Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

LE DELIRANTI DIVISIONI DELLA SINISTRA SUL CONFLITTO (di Federico Epifani)

Eclatante! Una parte della Sinistra si scaglia contro l’Anpi, giudicata troppo timida nel condannare il massacro dei civili ucraini nella cittadina di Bucha. La rivista culturale “Micromega” l’ha definita addirittura «oscena». A dirla tutta, gli anacronistici “partigiani” fuori tempo massimo hanno semplicemente auspicato una commissione di inchiesta internazionale «per appurare cosa davvero è avvenuto, perché è avvenuto, e chi sono i responsabili», ma di questi tempi, a quanto pare, è troppa cosa. Tuttavia, meglio non farsi avvocati di un’associazione geriatrica cui è conferita già troppa importanza nel dibattito italiano.

Quello che preme evidenziare è il gradevole assistere, in questi concitati giorni, a una sorta di affascinante faida tutta interna al mondo della Sinistra italiana. Da un lato, l’anima pacifista post-bertinottiana, quella tanto in voga ad inizio anni 2000, cresciuta con i film inguardabili di Nanni Moretti, tutta kefiah, Carlo Giuliani e vignette di Vauro, che accusa l’area istituzionalista/governativa – quella, per intenderci, favorevole al sostegno bellico dell’Ucraina – di filo americanismo, bellicismo e appoggio indiretto ai gruppi nazisti ucraini. Gli rinfacciano l’Iraq, l’Afghansitan e tutto il resto delle nefandezze di Washington, ribadendo la genetica anti americana e no global della Sinistra millennial, quella che è andata progressivamente eclissandosi negli ultimi vent’anni.

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Dall’altro lato, abbiamo appunto gli istituzionalisti, che non si capacitano dell’esistenza di voci critiche alla linea politica adottata dal partito e dal Governo sulla crisi russo-ucraina – così come, fino a due mesi fa, non tolleravano il dissenso sulla gestione manicomiale della pandemia. Cambiano i temi, ma l’automatismo psicopatologico è sempre lo stesso. Questi persistono nell’accusare la controparte di filo puntinismo che, a sua volta e secondo i loro schemi semplicistici, sarebbe nazismo. 

Certo, non poteva mancare un Canfora che, dal nulla, dà della neonazista alla Meloni. Non sia mai che, nel distribuire accuse di nazismo a destra e a manca, ci si dimentichi di elargire la dose standard agli abbonati storici. Un minimo di conformismo non lo si può certo perdere di vista.

Diciamo che, a Sinistra, più della riduzione al nazismo di tutto ciò che non piace, non sono capaci di concepire. Certo, questo era evidente già da prima, quando la suddetta “discriminazione” la rivolgevano a tutto il resto del mondo, al di fuori della loro parrocchia. La novità è che, ora, l’accusa se la rimbalzano reciprocamente fra di loro, fra opposte fazioni di imbecilli, nel perenne esercizio di auto riferirsi come la parte buona e giusta della storia. 

L’usurata retorica resistenziale – dal peso specifico crescente, man mano che ci si avvicina al 25 aprile –, sublimata nella corrispondenza epistolare fra Enrico Letta e Michele Santoro, si ripropone nella contesa fra chi tesse il mito partigiano sulla celebrazione della resistenza Ucraina e chi viceversa esalta l’irrilevante e inapplicato articolo 11 della Costituzione come massima genesi dell’esperienza antifascista. All’occorrenza, si ricalca anche la narrazione russa sulla denazificazione dell’Ucraina e la liberazione del Donbass, ma questa è più roba da rossobruni filosovietici, sempre più avulsi dal mondo della Sinistra “ufficiale”. 

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D’altronde, lo sappiamo bene, la Sinistra italiana da sempre vive così, di immagini semplici, emozionali, in un mondo fiabesco nel quale cavalieri senza macchia e senza peccato si oppongono alle forze del male. Solo che, adesso, a causa dell’ennesimo cortocircuito all’interno di questa stalla ideologica, si sta scatenando un incendio, purtroppo solo metaforico. 

Al di fuori di tutto questo pollaio buonista di galline isteriche, convinte che il mondo giri attorno ai loro dogmi moralistici, c’è poi la gente normale, che costituisce la stragrande maggioranza della popolazione e che, (sempre meno) paziente, in silenzio, assiste ai loro teatrini del cazzo. Questi ultimi, che l’intellettualismo salottiero vorrebbe come un branco di plebei incapaci di determinare da sé le proprie sorti (lo chiamano “populismo”), di fronte alle ultime sfide globali, vorrebbero che il proprio paese adottasse semplicemente la linea dell’interesse nazionale, unito a una ovvia e ferma presa di posizione contro le aggressioni verso i paesi sovrani. Un’equilibrata non equidistanza, che non si traduca però in belligeranza, e che, guarda caso, è il posizionamento adottato da una moltitudine di paesi nel mondo ancora liberi e sovrani al punto da non doversi spalmare sui dettami di qualche superpotenza d’oltreoceano. Roba da sovranisti, insomma.

Federico Epifani

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