LO SCONTRO INEVITABILE (di Franco Marino)

Il mestiere di profeta è tra quelli più rischiosi. Non soltanto si corre il rischio di essere irrisi, ma anche di essere facilmente smentiti dai fatti. Ragione per cui, di profezie, io ne faccio poche. Certo, vi sono circostanze in cui la profezia non è veramente tale. Se uno si vuole buttare dal decimo piano, senza protezioni, non è profetico dire che è destinato a crepare. Ma per esempio, una delle rare circostanze in cui ho azzardato una profezia è stato quando ho scritto che in Ucraina non sarebbe scoppiata alcuna guerra. Detto fatto. La guerra è scoppiata e io mi devo quasi vergognare del mio errore. In realtà, il motivo per cui spesso sbagliamo una previsione è meno ignobile di quel che si pensa. Si parte semplicemente dal presupposto che gli altri ragionino con la nostra testa. Cosa che ovviamente non è così. Che dispongano dei nostri stessi dati. E non è ovviamente nemmeno questo il caso. A consolarmi è il fatto che nella mia condizione non sono il solo. Mi fanno compagnia milioni di italiani, compresi quei giornalisti che dovrebbero avere i mezzi per saperne di più e invece riempiono il dibattito di falsi storici ed errori logici, nobilitando persino i miei errori. Che però una guerra si verifichi perché non ci sono alternative alla pace, non è una profezia ma un pleonasmo. Perché qualsiasi tesi possa essere stata posta in favore della pace, evidentemente è stata confutata dall’antitesi di chi invece ha deciso di dichiarare guerra.
È proprio per questo che si può, col rispetto che si deve a Kissinger – che delinquenziale o meno che sia, resta un gigante della politica mondiale – non essere d’accordo con la sua tesi.
Kissinger appartiene a quella meravigliosa scuola di politologia che sa essere il pragmatismo americano. Quindi si può stare sicuri che la gran parte delle cose che dice, partano quantomeno da una base intelligente. Questo tuttavia non è sufficiente a trovarle per forza di cose condivisibili.
Kissinger sostiene che “nella migliore delle ipotesi si tornerà a una condizione pre-conflitto (e quindi Crimea russa)” ed auspica una soluzione di questo tipo, riconoscendo un ruolo fondamentale alla Russia negli equilibri europei. I margini di contestabilità del suo ragionamento sono molti. La prima è di non considerare le condizioni in cui si è fatta la scelta di sostenere l’Ucraina nel suo conflitto. L’America in Ucraina si gioca reputazione, credibilità, primato mondiale. Tutto. Per quanto si possa e si debba pensare tutto il male possibile di Biden, possiamo essere sicuri che la sua scelta non sia stata a cuor leggero. Se vince la Russia, gli americani ne ricaveranno uno smacco tale per la propria credibilità da riportare le lancette dell’orologio all’Ottocento, con conseguenze che per la loro economia sarebbero fatali. Di conseguenza è possibile che Biden abbia tenuto conto dei consigli di chi gli abbia detto che l’Ucraina sarebbe stata un ginepraio e si sia dunque buttato lo stesso, nella convinzione che qualsiasi alternativa fosse peggiore. La seconda è relativa alla convinzione che Putin possa porre fine alle ostilità se gli americani decideranno di aderire alle sue condizioni. E questa è la cosa ancor meno probabile. Putin può piacere e non piacere, ma non è lo sprovveduto malato di mente che una certa stampa atlantista ambirebbe disegnare. E, nonostante quel che dicano i media di tutto il mondo, la sua NON È una dittatura. È un presidente forte ma che deve dare conto a molti poteri, i quali potrebbero pure fare la conta dei morti e delle perdite e dire al presidente “Sono morti migliaia di soldati e l’unica cosa che ne abbiamo ricavato è stata solo la Crimea?”. Senza poi la garanzia che gli americani non ritentino l’impresa più in avanti.
In sintesi, questa guerra è scoppiata perché le motivazioni ragionevoli che imponevano la pace sono state superate da quelle che hanno fatto scoppiare la guerra. In migliaia di circostanze della nostra vita ci ritroviamo di fronte a situazioni che sconsiglierebbero uno strappo con una persona con la quale allo scontro non si vorrebbe arrivare (per paura di perderla, per paura che possa farci del male), con un gruppo di persone. Ma quando le motivazioni che portano a strappare superano quelle che consigliano la diplomazia (perché a quella persona, a quel gruppo di persone, a quello stato) a quel punto si deve dare un semaforo rosso, nel nostro interesse. Perché fare pace, ignorare, fare finta di niente, significa semplicemente seppellire la polvere sotto il tappeto. L’avversario non diventa più mite se noi ignoriamo le sue provocazioni. Questo viene esemplificato dalla famosa favola di Esopo, il lupo e l’agnello. Se l’avversario vuole la guerra, farà tutto quel che può per arrivarci. E a quel punto bisogna essere pronti a farsi male, pagandone le conseguenze. E questo vale sia dal punto di vista americano che da quello russo. Io non sono all’altezza di dare per scontato che gli USA abbiano sbagliato a fare quel che hanno fatto. Quello che so è che il fatto che non siano nelle condizioni di vincerla in maniera netta si vede dal fatto che si stanno unicamente limitando a mandare armi. In altri tempi, avrebbero mandato l’esercito. Invece stanno scegliendo la strada della provocazione nella speranza che i russi commettano qualche errore che li comprometta per sempre, forse sperano in qualche imponderabile evento che giri il conflitto a suo favore. Ma sono sicuro che gli americani non avessero alternative. Il fatto è che l’opinione da parte di Kissinger che la situazione possa tornare all’anteguerra, è la prima e unica che mi vede in disaccordo delle tante cose che ho letto di lui. Cosa che ovviamente non significa che abbia torto lui. Ma l’esperienza, di politica ma anche di vita personale, dice che esistono momenti in cui purtroppo l’alternativa alla guerra non è la pace. Bensì la fine. Gli USA in Ucraina si giocano il proprio ruolo, già vulnerato dall’Afghanistan, dalla Siria, e da tutti i posti dove se ne sono tornati con un nulla di fatto, di potenza mondiale. E se perdono questo primato, rischiano la stessa fine dell’URSS.
FRANCO MARINO
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Franco Marino, salve,
la Sua disamina è eccellente, la Sua profezia di una “non guerra”, in fondo ha seguito , forse, le stesse certezze e speranze, per quali Kissinger si illude di poter affermare che “al massimo tornerà tutto come prima”… a me non piace, non piace che sia ancora lì, a blaterare, del suo ne ha fatto, e, pure parecchio… ma sempre con una corretta “scorrettezza”… però!…
Siete uomini di un certo spessore,
Lei nel bene…
Lui nel male…
ma entrambi vincolati e legati sempre a principi in cui credete fermamente…
non malati i suoi,
ambigui quelli dell’altro,
non affetto da sindrome di “metamorfosi”, Lei, Franco, ma duro , leale ed efficace, sempre…
Infido , strabordante e assetato, l’altro…
Eppure, entrambi figure rare…
La guerra si è fatta, e si sta facendo, perché i vecchi valori , buoni o cattivi, sono in subbuglio, sono in mano ad un potere che non riconosce più niente, se non la supremazia ed il dio denaro… e la alternativa che rimane , alla luce della nuova visione del mondo e della umanità, è combattere, combattere sempre.. nel pubblico e… nel privato…
Poi, il vincitore racconterà la Storia a modo suo, dopo aver distrutto le ragioni dell’altro…l’altro, lo sconfitto, che rimarrà schiavo fino ad un nuovo riverbero degli animi…
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Bentornato.