Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

I DELIRI DELLE STUDENTESSE FEMMINISTE CRESCIUTE SU INSTAGRAM (di Davide Cavaliere)

In un liceo di Venezia, una docente di educazione fisica ha invitato una studentessa a coprirsi con una maglietta, poiché intendeva partecipare alla lezione in reggiseno. Alcune compagne della spogliarellista in erba, cinque o sei, hanno accusato la professoressa di «proibire» i top poiché «ai ragazzi cade l’occhio».

La docente nega energicamente di aver mai fatto affermazioni simili, ma di aver detto alla ragazza di indossare una t-shirt perché «ventiliamo la palestra per il Covid, fa freddo».

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Il giorno successivo, un collettivo femminista, ha organizzato una manifestazione di protesta davanti al liceo in questione, sostenendo che la scuola non dovrebbe proibire alcun abbigliamento, ma soltanto «insegnare il rispetto».

Al netto delle dichiarazioni dell’insegnante, la scuola, ed è proprio questo che sfugge alle generazioni allevate da Instagram, è un luogo di studio e non un postribolo dove mettere in mostra la propria mercanzia fatta di culi, tette e cosce. Un docente ha tutto il diritto di pretendere che i propri studenti indossino un abbigliamento consono all’ambiente scolastico, dunque sobrio e decoroso. Il «rispetto» è dovuto alla persone, ma anche alle istituzioni.

Inoltre, se come affermano le studentessa, tutti sono liberi di abbigliarsi come meglio credono, anche in maniera provocante e sensuale, non possono pretendere che i loro compagni di scuola, e magari anche i docenti, non le guardino con desiderio

È semplice e mero istinto sessuale essere attratti da un corpo femminile e indossare certi abiti per farlo risaltare significa lanciare un preciso messaggio, sintetizzabile nel verbo «guardatemi». Osservare una giovane donna, essere distratti dalle sue forme, non è una mancanza di  «rispetto», come dicono le femministe, ma un condotta del tutto lecita.

La chiassosa «protesta» delle ragazze ha un qualcosa collocabile a metà strada fra il penoso e il ridicolo. Sono liceali che giocano alle donne «emancipate», ma temono lo sguardo del compagno di banco. Ambiscono a essere ammirate, ma solo da coloro che desiderano. Si agghindano in modo provocante, ma pretendono di non causare erezioni.

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Ci dicano, le studentesse, perché pretendono di andare a scuola seminude? Per essere «libere», dicono loro, ma perché non si sentono mai «libere» di indossare gonne ampie o velette? La libertà coincide, forse, solo con un abbigliamento provocante? Pur ammettendo che vadano a lezione praticamente svestite solo per comodità, non possono comunque pretendere di non suscitare desiderio o attirare sguardi. La natura, che non è solo il clima che difendono con Greta, non ha orecchie per le loro lamentele.

Ancora una volta, le femministe si sono dimostrate più belle che intelligenti.

Davide Cavaliere 

L’AUTORE

DAVIDE CAVALIERE è nato a Cuneo, nel 1995. Si è laureato all’Università di Torino. Scrive per le testate online “Caratteri Liberi” e “Corriere Israelitico”. Alcuni suoi interventi sono apparsi anche su “L’Informale” e “Italia-Israele Today”. È fondatore, con Matteo Fais, del giornale online “Il Detonatore”. 

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