Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

IL NUOVO DELIRANTE LIBRO DI CHIARA VALERIO: DAL TRANSUMANESIMO ALL’AMORE PER LADY OSCAR (di Clara Carluccio)

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L’ultimo libro di Chiara Valerio, La tecnologia è religione (Einaudi), nasce in un pomeriggio trascorso insieme al nipotino. Peccato che, nel leggere quelle pagine, venga difficile stabilire chi dei due abbia cinque anni. Cognitivamente parlando, non si era mai vista una donna di mezza età così ben conservata e tanto poco sviluppata. Da piccola sognava di fare la matematica ma, a dispetto del titolo di studio effettivamente conseguito, è facile arguire che non sia molto più avanti di chi sta imparando le tabelline

“Zia, esistono altri uomini ragno oltre l’Uomo ragno?” è la domanda che il bimbo le pone e che dà inizio ai suoi vaneggiamenti. Domandare è lecito, delirare, però, non è cortesia e, soprattutto, non è obbligatorio.

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Chiara Valerio, La tecnologia è religione, Einaudi.

Per l’autrice, “il corpo è il nostro primo dispositivo”. Ritiene, inoltre, che non ci sia alcuna differenza tra fare la danza della pioggia, come una Cherokee, o schiacciare un tasto per illuminare lo schermo: “in entrambi i casi, un nostro movimento induce un’azione che fornisce una risposta o soddisfa una richiesta”. 

Mentre lei balla coi lupi, formula anche il suo enunciato più rappresentativo, il Teorema del peluche, ovvero se una cosa non esiste, ma io dico che esiste, allora è così: “è vivo ciò che ci sembra vivo o anche, in una formulazione più ampia, è vivo tutto ciò che suscita in noi sentimenti di amore, consolazione, disapprovazione, odio e relativi movimenti del corpo più o meno percettibili”. Si direbbe lo stesso effetto che suscitano certe bambole gonfiabili. A ogni modo, il nostro premio Nobel per la scienza ha evidenti problemi di accettazione della realtà. Le malattie pediatriche le ha già contratte tutte? Le scarpette le allaccia da sola?

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Le sue tendenze naïf si erano già intraviste nel titolo di un precedente testo, Spiaggia libera tutti, ma raggiungono ora la saturazione soprattutto quando parla, quasi con ammirazione, del matrimonio misto tra esseri umani e software. Fatto realmente avvenuto tra Akihiko Kondo e Hatsune Miku, impiegato amministrativo lui, vocaloid (sintetizzatore di voce) lei. 

“La storia del matrimonio che dura felicemente da tre anni tra l’uomo e l’ologramma è piú commovente o piú spaventosa? L’amore suscitato in noi dalla macchina ha natura diversa?”. È più da clinica psichiatrica, in verità. “Rifletto” – ci riflette pure! – “sul fatto che gli ologrammi non ti contraddicono, non ti uccidono, non ti portano in guerra, non vogliono una casa, una barca, un cane, due gatti, andare in vacanza […] possono gli ologrammi regalarti il silenzio che in un mondo di suoni è una grazia. Possono gli ologrammi regalare una vita leggera d’aspettative”. Più che altro non hanno quella cosa terribile, ma necessaria, per gli esseri senzienti: la libertà di scelta. 

“Poi penso che avrei voluto sposare Lady Oscar, fare l’amore con la contessa Olenska (protagonista di L’età dell’innocenza di Edith Wharton), correre tra lampi di blu con Jeeg robot d’acciaio, raggiungere il cielo del Loto con Scimmiotto e mi dico, ma sono i sentimenti e i desideri la realtà o il tatto?”. Sembra ovvio a chiunque che, a questo punto, si debba passare dalla maestra di sostegno a un neuropsichiatra infantile.

Di pagina in pagina, la Valerio, più che rispondere al quesito del nipote, induce chiunque stia leggendo la sua opera a nuove domande, prima fra tutte: perché lo sto facendo? Ci si sente quasi in imbarazzo come ad avere tra le mani, non il libro, ma la sua cartella clinica.

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Ma, del resto, come racconta lei stessa, era evidente che ci fosse qualcosa di strano, per non dire tendente allo psicopatico, in questa donna, fin dalla più tenera età: “sono stata una bambina irrequieta e violenta: lanciavo i gatti dai terrazzi per sincerarmi avessero sette vite, con le siringhe iniettavo alcol nelle lucertole tentando, successivamente, di dar loro fuoco sperando esplodessero, scoccavo con l’arco invisibili raggi di bicicletta in direzione dei colli delle galline, affogavo api e mosche”. Inoltre, come se non bastasse: “costruivo fionde per colpire i miei compagni di classe”. Peggio di così, in effetti, c’è solo la collaborazione con la sua amica Michela Murgia.

La Zia spazia dagli orsacchiotti alle ragnatele di Peter Parker, le protesi, gli apparecchi dentali. Dalla religione ai cartoni animati. I pazzi, i santi, Giovanna D’arco e le cuffie wireless. Queste ultime darebbero l’impressione di parlare da soli, come dei pazzi, o con Dio, come l’eroina francese. Dunque, farne uso ci collocherebbe in una categoria di soggetti che non si capisce se andrebbero internati o invocati per una grazia. Sta tutto alla libera interpretazione.

Non manca neppure l’ibridazione umana: “torneremo ad avere solo il nostro corpo come dispositivo e un gesto della mano, del piede, un cenno della testa accenderà la luce, e un battito di ciglia abbasserà le persiane”. Ma perché fermarsi qui, quando l’individuo si può nullificare definitivamente? “La divinità ha come attributo l’eternità, l’umano la mortalità […] Se la divinità per essere tale non deve avere corpo e la divinità è eterna, allora tutto ciò che ha un corpo muore. Dunque, per non morire, meglio non averlo. Vivere senza corpo”. 

Assaggiate il ciuccio di Chiara. Sentite anche voi quel retrogusto di omogeneizzato e transumanesimo?

Clara Carluccio

L’AUTRICE 

Clara Carluccio nasce a Milano, nel 1985, e risiede attualmente in provincia di Brescia. Per errore di gioventù studia alla scuola agraria del quartiere Comasina di Milano, incidentalmente ubicata in prossimità dell’istituto Paolo Pini, il manicomio in cui venne rinchiusa la poetessa Alda Merini. Dopodiché, decide di perfezionare la sua conoscenza del mondo tra lavori precari e umilianti della peggior specie. Si trova così a svolgere mansioni quali: Oss in una RSA, segretaria, barista, guardarobiera in discoteca non guardata da nessuno, cameriera ai piani, cuoca incapace in un centro disabili, domestica – non dite colf – in nero e banconiera al supermarket declassata poi al semplice ruolo di scaffalista inutile al mondo e a se stessa – il tutto con un contratto da stagista. Suo malgrado, colleziona infruttuosi corsi di cucito, danza quale tribal fusion e contemporanea, naturopatia. È appassionata di lingue straniere, in particolare inglese e portoghese. È approdata a “Il Detonatore” dopo vari messaggi di stalking rivolti all’indirizzo di Matteo Fais. La trovate su Facebook e Instagram, ma non riesce a postare i suoi link.

Telefono: +393516990430

Emailclaravirgola@gmail.com 

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