Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

“COSE DA MASCHI”, LA SUPERCAZZOLA MURGIANA DI ALESSANDRO GIAMMEI (di Clara Carluccio)

GIAMMEI

Un libro che è una supercazzola sinistra prematurata con scappellamento a lato Murgia. Scordatevi la mascolinità tossica perché, da oggi, diventa balneabile. È arrivata la nuova cura Ludovico per i testosteronici estimatori del rutto libero: Cose da maschi, di Alessandro Giammei (Einaudi), è il brain-storming di un ex “ragazzo complessato” che ha trovato la pace – mentale non si sa, gender di sicuro. 

Il prontuario dell’autoflagellazione ha inizio con una libera associazione di idee, mischiando, per vicinanza fonetica o militanza non binaria, metafore da drag queen, evidenze biologiche e movimenti sociali, rivisitando anche la logica dei sinonimi e contrari: “Il maschile non è il contrario del femminile” – ah, no? – “non è il nemico del femminismo. Il maschile, prima di tutto, è una maschera […] Il maschile è, voglio dire, un mascara – e infatti si scioglie, fatalmente, nel pianto”. Un libro del Conte Mascetti, insomma! Prematurata la supercazzola, o scherziamo?! Come se fosse Antani, è chiaro!

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Alessandro Giammei, Cose da maschi, Einaudi.

Tutti gli uomini piangono, rivela Giammei, basta farlo prima di truccarsi. Piange Dante, Capitan America, Francesco Totti, persino Batman “con le sue lacrime di giustiziere disadattato”. Lacrime significa acqua, acqua significa liquido e liquido significa maschio. L’uomo si deve riconnettere alla sua natura liquida per ripulirsi dalle scorie degli stereotipi. Nasce così, dall’aggrovigliato telaio cognitivo dell’autore, l’uomo dalla maschiezza in forma easy, formato villeggiatura: “Per superare il patriarcato non occorre abolire la maschilità, ma renderla navigabile […] Farla, dunque, balneabile”. No a Bruce Wayne, sì a Timothée Chalamet “principe dei maschi fluidi”. 

L’autore sogna un mondo di uomini fluttuanti, come i palloncini che Pennywise, il clown mangia bambini di IT, si porta appresso per fare merenda: “il punto è proprio quello di rompere gli argini e fluttuare, come fluttua la mia attenzione mentre mi lascio scrivere da queste pagine cosí strutturalmente ordinate”. Madrә, che smanettamento narcisistico, manco Recalcati! Galleggerete, galleggerete tutti.

Ed è solo l’inizio. Essendo, lui, professore all’università di Yale, fa un’esegesi linguistica che cambierà per sempre il modo in cui, ogni uomo, guarderà alla propria persona: “L’etimologia ci informa pure di un altro fatto, che mi pare ragguardevole: «maschio», in realtà, è un diminutivo, costruito aggiungendo a una piú antica parola, già maschile, un suffisso esilarante: -culus”.

Se la cosa vi lascia perplessi è perche, a tutt’oggi, non vi siete ancora emancipati dal giorno in cui il ginecologo ha emesso l’esito dell’ecografia, condannandovi a una maschilità forzata, annunciando il vostro presunto sesso. Giammei, che ha vissuto lo stesso trauma pre natale, ve lo spiega bene: “Essendo stato pronunciato maschio sin da dentro il grembo di mia madre, e avendo avuto il privilegio di volere e poter corrispondere a quell’oroscopo per tutta la vita (essendo dunque, come si dice, un uomo cis-gender), non so immaginare cosa significhi dover correggere un simile, indesiderato procedimento”.

