Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

IL METODO LUCARELLI E LA SETE DI SANGUE DEL PUBBLICO (di Matteo Fais)

Non bisogna mai confondere il mezzo con gli intenti del suo utilizzatore finale, né tantomeno credere che il male o il bene siano una caratteristica intrinseca allo strumento stesso. Con un martello puoi uccidere, come costruire un riparo. Persino con una bomba puoi ammazzare degli innocenti come liberare un Paese da degli invasori o, dopo averla disinnescata, usarla come vaso per i fiori.

Insomma, non è colpa dei social. Non lo è neppure del tutto di Selvaggia Lucarelli, o del compagno Lorenzo Biagiarelli, se gente come lei è famosa e lo è per ragioni mestamente inconsistenti. La nota opinionista, in ultimo, sa bene cosa voglia il pubblico, ovvero cazzate, giustizialismo social, indagini su questioni poco più che condominiali; esattamente come Sabrina Salerno ha consapevolezza di quanto fascino possano suscitare le tette di un milfone galattico su una platea di morti di fica.

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Davvero, pur condannando il suo cosiddetto metodo di debunking, che sovente si riduce a sputtanamento, c’è poco da prendersela contro la sua persona. Certo ciò che la giudice di Ballando con le stelle fa è per tanti versi immondo e non perché ricercare la verità sia sbagliato, ma perché certe verità possono divenire più pericolose della menzogna.

Un conto è indagare dietro a una strage di Stato, la corruzione ai piani alti del Potere, o svelare il marcio dietro le presunte operazioni benefiche della Ferragni. Ben altra prospettiva è prendersela con la signora Giovanna Pedretti, illustre sconosciuta a cui le cronache hanno concesso un quarto d’ora di celebrità, intorno a un caso probabilmente costruito ad arte e sfuggito di mano alla stessa, ma il cui peso sull’economia dei problemi quotidiani degli Italiani è infimo.

È un po’ come dire, volendo usare un ulteriore esempio, che avrebbe poco senso demolire, con un paginone intero di “Repubblica” o il “Corriere”, un poetasto che abbia pubblicato una plaquette in 28 esemplari. Mentre sarebbe più che motivato farlo nel caso di un insigne uomo di lettere, celebrato da decenni e frequentatore di ogni festival possibile e immaginabile. I problemi si risolvono partendo sempre dai più grandi, per poi passare a quelli secondari. Altrimenti, sarebbe come rifare il bagno di una casa prossima al crollo.

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In un’Italia in cui il più pulito c’ha la rogna, fa sorridere che a essere presa di mira sia una sconosciuta che gestisce una pizzeria di provincia, la quale, avendo fiutato il clima pro LGBTQ+, si inventa una recensione idiota a favore di gay e diversamente abili – casomai, è assurdo che, anche per vendere farina lievitata, ci voglia la patente arcobaleno. Tra parentesi, è noto che, quando si attacca, anche se si è dei picchiatori da strada, bisogna sempre scegliere quelli più forti che, potenzialmente, potrebbero rispondere e fare male.

Il problema, però, è che Selvaggia sa bene quanto un pubblico annoiato come quello italiano – in questo Paese si sta ancora troppo bene perché la gente non desideri di perdere tempo in attività inutili – ambisca alla battaglia social fine a sé stessa, a una caccia alle streghe inutile. Tra persone normali, leggendo che una esercente ha messo su una storiella simile per farsi pubblicità, ci si fa una risata, dicendo a sé stessi, “ma guarda te come siamo ridotti” e la si chiude lì.

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Nel Belpaese, dove una partita di calcio è una guerra e una guerra meno importante di una partita di calcio, troppi sfaccendati colgono al volo l’occasione, avendo tutti Facebook, per andare sulla pagina social della pizzeria, augurando chiusura, cancro, morte in agonia. Chi non ha le spalle larghe e non è abituato alle shitstorm, potrebbe reagire male, come accaduto con la signora che, come noto, si è ammazzata.

In ultimo, di chi è la colpa? Il mondo degli opinionisti si muove in ragione di ciò che chiedono le masse, esattamente come i ricettatori esistono perché c’è chi compra merce rubata. Se una formula bisogna proprio trovarla, per la condanna, forse è quella del concorso di colpa.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni).

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