Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

LUDDITE CLUB, I RAGAZZI DEL MONDO LIBERO CHE RIFIUTANO I SOCIAL (di Matteo Fais)

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In una dittatura comunista, in cui la comunità è tutto e l’individuo conta meno di zero, se non vai alla parata, vengono a prenderti a casa e ti ci portano a calci in culo. Sempre che non finisca in qualche simpatico campo di rieducazione. In America – il Paese della vera dittatura, secondo chi sogna un regime stile 1984 e si fa le seghe sull’immaginetta di Putin –, invece, lì dove si è veramente liberi, un uomo poté abitare nel suo piccolo terreno, nei boschi del Montana, in a cabin, ovvero una casetta di legno simile a un prefabbricato, vivendo di caccia e dei prodotti del suo orto. Quell’uomo era Theodore John Kaczynski e, finché non venne scoperto che era anche un terrorista ambientalista, la sua vita andò avanti, senza che nessuno contestasse un tale scelta.

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Non è un caso insomma che, proprio dalla tanto vituperata nazione a stelle e a strisce, parta un movimento di giovanissimi non propriamente contrario al mondo moderno, ma quantomeno infastidito dai social network e dal loro massiccio utilizzo. Il loro nome è Luddite Club e deriva ovviamente da Ned Ludd, il noto operaio che si oppose al dilagare delle macchine nelle fabbriche.

Diversamente da quest’ultimo, però, loro non distruggono e non terrorizzano, ma portano avanti una protesta pacifica, verrebbe quasi da dire esistenziale. Invece di parlarsi sui social, in chat e a mezzo di WhatsApp, si incontrano a Brooklyn, precisamente di fronte alla Central Library e da lì si recano in comitiva al Prospect Park, proprio là davanti.

Cosa fanno? Leggono, chiacchierano, suonano la chitarra, disegnano e leggono – chi vuole partecipare deve attenersi a un’unica regola, non usare lo smartphone per tutto il tempo in cui starà con gli altri. In sintesi, danno un perfetto esempio di cosa sia una comunità sana: non persone costrette a partecipare a un evento collettivo, pena ricevere manganellate e oltraggi dalla polizia di regime, ma individui liberi, che si incontrano di loro spontanea volontà, sulla base di un muto interesse, per riscoprire una dimensione dell’intersoggettività oramai tristemente caduta in disuso.

Nella società aperta si può, ecco il punto! In America – e, grazie al cielo, anche nel nostro Occidente –, puoi rifiutare i mezzi che il cosiddetto sistema insistentemente ti propone – NON IMPONE! – e vivere come meglio credi. Puoi scegliere la sobrietà e la morigeratezza, puoi organizzare una sana picchettata con gli amici e rifiutare il McDonald’s.

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Chiaramente, tutti i disagiati nemici dell’autodeterminazione diranno che questa è una falsa libertà, la quale non intacca realmente le strutture del potere. Certo, deve essere difficile per questa gente accettare la vita in una società complessa, lì dove uno può decidere di esistere in funzione dei social e l’altro di rifiutarli, di acquistare su OnlyFans o di dire no alle app di incontri. Purtroppo, la pulsione totalitaria è un costante pericolo dell’animo umano, esattamente come l’insicurezza patologica induce alla violenza contro chi vive secondo principi differenti dai nostri.

Per fortuna, qualcuno sa porsi come antitesi, senza incitare alla persecuzione contro gli altri, qualcuno che non vuole ergersi a moralizzatore, ma che dimostra con il proprio esempio che un altro mondo è possibile, se lo si desidera realmente.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi. Di recente, ha iniziato a tenere una rubrica su Radio Radio, durante la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana, intitolata “Il Detonatore”, in cui stronca un testo a settimana.

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