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Ci sono indumenti e accessori che rivelano il grado, più o meno avanzato, di arretratezza mentale di chi li porta, come la cravatta: “Chi la indossa volentieri ha quasi certamente risolto eventuali complessi edipici e di Peter Pan, non affida la propria maschilità alla trasandatezza adolescenziale o ad affettazioni di manualità”. Oppure il cappello, dalle infinite potenzialità, sfruttato dal maschio qualunque come un grezzo e banale copricapo: “chissá se un giorno, al Kentucky Derby, vedremo uomini sfoggiare assurdi cappelli sgargianti che non rappresentano nulla se non la loro voglia di immaginarsi diversi”. In effetti, non si sono mai visti un Malgioglio o un Renato Zero dare sfoggio della loro sgargiante eccentricità.

Il secondo evento che ha segnato la vita del ragazzo, dopo l’ecografia di sua madre, è stato il triennio delle scuole medie. “Sono stato assai infelice” – sì, come la maggioranza. Notoriamente, sono solo il trucido e la reginetta della scuola ad avere vita tranquilla, chiunque altro manifesti foruncolosi prepuberale o abbia le sembianze di un galleggiante viene cannibalizzato fino all’esame di licenza

Ma, il fluttuante riattacca con la sua mappa concettuale: scuole medie significa bullismo, che significa squadrismo, che significa fascismo, che si risolve in Giorgia Meloni: “I primi maschi a cui ho voluto assomigliare per sentirmi come tutti, in salvo, erano senz’altro travestiti da fascisti […] Ho però chiesto a mia madre di comprarmi le loro cose: lo smanicato, le scarpe, lo zaino” – zaino e smanicato, fascista perfetto!. 

Uno, per citare il Ventennio anche a giustificazione della propria volontaria omologazione alla moda giovanile, un po’ para-culus deve esserlo: “Non voglio dire che le cose da fasci siano cose da maschi. Ben prima che Meloni ci ricordasse di essere una donna, l’immagine dell’estrema destra romana del terzo millennio aveva già trovato la sua piú riconoscibile immortalità in un personaggio geniale di Caterina Guzzanti, Vichi di Casapound”. Un personaggio, invero, così geniale da far ridere solo le voci registrate da sitcom britanniche.

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Dalla maschilità balneabile a Casapound, un libro fluido come il suo autore, discreto e super partes come il silenzio elettorale. Il tipico prodotto di questi tempi, abbondantemente elargito dai più importanti e seri – sì, una volta – marchi editoriali. Qualcosa che sa tanto di pretesto per lecchinaggio politico e anche per un coming out in grande stile. Come non pensare al commento che Céline fece di Proust: “Sì, sarà anche bravo, ma vorrá ammettere che scrivere 300 pagine per dire che lo vuoi prendere nel culo sono un pochino troppe” – quantomeno, lui non ne ha partorite tante.

Il ginecologo avrà attribuito al feto il sesso sbagliato ma, se gli ha anche detto di votare PD, Giammei, lo ha sicuramente preso in parola.

Clara Carluccio

L’AUTRICE 

Clara Carluccio nasce a Milano, nel 1985, e risiede attualmente in provincia di Brescia. Per errore di gioventù studia alla scuola agraria del quartiere Comasina di Milano, incidentalmente ubicata in prossimità dell’istituto Paolo Pini, il manicomio in cui venne rinchiusa la poetessa Alda Merini. Dopodiché, decide di perfezionare la sua conoscenza del mondo tra lavori precari e umilianti della peggior specie. Si trova così a svolgere mansioni quali: Oss in una RSA, segretaria, barista, guardarobiera in discoteca non guardata da nessuno, cameriera ai piani, cuoca incapace in un centro disabili, domestica – non dite colf – in nero e banconiera al supermarket declassata poi al semplice ruolo di scaffalista inutile al mondo e a se stessa – il tutto con un contratto da stagista. Suo malgrado, colleziona infruttuosi corsi di cucito, danza quale tribal fusion e contemporanea, naturopatia. È appassionata di lingue straniere, in particolare inglese e portoghese. È approdata a “Il Detonatore” dopo vari messaggi di stalking rivolti all’indirizzo di Matteo Fais. La trovate su Facebook e Instagram, ma non riesce a postare i suoi link.

Telefono: +393516990430

Emailclaravirgola@gmail.com 

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