L’ETERNA LOTTA TRA “IDEOLOGIA” E “BONTÀ” – INTERVISTA SU VASILIJ GROSSMAN (di Davide Cavaliere)

Vasilij Grossman è stato uno dei più importanti scrittori del XX secolo, di origine ebraica, di lingua russa, di cittadinanza sovietica. Le sue opere contengono un’analisi straordinaria del totalitarismo e rappresentano una delle più accorate apologie della libertà umana. Il suo nome è legato soprattutto ai romanzi Vita e destino e Tutto scorre…, pubblicati molti anni dopo la sua morte.
Questa intervista a Giovanni Maddalena, presidente dello Study Center Vasily Grossman e professore di Filosofia teoretica presso l’Università del Molise, comparsa in origine nel giugno del 2020 su «Caratteri Liberi», è ora riproposta per l’estrema attualità dei temi trattati.

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Lei è presidente dello Study Center Vasily Grossman, sul vostro sito possiamo leggere che vi impegnate a «promuovere la conoscenza della figura e dell’opera di Grossman». Qual è il messaggio perenne che l’opera dello scrittore russo invia ai suoi lettori e alla società?
L’opera di Grossman mette in luce una caratteristica dell’uomo che è stata fatta emergere, purtroppo, dai totalitarismi del secolo scorso: l’essere umano è tendenzialmente ideologico. Così come Tucidide aveva fatto capire che la legge della storia è la forza, Grossman comprende che l’ideologia non è un elemento eccezionale: gli esseri umani tendono a formare ideologie, discorsi che soppiantano la realtà, convinzioni che non nascono dai fatti e che violentemente s’impongono sui fatti. Grossman fa vedere che nessun essere umano è immune da questa triste possibilità, anche quando il suo raggio d’azione ideologico è solo su di essi.
A portare in Italia per prima il capolavoro Vita e destino sarebbe stata la casa editrice cattolica Jaca Book. Quale rapporto intrattiene Vasilij Grossman, ebreo, con il Cristianesimo?
Grossman non è stato educato nell’ebraismo, che riscopre parzialmente solo quando vede e capisce l’operazione di sterminio perpetrata dai nazisti e, in seguito, quando si rende conto dell’antisemitismo profondo dell’Unione Sovietica staliniana. Non diventerà mai un praticante. Come dice il figlio di Grossman, Fedor Guber, “di Dio gli interessava il lato umano”. Tuttavia, Grossman non ha pregiudizi contro la religione, né quella ebraica né quella cristiana. È un agnostico vero, aperto alla possibilità dell’esistenza di Dio e interessato al fatto che spesso le persone religiose sono capaci di gesti di grande libertà e generosità. Il suo eroe religioso, Ikonnikov, un folle di Dio, tipico della letteratura russa, rifiuta le fedi organizzate ma crede profondamente in Dio e nella bontà e nell’immortalità della vita. Ci crede così tanto da rifiutare di costruire una camera a gas e morire. In questo tenace amore alla vita, che percepisce come un dono e come immortale, consiste la religiosità di Grossman. Quando Suslov, il custode del discorso ideologico sovietico, riceve Grossman nel 1962, un anno dopo il sequestro di Vita e destino da parte del KGB, gli dirà che è un libro più pericoloso della bomba atomica per l’URSS, indicando tra le ragioni anche il parlare “bene” della religione e del cattolicesimo.

Sempre in Vita e destino, il grande scrittore russo, riflettendo sulla «falsificazione del bene», scrive: «Il mio bene coincide con il bene di tutti, il mio bene non serve a me soltanto, ma a ogni altro uomo. E facendo il mio bene, mi metto al servizio dell’umanità intera». I totalitarismi del Novecento si ammantarono di parole fatate quali «bene», «umanità» e «progresso». Quali conclusioni possiamo trarre, per il presente, dalla riflessione di Grossman?
Come dicevo, le grandi ideologie novecentesche mostrano il lato inevitabilmente ideologico di ogni uomo. Grossman oppone al “bene” astratto dell’ideologia, che si trasforma sempre in violenza, delazione, propaganda, la “bontà” concreta e gratuita, apparentemente inspiegabile, dei gesti umani che vanno oltre i torti e le ragioni. Da Grossman impariamo il fatto che il bene comune non può essere un discorso, ma deve essere un’opera concreta e particolare che rispetta la libertà di ciascuno.

Nelle ultime pagine del suo capolavoro, il già citato Vita e destino, Grossman mette in scena un dialogo fra due prigionieri alla Lubianka, Krymov e Kacenelenbogen. Quest’ultimo è convinto che la «vita vera» sia quella del lager, dove dominano i principi della razionalità e del metodo scientifico. La volontà di una riorganizzazione «scientifica» della società si ripresenta ciclicamente. Alla luce delle opere dello scrittore, come possiamo interpretare il rapporto tra libertà e scienza?
Grossman aveva studiato chimica e avrà sempre un rapporto privilegiato con la scienza perché essa fa capire che c’è la verità. Tuttavia, quella della scienza non è determinista, secondo Grossman. Proprio in quel dialogo, l’autore russo fa vedere il paradosso di una libertà totalmente determinata dalle decisioni dello Stato, anche se quest’ultimo pretendesse di appoggiarle con motivi scientifici. In un altro passo di Vita e destino, Grossman fa compiere una grande scoperta di fisica nucleare al suo alter-ego, il fisico Strum. Quando quest’ultimo cerca di spiegare la sua scoperta, fa capire che essa deriva non dal determinismo della materia e della numerazione, ma dal mondo delle idee e dell’esperienza di vita che sono il regno della libertà e dell’anima immortale. La scoperta scientifica è un dono che accade a persone preparate e con il cervello libero da ideologie, per quanto possibile.

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Quale relazione lega Vasilij Grossman e Don Luigi Giussani?
Don Giussani amava molto Grossman e lo consigliava sempre ai suoi studenti e ai suoi giovani amici. Riteneva che nulla come la lettura dello scrittore sovietico facesse percepire agli esseri umani l’importanza e la potenza della libertà umana. Di lui, poi, gli piaceva, come di Leopardi, il fatto che la passione per le domande ultime di felicità e di senso, che avvolgono la vita umana, facesse scaturire razionalmente la possibilità di ammettere l’esistenza di Dio. Ma la questione della libertà è quella centrale: seguendo Grossman si può immaginare un liberalismo diverso sia dalla pura autodeterminazione della cultura liberal, che alla fine contraddice sé stessa garantendo diritti che si oppongono l’uno all’altro perché privi di un’idea sintetica di bene, sia dalle forme di quel bene ideologico che trasforma esperienze buone in ideologie.
Davide Cavaliere
L’AUTORE
DAVIDE CAVALIERE è nato a Cuneo, nel 1995. Si è laureato all’Università di Torino. Scrive per le testate online “Caratteri Liberi” e “Corriere Israelitico”. Alcuni suoi interventi sono apparsi anche su “L’Informale” e “Italia-Israele Today”. È fondatore, con Matteo Fais e Franco Marino, del giornale online “Il Detonatore”.