chiari, più lungimiranti, più solitari, perché si sopporta la solitudine, la si preferisce, la si esige come una felicità, un privilegio e persino una condizione di esistenza, perché si vive tra nubi e lampi come tra i propri pari, ma anche tra raggi di sole, gocce di rugiada, fiocchi di neve e tutto ciò che necessariamente giunge dall’alto e che si muove, si muove eternamente solo dall’alto verso il basso. Le aspirazioni all’altezza non sono le nostre. Gli eroi, i martiri, i geni e gli entusiasti non sono abbastanza sereni, pazienti, fini, freddi e lenti per noi”.

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Nelle opere di Nietzsche emergono delle contraddizioni, come detto pocanzi, lo vediamo con gli ebrei, ma anche su temi come la razza. Nell’aforisma 272 di “Aurora”, il filosofo auspica una purificazione della razza e critica il meticciato. Nel Crepuscolo degli idoli arriva ad accusare Socrate di non essere un vero greco perché figlio di un incrocio, quindi brutto fisicamente e nell’anima; mentre nell’aforisma 862 di La volontà di potenza scrive che per “tendere alla pienezza della natura” occorre “mescolare le razze”. In Così parlò Zarathustra è presente una feroce critica dello Stato, ma bisogna tener conto che quel testo descrive una figura di eccezione – l’oltreuomo –, mentre la massa deve essere controllata. Nell’aforisma 729 di La volontà di potenza leggiamo un’esaltazione dello Stato militare e, ancora, al 287 “La mia filosofia è orientata verso la gerarchia: non verso una morale individualistica”. In Nietzsche sono presenti pensieri che invitano a impedire la procreazione, fino ad arrivare alla castrazione di individui che potrebbero generare una prole malata (aforisma 734, La volontà di potenza) e di soppressione dei malriusciti (aforisma 2, L’Anticristo). Di esempi se ne potrebbero fare tanti. In conclusione, se dovessimo fare un bilancio tra i passi in cui si sostiene ciò che successivamente è stato messo in pratica dal nazionalsocialismo e quelli in contraddizione con la politica del Terzo Reich, da che parte penderebbe la bilancia? Non è una forzatura associare la filosofia nietzschiana all’ideologia nazionalsocialista?

No. Lei ha ragione, nella filosofia di Nietzsche ci sono molte contraddizioni, ma il legame tra il pensiero del filosofo e l’ideologia nazionalsocialista è a mio avviso inequivocabile. Certo, Nietzsche non può essere considerato né razzista né nazionalista, ma c’è un’idea, nei suoi scritti, che ben si adatta all’ideologia appena citata e che non viene mai messa in discussione o ritrattata. Mi riferisco alla critica della morale e, in particolare, a quella cristiana. Nietzsche mette in atto una “capillare” e spietata confutazione della morale, sostenendo che essa è ostile alla vita e alla salute dell’essere umano, che solo l’uomo liberato da essa può venir considerato sano. Dice: “L’addomesticamento (‘la cultura’) dell’uomo non arriva a grande profondità… Là dove penetra in profondità, ecco subito la degenerazione (tipo: il cristiano). L’uomo ‘selvaggio’ (o, per esprimermi nel linguaggio della morale, l’uomo cattivo) è un ritorno alla natura – e, in un certo senso, un ripristino dell’uomo, la sua guarigione dalla “cultura”…”. Si capisce che, liberato dalla morale sancita da un ente Supremo, l’uomo può comportarsi come meglio ritiene, senza il timore di sentirsi “cattivo” e giudicato. Alla luce di questo, la politica messa in atto dal regime nazionalsocialista risulta essere finalizzata a un’elevazione del genere umano, intento, questo, messo in pratica a costo di grandi sofferenze. L’uomo, in sintesi, può e deve comportarsi in perfetta sintonia con quello che accade nel mondo animale, dove i malati e i deboli vengono soppressi o, nella migliore delle ipotesi, lasciati al loro destino. Ecco, dunque, per tornare alla sua domanda, che la filosofia di Nietzsche può essere legittimamente considerata alla base di molte delle iniziative messe in atto dal regime nazionalsocialista.

Umberto Camillo Iacovello

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