Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

JAN PALACH E L’IPOCRISIA DELLA DESTRA (di Davide Cavaliere)

Nell’agosto del 1968, i carri armati del Patto di Varsavia e mezzo milione di militari uccisero la Primavera di Praga, l’ardito e fallimentare esperimento politico volto a conciliare comunismo e democrazia. Il revisionismo marxista, lo sforzo teorico di riscoprire la dimensione umanistica e lo slancio emancipatorio della filosofia del primo Marx, subì un duro colpo.

Il leader della Primavera, Alexander Dubček, e i suoi compagni furono arrestati, trasportati a Mosca e costretti a firmare un’umiliante capitolazione. Pochi mesi dopo, Dubček fu espulso dal partito comunista. Seguì un congelamento della Cecoslovacchia che prese il nome di “normalizzazione”. La normalità delle carceri, delle denunce, del terrore.

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Il poeta Louis Aragon, un ex stalinista pentito, definì la Cecoslovacchia “un Biafra dello spirito”. Gli attivisti dell’opposizione vennero infangati, incarcerati e torturati. I ribelli agirono eroicamente nonostante le circostanze sfavorevoli, esibendo quello che Václav Havel avrebbe chiamato “il potere dei senza potere”.

Sconvolto dalla repressione e dall’occupazione russo-sovietica, un gruppo di giovani decise di immolarsi per manifestare il proprio dissenso. Il primo ad agire fu Jan Palach, che si trasformò in una torcia umana in piazza San Venceslao, a Praga. Morì per le ustioni riportate il giorno successivo, il 17 gennaio 1969.

Darsi fuoco fu il segno di un’assoluta impotenza di fronte al potere. Di autentica disperazione. Palach venne imitato da altri sudditi dell’impero sovietico: Ryszard Siwiec in Polonia, Romas Kalanta in Lituania e Vasyl Makuch in Ucraina.

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Non si trattava solo di una protesta estrema contro gli apparati del terrore comunisti, ma anche contro la “russificazione” della Mitteleuropa. Dieci anni dopo le morti di Makuch, Siwiec e Palach, Oleksa Hirnyk si immolò sulla tomba del poeta nazionale Taras Shevchenko, in cima alla collina Chernecha a Kaniv, per protestare contro la russificazione dell’Ucraina.

È ipocrita la Destra che, oggi, celebra Jan Palach ma sostiene Vladimir Putin. Gli eredi del ragazzo cecoslovacco, oggi, sono i soldati dell’Ucraina, che combattono contro la mortifera Federazione Russa. Una lotta in difesa della libertà e dell’identità.

La Russia, minima diversità nel massimo dello spazio, è l’esatto opposto dell’Europa, che concentra grandi diversità in uno spazio ridotto. Si domandino i “putiniani” perché ci sono così tanti russofoni attorno ai confini della moscovia, che mai nel corso della sua storia ha rispettato le diverse identità culturali.

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La Russia, come ben sapevano Palach e Hirnyk, ma anche grandi letterati del calibro di Miłosz, Kundera e Wat, è l’Asia più retriva, cenciosa e dispotica, nemica dello spirito europeo, a cui riesce ad accostarsi solo con grande fatica. La notte russa è rischiarata dalle luci di decine di torce umane, decise a riscattare secoli di oppressione russa.

Insomma, siate onesti, non celebrate Palach e l’Europa, se siete dalla parte del kgbista che siede al Cremlino.

Davide Cavaliere

L’AUTORE 

DAVIDE CAVALIERE è nato a Cuneo, nel 1995. Si è laureato all’Università di Torino. Scrive per le testate online “Caratteri Liberi” e “Corriere Israelitico”. Alcuni suoi interventi sono apparsi anche su “L’Informale” e “Italia-Israele Today”. È fondatore, con Matteo Fais e Franco Marino, del giornale online “Il Detonatore”.

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