Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

LA CULTURA DI DESTRA COSÌ TRAGICAMENTE VICINA A QUELLA DI SINISTRA (di Davide Cavaliere)

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La Sinistra, come sappiamo, nel corso dei decenni, ha occupato totalitariamente la cosiddetta «industria culturale», trasformando accademie e istituzioni in altrettante succursali di partito. Per lungo tempo, la Destra, soprattutto in Europa, si è spesso limitata a opporre, all’«egemonia culturale» neo o post marxista, un pragmatismo di scarsa o nulla efficacia sul piano ideale e valoriale. 

Da alcuni anni a questa parte, complice anche la diffusione dei social media, la Destra ha riscoperto l’importanza della «cultura» – ormai sempre più brandita e continuamente «riscoperta» –, per cadere immediatamente in quel fenomeno che, i nostri cugini francesi, definiscono «culturale». Finita la cultura, resta solo il «culturale»

Si tratta del «culto» di una cultura trasformata in feticcio, musealizzata, ridotta a «evento» e convegno. Un culto officiato, a Destra, dai soliti sacerdoti: l’eterno Sgarbi, i dannunziani Sylos Labini e Giordano Bruno Guerri, il siculo-musulmano Buttafuoco. Alla testa di questa banda è stato posto Gennaro Sangiuliano, che si crede il Malraux della Destra e che recentemente si è lanciato nella generale glorificazione del «conservatore di sinistra» Alain de Benoist. 

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Con soggetti simili siamo ben lontani da un’autentica reazione al progressismo. Siamo distanti anni luce, ad esempio, dal modo in cui i conservatori statunitensi si opposero alla società emersa dopo i Sixties. Non abbiamo figure della caratura di Norman Podhoretz o Irving Kristol, capaci di persuadere davvero i potenti e scatenare implacabili guerre intellettuali

In Italia, invece, ogni giorno, si «riscopre» Céline o D’Annunzio, si tiene un dotta lezione sul Mare Nostrum, si parla della Carta del Carnaro, i burkinabé, Alceste De Ambris, Maometto, Bombacci, Issam Zahreddine, la Repubblica Popolare di Doneck, Sergej Nilus e Mino Maccari sotto l’egida di De Benoist. Non di rado quelli che vorrebbero essere dei nemici implacabili della Sinistra sono indistinguibili da quest’ultima, con la quale condividono l’odio per la libertà e la lotta contro un mostro immaginario chiamato «neoliberismo».

Inoltre, con la Sinistra, gran parte della Destra crede che la cultura sia un affare di Stato, di un settore che dev’essere promosso, finanziato, alimentato con prebende e burocrazia. Il vero orizzonte culturale è la realizzazione di un Sanremo «di destra» con Sgarbi come spalla del conduttore, la mediocre Venezi come direttore d’orchestra e la celebrazione obbligatoria del tricolore.

Insomma, dietro a questo rinnovato interesse per la cultura si nasconde la volontà di imitare la Sinistra, con le sue caste e i suoi fondi pubblici, i suoi bonus e i suoi asfissianti apparati pubblici. Quando la cultura diventa programma di governo, significa che è defunta.

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La differenza fra la promozione turistica, mediatica, celebrativa e la cultura vera e propria è annullata dalla pianificazione statale. Se di un libro, di una mostra, di un concerto non si parla se non per dire quanto pubblico hanno attirato e con quale incentivo o strategia di marketing, vuol dire che il senso dei libri, dell’arte e della musica è svanito. Ed è lo Stato a fomentare questo sfacelo

Come sottolineava Jacob Burckhardt: lo Stato e la cultura sono potenze nemiche e tali devono rimanere, per il bene di entrambe. E questo vale anche quando lo Stato è retto da un governo di Destra.

Davide Cavaliere 

L’AUTORE 

DAVIDE CAVALIERE è nato a Cuneo, nel 1995. Si è laureato all’Università di Torino. Scrive per le testate online “Caratteri Liberi” e “Corriere Israelitico”. Alcuni suoi interventi sono apparsi anche su “L’Informale” e “Italia-Israele Today”. È fondatore, con Matteo Fais e Franco Marino, del giornale online “Il Detonatore”.

Un commento su “LA CULTURA DI DESTRA COSÌ TRAGICAMENTE VICINA A QUELLA DI SINISTRA (di Davide Cavaliere)

  1. ottimo articolo che conferma quello che io penso : in Italia ci sono 2 chiese.
    La cattocomunista e la clericofascista.
    Risultato? un crepuscolare provincialismo

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