Il Detonatore

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MOSTRE IN ITALIA – RUBENS, TRA DIO, POLITICA E AMORE (di Chiara Volpe)

“Fu egli di statura grande, ben formato e di bel colore e temperamento; era maestro insieme ed umano, e nobile di maniere e di abiti, solito portare collana d’oro al collo e cavalcare per la città come gli altri cavalieri e persone di titolo, e con questo decoro il Rubens manteneva in Fiandra il nobilissimo nome di pittore“.

Questa la descrizione che, in Vite de’ pittori, scultori e architetti moderni, del 1672, Giovanni Pietro Bellori fa delle qualità fisiche e morali dell’artista fiammingo, un uomo che coltiva il suo talento naturale ma anche l’attitudine a conquistarsi la benevolenza e la fiducia, nonché la stima dei potenti, muovendosi in equilibrio tra l’arte e l’infida politica.

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Durante i suoi molteplici viaggi, si trovò a svolgere delicati compiti diplomatici, oltre che importanti incarichi come pittore, dimostrando la sua immensa ponderatezza nel trattare diverse questioni, una solida cultura e anche un bell’aspetto, sovente testimoniato da numerosi autoritratti.

Il consueto intreccio di arte e politica, comune a tutti i periodi, divenne per Rubens una vera prova per la sua arte, cioè fondere la tradizione religiosa medievale, la cultura figurativa dell’Umanesimo, l’idealizzazione allegorica cara alla Monarchia in una unità che abbracciava tutti e tre gli elementi senza sminuirne nessuno.

I concetti di “Virtù”, “Onore”, “Grandezza” e “Gloria”, che sono l’essenza della sua pittura, coesistono in un equilibrio perfetto e appaiono punto fermo e faro in mezzo alle inquietudini che rendono discutibile ogni epoca, divengono segno di immortalità.

Per questa complessità, Rubens poteva soddisfare qualunque richiesta gli giungesse: e così creò una grandiosa apoteosi del potere per la corte di Francia, arricchì la chiesa dei Gesuiti di Anversa con scene dell’Antico e Nuovo Testamento, collegate tra loro alla maniera medioevale, dipinse per il re spagnolo figurazioni mitologiche tratte dai versi di Ovidio.

Per poter assolvere a tale molteplicità di commissioni, studiò presso due maestri e viaggiò per otto anni, raccogliendo e insieme arricchendo il proprio linguaggio di nuove conquiste.

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Fornito di album e matita, visitava collezioni e palazzi e schizzava statue, motivi, busti, gemme e cammei. E così nascevano le sue opere: egli fissava la prima concezione del quadro, poi eseguiva con il pennello una bozza e infine giungeva al “modello”. Non smise mai di imparare dai più grandi e di disprezzare gli arroganti, forte della sua umiltà. “Sono un semplice uomo che sta da solo con i suoi vecchi pennelli, chiedendo a Dio di dargli ispirazione”.

“La mia passione viene dal cielo, non da riflessioni terrene” diceva, e solo il Cielo poteva donargli l’amore, prima di Isabella e poi di Hélène, le mogli cui dedica numerosi ritratti appassionati come fossero languide dichiarazioni. L’amore per Rubens, quello puro e naturale come un fiore selvaggio che cresce a prescindere dalla propria volontà, è sostanza della vita, ispirazione profonda, fiotto di sangue nelle vene, piacere che infiamma l’anima, inebria i sensi, è l’invenzione diabolica che mentre ti dà la vita te la toglie lentamente e rende accettabile ogni palpito su questo suolo, è l’offerta che avvelena ma rende l’infinito allo sguardo, toglie il respiro stringendoti il collo di cerchi immortali e indolore, come quelli sulla superficie di un lago dopo aver lanciato la pietra.

E in ogni fanciulla ritratta, egli vedeva lei.

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“La spazzatura della vita soffoca spesso lo spirito (della creazione nda) attraverso le piaghe e la miseria dell’anima”, eppure a volte ciò a cui si aspira fa la differenza: pochi anni prima di morire, in una lettera del 1635, indirizzata all’amico Peirese, Rubens scrive “Hora mi trovo per la gracia divina colla mia moglie e figliuoli in riposo, e senza alcuna pretensione al mondo che di vivere in pace”.

Fino al 18 febbraio 2024, Fondazione Palazzo Te, Palazzo Ducale di Mantova e Galleria Borghese di Roma omaggiano Rubens e la sua vasta opera.

Chiara Volpe

L’AUTRICE

Chiara Volpe nasce a Palermo, nel 1981. Laureata in Storia dell’Arte, ha svolto diverse attività presso la Soprintendenza per i Beni Culturali di Caltanissetta, città in cui vive. Ha lavorato per una casa d’Aste di Palermo, ha insegnato Arte, non trascurando mai la sua più grande passione per la pittura su tela, portando anche in mostra le sue opere. Attualmente, collabora anche con il giornale online Zarabazà.

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