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CALENDA CHE PARLA DI SOCIALISMO LIBERALE? MA PER FAVORE! (di Alex Vön Punk)

Una delle cose più scioccanti degli ultimi tempi è leggere Carlo Calenda che si richiama al socialismo liberale, con tanto di t-shirt alla Salvini ma più cool. Senza volerne mettere in dubbio la buona fede, ma il suo è un tentativo di normalizzazione di Carlo Alberto Rosselli e della sua idea di Socialismo. Invero, però, quest’ultimo fu soprattutto un ribelle animato da spirito rivoluzionario e davvero poco da spartire con l’impostazione medio-borghese di Calenda.

Mi chiedo se il parlamentare abbia mai letto qualcosa di questo apostolo della rivoluzione, che partì volontario a difesa della – probabilmente – più importante esperienza libertaria della Storia, la Repubblica spagnola. Fu proprio immerso in tale contingenza che egli dette alla luce uno dei suoi discorsi più radicali, Oggi in Spagna domani in Italia. In esso, elogia senza mezzi termini la nuova società “libertaria” – chiarendo anche cosa intenda per liberale – e così scrive: “Il contadino è padrone della terra che lavora, sotto il controllo dei municipii. Negli uffici, gli impiegati, i tecnici, non obbediscono più a una gerarchia di figli di papà, ma ad una nuova gerarchia fondata sulla capacità e la libera scelta. Obbediscono, o meglio collaborano, perché‚ nella Spagna rivoluzionaria, e soprattutto nella Catalogna libertaria, le più audaci conquiste sociali si fanno rispettando la personalità dell’uomo e l’autonomia dei gruppi umani”. In questo passaggio, vi è un chiaro riferimento all’idea proudhoniana di “socializzazione”, ovvero il pensiero secondo cui il superamento del capitalismo proprietario non passi per l’abolizione della proprietà privata, bensì per la sua diffusione tra tutti i lavoratori, in una società composta da una pluralità di associazioni autonome

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Ma il nostro si spingerà anche oltre e, dalle frequenze bandite di Radio Barcellona, con un appello ai fratelli italiani, arriverà a sostenere le ragioni dell’anarchia: “L’anarchismo catalano è un socialismo costruttivo sensibile ai problemi di libertà e di cultura. Ogni giorno esso fornisce prove delle sue qualità realistiche. Le riforme vengono compiute con metodo, senza seguire schemi preconcetti e tenendo sempre in conto l’esperienza”. L’abisso tra queste sue posizioni e quelle di Calenda non potrebbe essere più profondo.

I Rosselliani, al tempo stesso antifascisti, ma bollati come “fascisti eretici” (da Caldara e gli altri, in “La Voce Operaia”, giugno 1934), anche quando muovono apprezzamento verso i liberali, lo fanno sempre in ottica libertaria. Esaltano “la nobiltà di quella esigenza che sempre più notevolmente va facendosi strada nelle masse operaie: desiderio, volontà di riacquistare anche in seno alla fabbrica, durante il lavoro, la dignità di uomini, di ‘soggetti’, troppo spesso negata dal regime capitalistico. Oggi – prosegue Rosselli – le masse lavoratrici sono del tutto estranee alla direzione della produzione in cui domina un potere autocratico in violenta antitesi coi principi democratici che, almeno formalmente, hanno trionfato in campo politico” (Luigi Einaudi e il movimento operaio). Anche qui, ritorna preponderante la visione libertaria in cui si contempla un connubio tra democrazia e autogestione.

Egli arriverà a criticare il socialismo riformista scrivendo “Ben presto  si toccarono i limiti dell’azione riformatrice”, dell’azione cioè atta “non già a rivoluzionare il sistema sociale, ma a strappare, nel nuovo clima democratico, il massimo di vantaggi compatibile con la esistenza di un regime borghese progressivo” (I partiti socialisti, in «Giustizia e Libertà», 23 aprile 1937). 

Se, però, da un lato il pensiero Rosselliano si discosta nella prassi e nell’ideologia dalla posizione “liberale”, non di certo va verso il “socialismo marxista”, rispetto al quale l’autore sarà sempre critico, essendo che da questo dobbiamo “respingere, apertamente, definitivamente, quanto nel marxismo v’ha di erroneo, di utopistico, di contingente… Il Marx socialista è un Marx confutato nella teoria e progressivamente abbandonato nella pratica (C.Rosselli, Socialismo liberale).

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Ci troviamo di fronte ad un eretico, un iconoclasta di ogni dogmatismo ideologico, amante della libertà per cui nutre una fede assoluta. Ecco qui, dunque, come il “liberale” denudato ci appare quale un libertario compiuto: “La fede nella libertà è al tempo stesso una dichiarazione di fede nell’uomo, nella sua indefinita perfettibilità, nella sua capacità di autodeterminazione, nel suo innato senso di giustizia. Il liberale veramente tale è tutt’altro che uno scettico. È un credente, anche se combatte ogni affermazione dogmatica; è un ottimista, anche se ha della vita una concezione virile e drammatica.”

Difficile comprendere se Calenda abbia realmente letto e colto il senso ultimo di questi testi. Ciò che è certo è che difficilmente Azione potrà collimare col partito rivoluzionario e libertario a cui aspirava Rosselli.

Alex Vön Punk

Emailvonpunk@tutanota.com

Telegram: @VonPunk


L’AUTORE

Alex Vön Punk viene costruito a Pisa negli anni ‘80, bandito, cantante e scrittore di canzoni punk nella band pisana Enkymosis fino al 2009. Autodidatta d’assalto tra un lavoro precario e l’altro, grafico freelanceagitatore politico e provocatore di tendenze anarchiche, anti-autoritarie e federaliste, membro del Centro Studi Liibertario “società aperta” che si occupa di libertarismo, diritti civili e della promozione del reddito di base universale.

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