LASCIATE IN PACE LE DONNE AFGANE, I MORTI SIAMO NOI (di Umberto Camillo Iacoviello)
“È un’illusione che la cultura abbia un senso. La cultura-mito cresce su sé stessa, coerente solo con sé stessa, secondo la propria interna necessità”, così ha scritto Francesco Saba Sardi. Un concetto sconosciuto a chi da un po’ di tempo si strappa i capelli per le donne afghane perché non sono emancipate come quelle occidentali. A chi, da giorni, non fa altro che postare con indignazione foto di donne col burqa chiedo: quali soluzioni proponete? Occupiamo militarmente tutti i paesi che hanno costumi non-occidentali e imponiamo il nostro stile di vita? Deportiamo tutte le donne musulmane del mondo in Occidente, le svestiamo un po’ e insegniamo loro a postare foto su Instagram?
La verità è una sola: la libertà della donna occidentale è la libertà di scegliere coscientemente di scomparire fisicamente dalla faccia della terra. Il nostro destino è l’estinzione. L’esistenza è un pezzo di carne che si gode quello che il mercato offre finché il fisico lo consente. Conta solo l’individuo. La famiglia, i figli, sono un ostacolo alla carriera. Fare soldi per poter viaggiare e prendere tanti mi piace alle foto in cui si mostra una felicità di plastica è tutto ciò che conta.
Insisto, scomparire è il nostro destino, lo dicono i numeri. In Italia una donna fa in media 1,29 figli, mentre una donna afghana 4,47. Indovinate un po’ chi tra i due svanirà come popolo e cultura. Noi stiamo lentamente morendo e voi vi preoccupate degli altri. Non solo, per i musulmani che vivono in Europa – che ovviamente fanno più figli degli autoctoni – i problemi che pretendete di risolvere in Afghanistan, tra non più di due-tre generazioni, saranno i nostri problemi. Saranno le vostre nipoti a rischiare di portare il burqa, qui, a casa nostra, prima di togliere definitivamente il disturbo.
Tutto l’Occidente ha imboccato la strada del declino demografico, un lento suicidio. I fattori sono molteplici, ma potremmo racchiuderli in una parola: nichilismo, “significa che i valori supremi si svalutano. Manca lo scopo. Manca la risposta al perché?” direbbe Nietzsche. Non crediamo in nulla, se non in una libertà portata alle estreme conseguenze. Tutto deve essere sconfinato: il sesso, il genere, la circolazione tra paesi, puoi sentirti ciò che vuoi perché tutto si è costruito su menzogne.
Questo ha portato la felicità? No. Le persone sono più sole, più depresse, sguazzano in una routine grigia fatta di ripetizioni in cui aspettano una felicità che non arriverà mai. Vedo cinquantenni che si ostinano a simulare una vita da ventenni. Mi fanno un po’ pena, ma poi penso che quello potrebbe essere il mio destino perché, vivere in società di merda, ti rende lentamente una piccola particella stronza. Questo ripudio per la vecchiaia ha una causa: una vita insoddisfacente. Una persona dovrebbe accettare la propria età ma, se la felicità non arriva, continui a cercarla fingendo che non sia troppo tardi.
Non abbiamo possibilità di sopravvivere se, dall’altra parte, abbiamo chi ha una visione verticale della vita, in cui l’esistenza è regolata da Dio e non dai capricci. Noi guardiamo loro e vediamo una società arretrata, patriarcale, in cui le donne sono sottomesse. Loro guardano noi e vedono una società di debosciati pronta a capitolare. L’Occidente è un cadavere in decomposizione che pretende ancora di avere il diritto di puntare il dito in un’assemblea di popoli giovani e fecondi che non hanno perso la bussola.
Consoliamoci col cane che ci lecca la faccia, dopo aver passato la sua lingua sul buco del culo sporco di merda.
Umberto Camillo Iacoviello
Impietosa disamina della mostra società ma tremendamente realistica.