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L’UMANITÀ AMORFA – UN PROGETTO DELLA SINISTRA FIN DAI PRIMORDI (di Davide Cavaliere)

In una celebre conferenza all’Unesco, tenuta a pochi anni dalla fine della Shoah, il famoso antropologo Claude Lévi-Strauss ricordava che la nozione di umanità «è di apparizione assai tardiva e di espansione limitata». Se agli uomini non sfugge la somiglianza fisica col prossimo, difficilmente chi è diverso sotto il profilo della cultura e dell’etnia sarà considerato umano

L’idea di una comune appartenenza, collocata al di là delle differenze, si sviluppa in Europa a partire dalla Filosofia e della Bibbia. Il genio greco avvia un’indagine sull’uomo, che ha in Socrate il suo primo rappresentante. La presenza di un lógos universale comporta l’idea di un’umanità altrettanto universale. Il Dio della Bibbia proclama a Israele: «Voi e lo Straniero sarete uguali davanti all’Eterno». Il monoteismo annuncia la sostanziale unità del genere umano. 

La cognizione della comune identità tra tutti gli uomini, è sempre stata smussata dall’evidenza delle differenze e dalla presenza delle gerarchie. L’umanità è stata, a lungo, pensata come una sostanza universale collocata oltre le diversità e non contro quest’ultime

L’illuminismo ha, al contrario, pensato l’ideale di umanità in opposizione alle particolarità. La Sinistra contemporanea, che è una filiazione dell’Illuminismo radicale, concepisce l’umanità come non-appartenenza, poiché ogni identità implicherebbe una differenza, dunque una discriminazione e un conflitto. Se guardiamo alla storia, l’uomo spogliato di ogni identità, compresa quella individuale, si è realizzato nell’universo concentrazionario dei lager e dei gulag. Hannah Arendt non sbagliava quando definiva i lager «laboratori dove si sperimenta la trasformazione della natura umana»

Fin dalle sue origini nel Secolo dei Lumi, la Sinistra afferma che non esiste natura nell’uomo. Il proletariato celebrato da Marx incarna l’ideale assoluto di umanità, poiché il proletario non ha patria né altre appartenenze, nemmeno ciò che produce lo definisce. L’Unione Sovietica era definita «patria dell’umanità», una patria senza radici, autoctonie, storie e tradizioni, dove nessuno è straniero perché nessuno è indigeno. Scrisse Jacques Derrida dell’URSS: «Uno Stato che si è dato al momento della sua fondazione un nome puramente artificiale, tecnico, concettuale, generale, convenzionale e costituzionale, un nome comune, insomma un nome comunista: in breve, un nome puramente politico». 

Il comunismo è un trionfo della volontà trasformatrice, già annunciata da Marx nell’undicesima tesi su Feuerbach. La Sinistra del presente si pone nella prospettiva di una rinnovata Unione Sovietica, dove tutto ciò che radica e fornisce identità è abolito, in nome di un modello sociale fluido, camaleontico, dove gli individui si determinano in base alla propria soggettività e trionfi quell’astrazione chiamata «umanità». Il paradigma è il «trans», prefisso che indica un attraversamento e un mutamento, non una stabilità foriera di discriminazioni

In un articolo del 1958, Mao Zedong definiva così il programma della rivoluzione culturale: «Su un foglio di carta pulito non ci sono macchie e così vi si possono scrivere le parole più belle e più nuove, vi si possono dipingere le immagini più belle e più nuove». Il progressismo moderno ripropone il programma maoista, cancellare ogni memoria e ogni identità affinché domini l’artificiale, il tecnico, il concettuale, il generale, il convenzionale, il costituzionale, insomma il neutro o il mutevole che non rimandano a nessuna origine culturale o appartenenza nazionale. Ogni identità diventa un crimine, anche quella individuale: come si può osare, ad esempio, pensare fuori dagli schemi del politicamente corretto? Dentro ogni umanitario scalpita un totalitario.

La sinistra sta plasmando una società liquida, asettica, fatta solo di flussi umani e digitali. Non sarà il marxiano «Regno della libertà», ma il dominio dell’amorfo.

Davide Cavaliere

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