Il Detonatore

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IL FAMOSO GENDER PAY GAP SPIEGATO FACILE FACILE (di Andreas Perugini)

Meglio chiarire prima di tutto una questione: il documento dell’osservatorio dell’INPS, a cui tutti i media stanno dando risalto in questi giorni, affronta le disparità salariali prevalentemente per età e area geografica, non solo per genere. Naturalmente, invece, ciò che viene riportato è solo il gender pay gap (la differenza retributiva tra maschi e femmine) e il fenomeno, che è assolutamente vero, non viene spiegato, ma inserito nell’ormai stucchevole teoria del complotto del patriarcato italico

La disinformazione sistematica portata avanti dai professionisti dell’informazione, in base a precisi input provenienti soprattutto dalla Sinistra, insinua che la differenza retributiva dipenda dall’assenza di parità salariale, come ha berciato dal palco il Segretario “dem” Nicola Zingaretti con un demagogico intervento all’assemblea del Pd, a Bologna, nel 2019. Naturalmente la parità di salario, oltre che essere garantita dalla Costituzione, è legge in Italia dagli anni ’70. Questo non significa che vi siano ancora nicchie dove qualche imprenditore maschilista metta in pratica queste discriminazioni, ma di certo non si tratta di un fenomeno capace di incidere su base statistica. 

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Il cosiddetto gender pay gap, rilevato dalle indagini, ovvero la differenza in busta paga, ad oggi registra in media uno scarto a fine carriera tra uomini e donne. Perché? Può essere verosimile pensare che le donne in quanto donne vengano discriminate e pagate meno dai loro datori di lavoro privati e dalla Pubblica Amministrazione? O i motivi vanno ricercati altrove, ovvero, non nella giurisprudenza, ma nella sociologia? Semplificando: la legge permette discriminazioni? No, non le permette! Nonostante questo, da cosa dipendono i risultati? Esistono discriminazioni sociali? No, non tecnicamente. Esiste invece una condizione di svantaggio sociale che abbiamo a monte del fenomeno e che penalizza, in genere, le donne. Va però sottolineato che, in Italia, il problema è meno grave che altrove. 

ISTAT: L’Italia ha un gender pay gap tra i più bassi in Europa (calcolato per il totale dell’economia, compreso il settore pubblico, secondo standard internazionali). Tale risultato è la sintesi di un valore molto basso per il settore pubblico e di un valore per il settore privato in linea con gli altri paesi europei.
https://www.istat.it/it/archivio/194951

ASTAT: “I dati mostrano, quindi, che le cause del differenziale retributivo sono da riscontrarsi in misura marcata nelle scelte legate a ruoli precostituiti esistenti nella nostra società, caratterizzata da una maggiore quota di lavoro part-time per le donne. Esse si concentrano spesso in settori economici e in profili professionali a bassa remunerazione, il tutto connesso poi a percorsi lavorativi discontinui, a causa degli impegni famigliari.”

https://astat.provincia.bz.it/it/news-pubblicazioni-info.asp?news_action=4&news_article_id=622779&fbclid=IwAR0Kv4Tt5Awyb27Wjqpdea1jOAvXsOCJPrA4Z2sG3YQOsrDOMEYxFT2JCg8

Ebbene dunque, a meno che non si pretenda di pagare chi lavora part-time come chi lavora full-time o si ipotizzi l’abolizione degli aumenti di stipendio relativi alla maturazione dell’anzianità di servizio, fino a quando un lavoratore avrà accumulato meno ore di prestazione rispetto ad un altro, a parità di mansione e di ore lavorate al momento, in busta paga riceverà meno sodi dell’altro. 

È giusto che siano sempre le donne a sacrificare la carriera per la famiglia? No, non è giusto, ma cosa vogliamo fare? A parte che spesso si tratta di scelte assolutamente libere, quello che è necessario fare è finalmente lavorare per costruire uno stato sociale degno di questo nome, uno Stato che finalmente, ad esempio, garantisca quegli asili nido gratuiti che le donne, findagli anni ’50, chiedevano nelle manifestazioni, per non essere relegate vita natural durante alla maternità.  Asili nido gratuiti pressoché inesistenti in Italia e solo recentissimamente timidamente rientrati nell’agenda politica. 

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Zingaretti al tempo la sparò grossa e fece passare un problema sociale per un problema di diritti. Spacciò per giuridico un fenomeno sociologico. Perché? Oltre che per demagogia, fece sue le istanze della piccola lobby interna che, proprio in quegli stessi giorni, aveva portato avanti il Disegno di Legge Gribaudo, sostenuto un po’ da tutto il gotha della politica rosa: Laura Boldrini, Renata Polverini, Tiziana Ciprini, Veronica Giannone, Franca Cipriani…

La proposta di legge del Pd per “introdurre la parità salariale” (che esiste già, ma sembra non lo sappiano), alla fine dei conti, consiste nell’introdurre nuova burocrazia, anche per le piccole imprese, per produrre certificazioni (“bollini rosa”) di conformità.

“Vogliamo spingere i datori di lavoro italiani a mettere fine a questa ingiustizia”. Quindi, in modo del tutto IDEOLOGICO, infischiandosene dei report ISTAT ed affini, si parte dal presupposto che i datori di lavoro discriminano le donne in quanto donne e si affronta il fenomeno del differenziale retributivo aumentando la burocrazia, tanto per cambiare.

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Noi, invece, dobbiamo continuare a ragionare lucidamente: se le donne, a fine carriera, maturano una pensione più bassa è semplicemente perché hanno lavorato complessivamente meno ore (vanno anche in pensione prima)

Da rilevatore Istat, che si occupa proprio dell’indagine continua sul lavoro, denominata FOL, alla specifica domanda se la scelta del part-time o del ritiro dal mercato del lavoro sia stata dettata dalla carenza di adeguati servizi di assistenza alla maternità e all’infanzia, posso con certezza affermare che una larghissima parte delle donne risponde che comunque avrebbe optato per la famiglia. Registreremmo una certo livello di gender pay gap anche se avessimo servizi sociali efficientissimi di cui, evidentemente, non disponiamo. 

Andreas Perugini

L’AUTORE

Andreas Perugini è nato in Svizzera nel 1972. Risiede a Bolzano. Dopo il Liceo Scientifico si è diplomato alla scuola di documentario Zelig ed ha frequentato Sociologia-indirizzo Comunicazioni e Mass media. Dagli anni ’90 lavora come libero professionista. È documentarista ed autore di videoclip musicali e video industriali. È presidente del Cineforum Bolzano aderente alla Federazione Italiana Cineforum. In passato suonava in un gruppo di musica minimalista, i Croma, con cui ha pubblicato il disco Discromatopsia, e in un gruppo Hardcore. Per Harlock, ha dato alle stampe il saggio breve Oltre il Male, dallo stato di natura allo stato politico o di culturaAttualmente si guadagna da vivere lavorando come rilevatore statistico per Istat e i principali operatori del settore.

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