Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

SAN VALENTINO, OVVERO “LO SPETTACOLO DI ARTE VARIA DI UNO INNAMORATO DI TE” (di Matteo Fais)

“And if our love was just a circus/ you’d be a clown by now” (Elton John, I’m still standing)

In Acque profonde, invero un film decisamente mediocre, il personaggio di Melinda, la bellissima Ana de Armas – una che, solo a vedere la chiostra dei denti tra quelle labbra conturbanti, quando sorride, ti fa venire voglia di farci l’amore all night long –, suona in favore di marito e amante, con fare civettuolo, una versione superbamente erotica del classico di Paolo Conte, Via con me.

Quel motivetto lo conoscono un po’ in tutto il mondo, persino Yasmina Reza lo cita nella sua disturbante opera teatrale Il dio del massacro. La verità è che il brano contiene una icastica descrizione degli effetti dell’incantesimo amoroso su chi ne è affetto, ovvero Non perderti per niente al mondo/ Lo spettacolo d’arte varia/ Di uno innamorato di te.

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Non è un segreto che tutta la spinta artistica – almeno, sicuramente per il maschio – nasce da una pulsione d’amore spesso insoddisfatta che cerca una via per sublimarsi. È altresì vero che ogni amante insoddisfatto si tenta la carta del gesto artistico – che sovente si risolve in una patetica trovata estemporanea –, convinto che l’amore, quando non arriva naturalmente al primo sguardo, possa essere stimolato artificialmente a mezzo di poesie scadenti e grottesche serenate di un uomo incapace persino di strimpellare. Resta comunque interessante e sintomatico che, in preda alla disperazione del sentimento, si diventi tutti un po’ artisti, senza neppure ben sapere quale sia la propria specifica abilità.

L’ironia della vita poi, vuole che l’arte riaffermi la sua più intima natura, quella dell’inutilità. Essa non può essere usata per secondi fini, meno che mai quello di fungere da pozione amorosa. Infatti, come saprà chiunque abbia un minimo di consuetudine con il femminile, le lettere o le poesie non funzionano quasi mai. Non hanno avuto utilità le liriche di Pavese, quella di La terra e la morte, o l’insuperabile Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, figurarsi quelle di un povero cretino senza talento!

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Ben difficile che Constance Dowling, come qualsiasi femmina, ci desideri per una questione di meriti artistici. Le donne non sono la giuria di un premio letterario. Scrivere per guadagnarsi i favori di un cuore è inutile. Se proprio vi sentite di prendere in mano la penna, sappiate che le vostre parole saranno grida di notte in un parcheggio abbandonato, scorribande di un triste fantasma tra le corsie di un centro commerciale chiuso. La poesia, come qualsiasi arte, non salva e non ricuce relazioni, non è una terapia di coppia, per questo, grazie al cielo, molti la abbandonano alla fine dell’adolescenza e dei primi amori.

Sì, l’arte non salva, anzi fissa l’ossessione su carta o su vinile, le dà un peso immane, quale quello dello stampato, per dire. Se cercate consolazione, l’alcol, finché non sopraggiunge la cirrosi, è un rimedio molto più funzionale, spegne la luce per chi non ha la forza morale di farlo. Ergo, non scrivete missive o rime struggenti per mandarle a una che le leggerà con ancora tra le gambe il calore di un altro, sempre che non se la ridano insieme, a letto, delle vostre elucubrazioni vagamente pietose.

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Alla fin fine, va bene così, it’s wonderful, I dream of you. Sì, insomma, l’amore è un sogno stupido, breve come una canzonetta dal ritmo sincopato e incalzante, che sembra sempre già finita prima ancora di iniziare. Non c’è da farsi illusioni in merito, se non per macerarvi, alla ricerca di un verso che si aggiungerà alle tante cose che non ci danno pace. San Valentino non ha senso, è una creazione dei venditori di cartoline d’auguri per farti stare di merda, come dice il protagonista di Eternal Sunshine of The Spotless Mind. Eppure anche lui torna ancora lì, pure dopo aver perduto la memoria, a ricercare la sua rovina, perché questa è un istinto, una vocazione da martire.

Purtroppo è così: quasi nessun amante sopravvive all’amore e chi chiede “vieni via con me” resta sovente deluso. Rimangono le poesie, le canzoni e le altre idiozie a memoria di una bellissima stoltezza.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni).

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