Il Detonatore

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COSA DAVVERO INSEGNA LA VICENDA DI JOHNNY DEPP (di Franco Marino)

La vicenda di Johnny Depp su cui tanti hanno detto e tanti hanno morettianamente fatto finta di esibire disinteresse (“mi si nota di più se vado o non vado”) si presta ad una serie di conclusioni. Alcune sono relative al motivo per cui si è gonfiato più del moralmente lecito una vicenda che in fondo è privata: e su quella ho un’opinione netta. Si vuole semplicemente scoraggiare le persone a formare un’altra famiglia. Ma in fondo autorizza anche un punto di vista più, per così dire, filosofico. Perché in fondo parliamo di persone la cui celebrità non ne diminuisce anche l’umanità. Ché anzi è proprio l’umanità di un VIP ad essere più a rischio. Come dimostrato dai non infrequenti suicidi di personalità famose o anche dalla rovina in cui si riducono.

Johnny Depp è bello e affascinante al punto da mettere d’accordo almeno il 90% della platea femminile. Non solo delle mie coetanee, non solo di quelle che potrebbero tranquillamente essere mie figlie. Ma ne andava pazza la buonanima di mia madre e la buonanima di mia nonna (che se fosse viva, avrebbe quasi 120 anni) che lo reputava un bel giovanotto. Nondimeno, Amber Heard, sebbene non sia il mio tipo, è (stata) una bella donna. La bellezza è, per motivi ancestrali, uno status symbol. Un bel corpo, dei bei lineamenti, sono indice di salute e l’obiettivo è prevalentemente procreativo. Ma conferisce anche un potere enorme, che intanto è quello di poter scegliere che più soddisfa ma anche ricordargli che, se si comporta male con noi, può essere mollato in qualsiasi momento per uno migliore. Questi meccanismi sono alla base della gran parte delle dinamiche conflittuali di un rapporto sentimentale ma, nondimeno, del tutto normali e inevitabili. Durano fin quando dura l’innamoramento, quella fase in cui vediamo tutto meraviglioso dell’altra persona e finita la quale quel “grande amore della mia vita” diventa “Quel cretino di mio marito” o quella “rompicoglioni di mia moglie”. Se non peggio. A questo punto molti rapporti si infrangono. Cessato l’innamoramento, subentra altro. E quell’altro è una cosa che nessun bel corpo può assicurare, nessuna abilità amatoria può confermare. Subentrano la stima, il dialogo, la complicità.

A maggior ragione, quando si ha la fortuna di diventare famosi, è ben più difficile (oltre che ben più importante) trovare il vero amore. Essere belli, ricchi e famosi espone oltre agli innegabili vantaggi del caso, anche al rischio di essere valutati per qualità soggette ad un rapido declino. Una fortuna accumulata, specie se ingente, può essere rapidamente perduta. La bellezza, oltrepassata una certa età, viene meno. E quel telefono che prima suonava per proporre un nuovo lavoro o per intervistare il VIP sulla palingenetica obliterazione dell’io multisingolo oppure sul sesso degli angeli, può ammutolirsi. A quel punto, a fare la differenza, è quello che si è costruito con la persona che vive con noi. Non è forse casuale che, tra i pochi rapporti di lunga durata che mi vengono in mente, penso a Sandra Mondaini e Raimondo Vianello. O Rita Pavone e Teddy Reno. O a Paolo Panelli e Bice Valori. Rapporti non tra fulmini di guerra di fascino e bellezza, in qualche caso tra comici, spesso dati in partenza per fallimentari e invece durati tutta la vita. Perché? Perché queste persone sono riuscite ad andare oltre la dimensione del sogno, quella che porta una coppia ad idealizzare l’altro. Nelle gustose gag che Sandra e Raimondo regalavano – e nelle quali un po’ di verità c’era – si intuivano non soltanto le finte schermaglie “lei rompiscatole e lui cascamorto” bensì l’affinità di persone abituate, un po’ per mestiere, un po’ per indole, a non prendersi sul serio.
Viceversa, in amore, prendiamo sul serio quello che non dovremmo prendere sul serio e viceversa. Quando questo accade, la dimensione di una coppia si riduce sia alla fine dell’innamoramento che al declino delle qualità del partner. Provocando una fine che non di rado è violenta perché violento è lo scontro tra l’ideale e il reale. Ci innamoriamo di un sogno e alla fine facciamo i conti con la dura realtà. Il VIP che avevamo idealizzato, di cui magari avevamo anche il poster in stanza e che abbiamo conosciuto, scopriamo che mangia magari emettendo rumori corporei, che non è questo granché a letto, invecchiando diventa bruttino, insignificante. Ed è questo a provocare gli scontri più dolorosi. Non perdoniamo all’altro di essere apparso a suo tempo migliore di quello che in realtà è, senza neanche immaginare che l’errore era a monte: innamorarsi di un sogno.
La vicenda di Johnny Depp va oltre la dimensione gossipara e ci insegna una cosa che potrebbe essere davvero utile, se davvero la imparassimo. Imparare ad innamorarsi delle cose vere, delle persone vere.

FRANCO MARINO
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