Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

L’EDITORIALE – SE FOSSE VIVO ANCORA ORWELL – PER I SETTANTUNO ANNI DALLA MORTE DELLO SCRITTORE (di Matteo Fais)

Ci sono almeno due romanzi che quasi tutti – no, dai, diciamo in moltihanno letto, senza averci palesemente capito un cazzo. Sto parlando di La fattoria degli animali e 1984, entrambi scritti da George Orwell, di cui ieri, 21 gennaio, ricorrevano i settantuno anni dalla morte.

Si dice spesso che il destino di un romanziere sia di non venir compreso se non da morto. Balle! Sovente non si è compresi neppure dopo settanta e passa anni dal proprio decesso. Lo scrittore inglese ne è la prova. Lo si studia a scuola, nelle università, lo si trova in ogni libreria e biblioteca. Eppure, sembra che Orwell non abbia scritto una riga che una in tutta la sua vita. Andate a vedere cosa accade quando si parla di censura su Facebook e social in generale, per esempio tra i commenti agli articoli di Lo Sfascio Quotidiano. Avete presente tutti i vari “Ma è una piattaforma privata e può fare quello che vuole”? Il tenore medio è quello. Roba che l’autore di 1984 impallidirebbe, per poi optare per il suicidio.

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I famosi testi di cui si sta parlando raccontano entrambi, uno in forma di fiaba, l’altro di romanzo distopico, proprio ciò che oggi stiamo vivendo. Magicamente, malgrado ciò, nessuno sembra essersene accorto – anche e soprattutto tra chi li ha letti.

Orwell non era di certo un fascista, ma di sicuro era un anticomunista, almeno in quella che era la declinazione a lui contemporanea, ovvero l’Unione Sovietica. Ma dimentichiamoci per un attimo di comunisti, fascisti e liberali, e atteniamoci a certi inquietanti parallelismi che intercorrono tra quei libri e la realtà odierna.

“Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri”, si dice in La fattoria degli animali, eppure nessuno, di fronte all’imperante doppiopesismo che spaccia per democrazia una disparità di trattamento epocale, insorge indignato, se non forse chi ne è vittima. La differenza di considerazione tra statali e privati; i ristori economici concessi ad alcuni e ad altri negati, i terroristi islamici che fanno propaganda su Facebook, mentre Trump viene silenziato; i cinesi che possono aprire attività con agevolazioni fiscali che non vengono concesse agli italiani… Devo continuare? Non mi pare il caso, visto che il panorama delineatosi è già oltremodo desolante.

Ciò che fa più paura, però, è che non si scorga alcuna affinità tra la storia di 1984 e la contingenza attuale. In quella mirabile opera, vi erano dei burocrati addetti allo spaventoso compito di impoverire il linguaggio, riducendo il vocabolario, e tramutandolo in un qualcosa che inibisse la capacità di ragionare. Per non parlare della censura esercitata sul pensiero e sulle opere d’arte. Nessuno scorge alcuna somiglianza tra le battaglie boldriniane per la x, l’asterisco, o che cazzo era, alla fine di certe parole, per non offendere i “generi intermedi” e altre minoranze? Nessuno pensa alla violenza iconoclasta della cancel culture che, dall’America all’Italia, abbatte statue, censura opere d’arte per la presenza della parola “negro” o perché segnate da stereotipi di genere datati?

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Meglio non parlare del famoso slogan che campeggiava in tutti i cartelloni descritti dal narratore nel suo romanzo: “Il Grande Fratello ti guarda”. Tra i propri dati che vengono venduti – per intenderci, Facebook non svolge alcun servizio gratuito, dato che Zuchenberg smercia preziose info sul nostro conto –; i nostri schermi che, come dovremmo ben sapere, servono per vedere, ma permettono anche di essere visti – attenti alla telecamera sul tablet o sullo smartphone, quella per i selfie.

Già, meglio non parlarne. Ma, se senti quelli di Sinistra, questo è il migliore dei mondi possibili e non c’è nessuna affinità tra quei romanzi e il reale – “Complottista!”. Del resto, Orwell a cosa si ispirava per delineare il futuro? Proprio a quel regime da loro tanto osannato.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Da ottobre, è nelle librerie il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.

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