Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

I PROGRESSISTI NELLE NOSTRE MUTANDE (di Matteo Fais)

Vogliono vedere, sapere, controllare – soprattutto, controllare –, smutandare lo smutandabile. L’intima natura dell’attuale società è un sovietismo mascherato, uno stalinismo senza coercizione fisica che castiga moralmente, con ferocia inquisitoria, per plasmare i nostri pensieri e le nostre vite. Lì dove sembra garantire la massima libertà sdoganando la pubblica nudità, il piacere femminile, il sesso tra omosessuali, bisessuali, transessuali, e via dicendo, in verità, essa entra nella nostra sfera privata per imporre la sua giurisprudenza sessuale e sentimentale.

Il braccio armato del progressismo, il femminismo, sovraintende subdolamente sui rapporti tra i sessi. “Amore tossico”, “rapporto paritario” sono solo alcuni dei nomi che assume il vasto processo di limitazione della libertà e contenimento del desiderio, entro i dettami di un disegno ben preciso che attraverso il potere sull’ambito genitale indirizza la società. Se si vuole amare, bisogna farlo come dicono loro, giocando alle loro regole.

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Lgbttismo, fa altrettanto, in combutta col femminismo. Non chiede la liberazione delle passioni tra gente dello stesso sesso, ma impone la sua visione su coloro che non la condividono. L’inculata diviene costruzione ideologica. Chi non la supporta è out, medievale, antico, retrogrado e non merita di vivere nell’universo di illuminati dalla luce di una nuova ragione e religione. Non ci si deve solo poter sodomizzare, ma bisogna che anche chi non lo è approvi e dimostri il proprio favore verso i sodomiti.

Sì, se si vuole amare, scopare, congiungersi bisogna farlo secondo il loro dettato e, più di tutto, a loro vantaggio. Ciò che non si perdona alla famosa Preside che, da qualche settimana, ha risvegliato l’italica pruderia con le sue gesta erotiche, è proprio di non aver fatto pubblica professione della sua storia con il giovane studente, di non averla vissuta sotto i riflettori, ma nel chiuso di un segreto a due. Fateci caso. Se la sua fosse stata una causa femminista in favore della libertà sessuale delle donne mature, sarebbe diventata un’eroina.

Nella società del controllo, tutto ciò che noi facciamo, anche a livello sessuale, deve essere pubblicotrasparente, come si suol dire. Una cinquantenne non può semplicemente limitarsi a volerlo prendere in fica da un diciannovenne, dentro una macchina parcheggiata su uno sterrato. Se il suo atto non può essere usato per dare carburante alla causa contro l’oppressione maschile, o patriarcale che dir si voglia, non interessa, anzi può e deve essere condannato. Esattamente come un omosessuale verrebbe giudicato negativamente se circoscrivesse il suo desiderio entro la sfera del privato, senza farne una bandiera da esibire in ogni situazione possibile.

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La Preside, palesemente, e ciò le fa onore, non aspirava se non vivere la sua vita come meglio crede. La donna non desiderava fare sua la posizione di chi vorrebbe trasformare il sesso in una questione pubblica, una merce politica, un gesto che dalle lenzuola balza direttamente in qualche studio di talk show per essere dibattuto coram populo. Perché il problema è questo: oggi non si può più scopare, se ciò non è funzionale a difendere il principio della libertà progressista. Il sesso per il sesso non è contemplato.

In sua difesa, il fronte femminista si è speso solo per contestare il fatto che, prima di qualsivoglia processo, il suo nome sia stato diffuso da tutti i mass media, mentre quello del ragazzo sarebbe rimasto ignoto. Certo, la cosa è sbagliata, oltre che iniqua, ma se se n’è discusso è solo perché un simile trattamento è in contro tendenza rispetto alla sempre ribadita necessità di parità tra uomo e donna. L’aspetto più importante, però, è stato taciuto: il diritto di ognuno a fare come meglio crede con le sue pudenda, senza che intervenga la violenza della burocrazia a dirci cosa è lecito e cosa no – che poi è proprio quello che questo Sistema, infine, vorrebbe: l’ultima parola su di noi.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.

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