PERCHÉ IL GREEN PASS NON FINIRÀ (di Franco Marino)

La pandemia sembrerebbe volgere al termine e, nonostante l’idiozia continui imperante – tra mascherine messe anche all’aperto, atteggiamenti da sbirri civici, moralismi a reti unificate – l’impressione è che si sia nella fase discendente della farsa. O perlomeno di questa farsa. Quando un virus diventa talmente poco pericoloso che la gente preferisce cercare di prenderselo – per conseguire l’agognato green pass – invece di vaccinarsi, è sintomo che dopo aver visto parenti e amici prendersi il covid nonostante le tre dosi, dopo aver visto evolvere la narrativa del vaccino salvatore di vite a vaccino salvatore dalle terapie intensive, e soprattutto dopo aver assistito ad un’impennata di decessi per malori improvvisi, a tanti sia venuto un leggerissimo sospetto, come alla buonanima di Fantozzi. C’è tuttavia un motivo per cui non bisogna esultare. Il primo è che a porre fine a questo scempio saranno gli stessi che lo avevano creato. In un precedente articolo motivai come ci sia poco di che essere allegri di questo epilogo. Il green pass finirà il 1 Maggio, almeno nella forma che conosciamo. Ma ritornerà in un modo o nell’altro. Perché è un sistema di cui si dice tutto meno quello che andrebbe detto, ossia che si tratta dell’evoluzione elettronica e telematica di qualcosa che già esisteva prima del covid. E’ per questo che solo quando è stato istituito, si è capito quanto lo stato sia divenuto tirannico. Domanda: ma perché essersene accorti solo ora?
Prendiamo un caso di scuola. I carabinieri ci fermano e ci chiedono patente, libretto e assicurazione. Dopodiché controllano i dati attraverso una loro applicazione informatica. Se i documenti sono in regola, possiamo andare. Se non lo sono, veniamo sottoposti ad una serie di sanzioni che partono da una semplice multa, proseguono attraverso il sequestro del veicolo in un crescendo rossiniano che arriva fino all’arresto. Qualcosa che già avviene da decenni. Se però, invece di fermarci i carabinieri, i nostri dati fossero scannerizzati telematicamente mentre scorrazziamo per la città, sicuramente ci sentiremmo ancora più oppressi. Ma, a conti fatti, non cambierebbe nulla: sarebbe solo l’evoluzione telematica di qualcosa che esiste già da quando esiste l’automobile. Faccio peraltro presente a coloro a cui sia capitato di essere fermati proprio il giorno che avevano qualche documento scaduto, che la cosa non è casuale. Le forze dell’ordine hanno un dispositivo in grado di rilevare in tempo reale i veicoli che hanno qualche irregolarità.
Altro caso di scuola: la possibilità di poterci bloccare il conto corrente e dunque di spegnere ogni mezzo di sostentamento attraverso idpay, cosa che ha fatto protestare molti dissidenti. Ma si tratta di una cosa che già c’era prima. Già oggi lo stato può disporre, per qualsiasi ragione, il sequestro del nostro conto corrente. Non solo: lo stato può, in qualsiasi momento, disporre accertamenti fiscali che possono crearci grattacapi fastidiosissimi, tenendo anche conto che per i contenziosi fiscali l’onere della prova si inverte. E’ il cittadino a dover dimostrare la congruità della sua posizione, non lo stato. E il nostro conto corrente è, da decenni, a disposizione dello stato. Che può tranquillamente, in qualsiasi momento, toglierci soldi dal conto corrente, già da prima di IdPay.
Abbiamo così chiaro il punto: il green pass e idpay non inventano nulla che non ci fosse già prima. Certificano in maniera telematica e dunque tecnologica la regolarità della nostra posizione. Ma cos’è che li rendono agli occhi di tutti, per la prima volta, pericolosi? Semplicemente il fatto che lo stato, adesso, ha una nuova tecnologia che lo mette nelle condizioni di applicare qualsiasi legge liberticida già esistente. E dato che di leggi di tale fatta ne esistono tantissime, da ben prima del covid, allora occorre un altro caso di scuola.
