Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

IL PD SI SALVA TENENDO COMIZI NEL METAVERSO (di Clara Carluccio)

Realtà virtuale, il paradosso lessicale esaltato dal progresso e dalla ricercata transizione antropologica. Un mondo che esiste ma, soprattutto, non esiste. Un po’ come la politica che, forse, non a caso ha deciso di trasferirsi proprio nel regno delle illusioni. 

Stefano Lepri – Partito Democratico – ha annunciato il suo comizio nel metaverso, per parlare dei problemi veri delle persone “a partire” dice lui “dalla solitudine e dalle difficoltà legate alle bollette, alla casa, all’accesso alle cure”. Estinguere la solitudine comunicando tra avatar? Evidenti cortocircuiti logici per colui che – come direbbe Epicuro – vuole ma non può, può ma non vuole o, stando all’infallibile saggezza popolare “che s’adda dì pe campà” (https://www.agenzianova.com/news/lepri-pd-incontrero-i-cittadini-nel-metaverso/).

L’esperimento non è nuovo. Già nel 2007 fu Antonio Di Pietro a tenere il primo dibattito politico su Second life, il videogioco nato per riprodurre una società fittizia con i nostri replicanti virtuali. La pratica non attecchì. Ma oggi, che i tempi sono maturi – più che altro marcescenti -, il metaverso rappresenta la giusta fuga dalle loro responsabilità. E non lo si nasconde.

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La piazza sta diventando uno strumento antiquato da superare, obsoleto. I politici si sentono più tutelati nel virtuale perché  si possono “Prevenire insulti e domande fuori luogo”, come scrive il Corriere della sera. Non ditemi che, quelli del PD, si meritano anche degli insulti! Per TorinoToday, invece, si evitano “pericolose contestazioni”. Tipo quelle che stanno assalendo Speranza e Di Maio? 

Ecco, allora, il punto: rendersi irraggiungibili dietro un software di esistenza immaginaria, schivare la rabbia di un popolo ingannato e impoverito. Quel popolo che dovrebbe solo prendersela con sé stesso, per non aver reagito quando era il momento, ma che ora vede ricadere su di sé le conseguenze di tutto ciò a cui ha creduto e che gli è stato imposto. 

Temono le masse perché queste celano un potenziale altamente distruttivo. Il singolo si può minacciare, escludere, spaventare. Ma la folla è implacabile,  indistruttibile, pericolosa. Su questa molto è stato scritto. Da Elias Canetti, in Massa e potere, a Gustave Le Bon che, in Psicologia delle folle, avvisa i Capi di Stato: chi non governa le folle da esse viene interamente governato.

Le descrive vividamente Oriana Fallaci, in Un uomo: “un ruggito di dolore e di rabbia si alzava sulla città, e rintronava incessante, ossessivo, spazzando via qualsiasi altro suono, scandendo la grande menzogna. Un ruggito che non aveva nulla di umano, si alzava da una bestia mostruosa e senza pensiero, la folla, la piovra che a mezzogiorno, incrostata di pugni chiusi, di volti distorti, di bocche contratte, aveva invaso la piazza della cattedrale ortodossa poi allungato i tentacoli nelle strade adiacenti intasandole, sommergendole con l’implacabilità della lava che nel suo straripare divora ogni ostacolo”.

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Ma non si pensi che, nel virtuale, ci sarà un liberi tutti, come si dice in tempi di lockdown perenni. Quello, ormai, ci è stato tolto e, se non ce lo riprendiamo noi, possiamo dirgli addio. Anche nel metaverso ci sarà sorveglianza: “non possiamo aprire a tutti nello stesso momento, verrebbe meno il controllo sul comportamento degli avatar”. 

Si vuole alternare la vita tra realtà e finzione – in attesa del definitivo cambio di residenza – ma, nel frattempo, la società del controllo vi seguirà anche nella toilette del metaverso, a controllare che non tiriate lo sciacquone più di tre volte a settimana. I delatori, sicuro, sono già lì ad aspettare.

Clara Carluccio

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