Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

RITRATTO DEL TROLL ANONIMO E DISAGIATO (di Davide Cavaliere)

Il conflitto che si sta consumando in Ucraina, con tutto il suo corollario di sanzioni e propaganda, ha prodotto sui social media un florilegio di commenti deliranti, analisi imbarazzanti, fino a un vero e proprio rilascio di stercus mentale. I cervelli sono come gli sfinteri, se abbandonati eccessivamente possono condurre a risultati incresciosi. Tutto questo costituisce un tragicomico spaccato di quel mondo tanto chiassoso in rete quanto irrilevante nella politica nazionale

Gli argomenti dei gladiatori contro il «pensiero unico» sono sempre i medesimi dai tempi di Streicher e Appelius, che avevano identificato nella nube tossica «pluto-giudaico-massonica» la principale minaccia alla libertà e al benessere dei popoli. I tempi sono cambiati, certo, adesso abbiamo le «élite globaliste», i pirati della finanza, i neoliberisti, dai quali «Putin ci salverà». Neanche Fellini sarebbe riuscito ad allestire un circo simile!

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Vladimir Putin è il grande eroe che accende i cuori di queste larve del pensiero, in misura minore lo sono anche Kim Jong-un e Bashar Assad, leader di stati falliti. Nelle febbricitanti fantasie di tanti, l’autocrate russo sarebbe una barriera contro il «mondialismo», il potere delle multinazionali e dell’Alleanza Atlantica, insomma un argine alla «plutocrazia» che ostacola la sovranità dei popoli – necessaria per diventare stampatori di banconote a pieno regime e ritrovarci con l’inflazione venezuelana ma «sovrana».

Internet, bisogna dirlo, è stata una manna per tanta gente disperata e in cerca di uno spazio dove vomitare i propri deliri. Gli ha permesso di sentirsi vivi e «ribelli». Oggi si scrive contro l’Ucraina, ma il «putinismo» ha un alto tasso di comorbilità con l’antisionismo spinto fino a diventare antisemitismo, le teorie del complotto, l’antivaccinismo radicale, QAnon, l’integralismo religioso e tutti i restanti X-Files fabbricati dai «professionisti della controinformazione».

Si tratta di «troll», molti dei quali anonimi, che si spaccano la schiena sul loro PC per diffondere la menzogne del Cremlino, senza neanche rendersi conto di cadere in grossolane ed evidenti contraddizioni. Spuntano come lombrichi dopo una giornata di pioggia non appena vedono un articolo critico su Putin o su un tema che lo riguardi, anche solo indirettamente. Sono irritanti come certe dermatiti croniche, spassosamente privi di senso dell’umorismo, adusi alle formule preconfezionate e al dileggio. Ti dicono che «non conti niente», che sei «pagato da qualcuno», in genere sottintendendo la CIA o Soros, e appena uno gli restituisce la pariglia, eccoli trasformarsi in docili agnellini.

Sono come i trinariciuti di Guareschi, sempre pronti a battere i tacchi al suono del «contrordine compagni». Nei loro giudizi sono più flessibili dei loro contratti di lavoro: ieri ti dicevano che Putin è l’unico vero argine contro l’islamismo, ma se la Russia si allea con l’Iran allora il vero nemico torna a essere la «barbarie» americana; al mattino elogiano la moscovia per la flat tax, la sera per la nazionalizzazione delle imprese. Se la Russia va in guerra contro l’Ucraina, gli ucraini diventano tutti «nazisti», così come i ceceni erano tutti «terroristi» e gli oppositori di Assad dei «tagliagole». I miliziani fascisti che si alleano con i filorussi del Donbass vanno a combattere il «nazismo» ucraino alleato dei liberali «mondialisti» e della comunità LGBT.

Spesso si dicono di destra, anche se considerano tale categoria superata, preferendole definizioni alternative come «sovranisti», «comunitari», «patrioti», «nazional-bolscevichi». Chi più ne ha più ne metta, insomma! Ogni 25 aprile polemizzano coi defunti «partigiani rossi», ma hanno nostalgia dell’Armata Rossa; dormono sotto la bandiera del Terzo Reich e al tempo stesso ammirano Stalin; raccontano anche che oltre cortina c’era un mondo «dignitoso» senza fast food, che non è imploso a causa delle sue inefficienze, ma è stato distrutto dai soliti «neoliberisti». E quelli che morivano tentando di scappare? Senza dubbio traditori irretiti dai jeans e dalla Coca-Cola.

Hanno una cultura da sussidiario, ovviamente, imbevuta del peggior sovietismo mescolato ai resti putrescenti del fascismo, ma quelli senza cultura, ça va sans dire, sono sempre gli altri, non ancora edotti dalla figure oracolari a cui si affidano. Sono la prova vivente del fatto che in Italia non si è mai affermata una cultura anticomunista, ma sarebbe meglio dire antitotalitaria, dunque si finisce sempre per addossare la colpa di ciò che non funziona a ciò che, in realtà, manca, come il liberalismo e il libero mercato.

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Prendiamo il caso della gestione della pandemia, che è stata coercitiva e autoritaria, oltre a caratterizzarsi per una invadenza senza precedenti dello Stato nella vita del singolo. Bene, come può una tale conduzione essere definita «liberale», ossia ricondotta a una dottrina politica che colloca al suo centro la libertà individuale e i diritti civili? Mistero.

Per concludere: essere critici verso Occidente, spesso, trasforma in disagiati speculari a quelli che si preoccupano del sesso dei pronomi o del numero di africani presente nelle pubblicità. Inutile discutere con gente simile. Per loro vale quella frase di Proust che recita: «I fatti non penetrano nel mondo in cui vivono le nostre convinzioni, non le hanno create e non possono distruggerle. Possono infliggere loro continue smentite senza appannarle».

Davide Cavaliere

L’AUTORE 

DAVIDE CAVALIERE è nato a Cuneo, nel 1995. Si è laureato all’Università di Torino. Scrive per le testate online “Caratteri Liberi” e “Corriere Israelitico”. Alcuni suoi interventi sono apparsi anche su “L’Informale”

Un commento su “RITRATTO DEL TROLL ANONIMO E DISAGIATO (di Davide Cavaliere)

  1. Breve sintesi di questo noioso sproloquio.
    In Occidente siamo in una dittatura ma la colpa è dell’Oriente.
    Ha stato Putin.

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