Il nostro giornale, il Detonatore, è del tutto illegale ai sensi della legge. Noi pubblichiamo articoli con criteri di fissità, di fatto violando la legge che prescrive che per poterlo fare ci si debba costituire in un prodotto editoriale a tutti gli effetti, con tutto ciò che ne consegue, con un direttore responsabile che viene definito responsabile non a caso, nel senso che è responsabile anche penalmente di ciò che viene pubblicato dai suoi redattori. Ciò significa che se questa fosse una testata giornalistica e Fais ne fosse il direttore, se io commettessi un reato per diffamazione, ne risponderei io ma anche Fais. Si tratta di una legge palesemente incostituzionale, dal momento che l’art.21 della Costituzione prevede esplicitamente che la stampa non possa essere sottoposta ad autorizzazioni o censure e che l’art.27 stabilisce che la responsabilità penale è personale, ma questi due articoli vengono sabotati da una sentenza del 1963 che di fatto ricostituisce l’Ordine dei Giornalisti tale e quale a come lo aveva concepito il fascismo. Per la verità, l’ODG viene eluso da una lunga serie di scappatoie che ci porterebbe fuori tema approfondire. Ma cosa accadrebbe se qualcuno creasse un dispositivo in grado di censurare qualsiasi contenuto di qualsiasi sito non iscritto all’ordine dei giornalisti? Molti griderebbero al regime ignorando che un green pass di questo tipo non farebbe che rendere effettivo un divieto risalente ad una legge di ben sessant’anni fa e che ci può vedere, in qualsiasi momento, trascinare in un tribunale. Se la cosa vi sembra enorme, sappiate – se siete tra coloro che mi leggono solo da quando sono su Facebook, chi mi legge dai tempi del blog ricorda benissimo la vicenda – che è già successo. A me. Dodici anni fa dopo un articolo che non piacque, una funzionaria del Partito Democratico (perché quando si tratta di cose liberticide, i “democratici” di ogni parte del mondo sono sempre in prima fila) mi fece sapere che se avessi continuato a scrivere, mi avrebbe denunciato per esercizio abusivo della professione, col risultato che avrei rischiato una sanzione fino a 50.000 euro. A quei tempi, con una marea di problemi personali a cui già dovevo badare, preferii lasciare perdere, migrando su Facebook. Cosa che mi ha fatto spesso chiedere se dietro le persecuzioni a molti blogger indipendenti non ci fosse qualcuno che volesse uccidere tutto il traffico fuori dai social. Ma questa è un’altra storia. Il senso del discorso è che se il Detonatore finora non viene sottoposto a ritorsioni è soltanto perché non esiste un sistema pervasivo in grado di censurarci. Inoltre, il fatto che il web non sia totalmente sotto il controllo governativo ma sia sostanzialmente un’istituzione globale, di fatto renderebbe inutile una censura di tipo locale. Ma quando il web ritiene di dover censurare un sito per qualche motivo (si pensi a Stormfront) ci riesce agevolmente.
In sintesi, se il covid fosse accaduto quarant’anni fa, sarebbe stato eluso con grande facilità. Oggi è facilissimo implementare un sistema che obbligando tutti i cittadini a rispettare le leggi, di fatto trasforma la società in un inferno invivibile. Ed è esattamente questo il motivo per cui il green pass, sia pure in forme differenti, in una qualche misura diventerà permanente. Perché uno stato con le pezze sul sedere ma con la necessità nonché la capacità di costruire un sistema pervasivo di controllo, avrà dunque sempre più bisogno di controllare i cittadini e ci riuscirà sempre meglio, svelando così la sua natura tirannica. Il problema non è il green pass, semplice implementazione tecnologica di leggi in gran parte già esistenti, ma vivere in uno stato da sempre sovietico, illiberale, autoritario, però adesso dotato di dispositivi tecnologici e digitali che accertino che la propria volontà sia applicata, finalmente apparendo al cittadino per quel che è: un mostro tirannico e pericolosissimo. Che andava ammazzato decenni fa, quando era molto meno forte e armato di adesso. Il green pass è solo un’arma molto più potente che permette allo stato di applicare pulsioni autoritarie presenti già dagli anni Quaranta. E’ in questo senso che va temuto. Non perché certifichi una dittatura prima assente. Ma perché adesso lo stato può finalmente dispiegare tutta la propria natura autoritaria. Che ha sempre avuto. Perché la dittatura c’era già prima. Già prima potevamo essere perseguitati fiscalmente, sanitariamente, politicamente se non suonavamo la musica del potere. E a quelli che si sentono rassicurati dalle parole “democrazia” e “repubblica”, farei presente che democratica era anche la Germania Est, repubblica era l’URSS. Ed è una repubblica anche la Cina. L’Italia non è mai stato un paese democratico. Lo è stato solo ufficialmente, come lo era anche la Germania Orientale. La sua Costituzione, da molti ritenuta violata col covid, in realtà al suo interno conteneva già tutti gli articoli che consentivano lo schifo che è accaduto. Perché è stata scritta per un paese che ha perduto ignominiosamente e rovinosamente una guerra e che doveva, dunque, obbedire a dei commissari liquidatori occulti che se sono divenuti trasparenti nel 2020 invece che nel 1948, è stato soltanto perché le contingenze geopolitiche del momento sconsigliavano una resa dei conti. Che però veniva già preparata in quegli anni.
Quando si perde una guerra, è così. Si diventa schiavi, si perde la libertà, si obbedisce ad un padrone che potrà farci tutto il peggio che ci potrà fare.
FRANCO MARINO
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D’accordo, dalla fine della guerra siamo una colonia angloamericana utilizzata solo per fini strategici geopolitici… Chissà se toccato il fondo avremo la forza di risalire per riacquistare la propria libertà e sovranità…!!???
Analisi ancora una volta stringente ed acuta. Ma credo anche che i Padroni di un tempo fossero comunque più benevoli di quelli attuali, del tutto ipnotizzati da teorie malthusiane ed eugenetiche Quelli di prima ci consideravano Servitori, a cui andavano fatte comunque delle concessioni ed una parvenza di benessere. Quelli attuali ci percepiscono come Schiavi, fastidiosi come scarafaggi e da sfoltire con tutti i mezzi possibili
Siamo prigionieri politici…degli angloamericani..
Dovremmo fare una guerra di liberazione..e mandarli a casa…il conto (salato) l’abbiamo pagato…