IL FLOP DELLA CORAZZATA ZELENSKY (di Franco Marino)

Il Partito Comunista non fu soltanto un partito ma una vera e propria chiesa. Perché non era un semplice gruppo politico nel quale ci si ritrovava a condividere le idee sulla gestione di un paese, ma una vera e propria fede: nello specifico, la fede nel paradiso dei lavoratori e dei proletari. Il marxismo del resto cos’è se non un cristianesimo che ha perso la pazienza, come disse qualcuno? Il problema della fede è che richiede un totale rinnegamento di ogni spirito critico, una totale consacrazione della propria vita al feticcio da idolatrare, una morale trasversale che non si limita soltanto agli insegnamenti della teologia ma invade anche la propria vita privata. Il cattolico deve vergognarsi di aver desiderato la donna d’altri, il marxista deve vergognarsi di aver, anche solo per un momento, pensato di guadagnare dal proprio lavoro, ché lo deve redistribuire ai suoi operai.
Tutte queste fedi, essendo contrarie al sistema nervoso umano, finiscono per non essere mai realmente applicate. Il cattolico guarderà la donna d’altri, qualche volta le salterà addosso e, se lei ricambierà, commetterà adulterio. Anzi lo commetteranno entrambi, se anche lei è sposata. Il comunista cercherà di tenere per sé i frutti del proprio lavoro, senza condividerlo con i suoi operai. E tutto ciò perché gli istinti sono più forti di qualsiasi integralismo morale. Infatti il principale motivo per cui il green pass è destinato, nel medio lungo termine, a fallire, sta proprio nella totale ignoranza – da parte di chi l’ha concepito – degli istinti più profondi degli esseri umani: che ufficialmente si dicono virtuosi e nella pratica sono viziosi perché il concetto di vizio non è altro che l’espressione di un istinto che viene represso dalla morale comune. Tutto questo contribuisce a costruire il velo dell’ipocrisia di cui veste colui che si autonomina come virtuoso. E si può dire che tanto più una società tenta di imporsi con la forza più o meno fisica sui cittadini, tanto più il velo dell’ipocrisia sarà spesso, soffocante. Fu questo a far dire a La Rochefoucald che “L’ipocrisia è l’omaggio che il vizio rende alla virtù”.
Vivendo in un tempo in cui l’obbligo di pensarla in un certo modo è ormai palese, per quanto non ufficiale, l’ipocrisia è divenuta massima. Il Ministero della Verità ci impone di trovare normale Blanco che canta indossando un reggiseno, Damiano dei Maneskin che veste con gli autoreggenti, Tiziano Ferro che apertamente parla in TV di “suo marito”, ma la verità è che ognuno di noi, dinnanzi ad ognuna di queste manifestazioni, prova un senso di straniamento perché, per l’appunto, un uomo che si comporta in un certo modo e usa certe espressioni, non viene considerato normale. Lo stesso Ministero della Verità, dipanatosi nei suoi tanti segretariati, quello della Salute, dell’Ecologia, delle Pari Opportunità, dell’Immigrazione, ci impone di assumere pose preoccupate di fronte al riscaldamento globale, impone alle donne di scandalizzarsi se Will Smith, per difenderle da una battuta pesante di un comico che non fa ridere, lo prende a schiaffoni, di dir bene dei vaccini – poi a me capita di essere contattato da un medico importante che mi passa alcune preziose informazioni su cosa davvero è accaduto negli ospedali durante la pandemia, mentre nella sua bacheca pubblica fa finta di essere provax. E tante altre amenità. È normale, dunque, che quando il dicastero alla cultura ci impone di trovare piacevole anche la fiction che vede per protagonista Zelensky, il presidente dell’Ucraina, molti fingano di accodarsi con analoga ipocrisia. Non avendola vista, non posso dirne né bene né male. Per esempio, la Corazzata Potemkin, derisa da Fantozzi, che ho visto, era tutt’altro che la “cagata pazzesca” affrescata dall’iconica scena. E nonostante questo, so perfettamente perché l’opera di Zelensky ha fatto flop. Perché tutti gli atteggiamenti di compartecipazione alle narrazioni imposte dal Grande Fratello (quello di Orwell) sono un gigantesco fake come era tale anche l’apprezzamento degli impiegati della Megaditta.
Alla gente non frega nulla dei gay, dell’ecologia, degli immigrati. Tutto è finalizzato ad ottenere l’approvazione del prossimo, del vicino. In un meccanismo che ricorda esattamente proprio quello dei dipendenti vessati dalla Megaditta, a partire dall’albagia del conformista assurto al simposio dei saggi, che finge di guardare, di apprezzare, cose per le quali, nel proprio segreto intimo, non prova alcun apprezzamento. Fin quando non arriva Fantozzi nell’iconica scena a dire che “la corazzata Kotiomkin è una cagata pazzesca”. Ottenendo i novantadue minuti di applausi che rompevano lo status quo.
La fiction di Zelensky non ha fatto flop perché brutta. Ma perché “cultura di stato” esattamente come la “Corazzata Kotiomkin” era la cultura del partito a cui la Megaditta si adeguava, imposta autoritativamente da una classe dirigente di cui, in un regime, tutti sono obbligati a dir bene, pena pesanti conseguenze personali. Pura finzione, dunque.
Ma fin quando, in privato, Dio ci vedrà sempre, ma Stalin no, e neanche Draghi, l’Auditel regnerà sovrano. E almeno fin quando anche i telespettatori non verranno tracciati, godiamoci uno dei pochi strumenti di libertà rimasti. Il telecomando.
FRANCO MARINO
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Il giorno che non avremo più la libertà di usufruire, a nostro piacimento, del telecomando, sarà la volta buona che butteremo via quell’aggeggio magnifico e pericoloso. Magnifico perché ci permette di guardare un bel film nel comfort di casa nostra e del nostro divano. Pericoloso perché le pecore non sanno quando è ora di spegnerlo.
Mai come ora schifo la tv.
Cartoni animati, film, vecchie fiction, e canali privati.
neanche il telecomando è uno strumento di libertà, infatti dove giri-giri trovi sempre le stesse cagate. Copio e incollo un post recente di Weltanschauung Italia, che mi ha fatto sorridere amaro
Concedeteci una volta al mese una carrellata in quella fogna chiamata televisione italiana.
Stasera in pochi minuti di zapping:
– su Rai3 Orsini con voce tremolante si scusa di qualsiasi cosa e sottolinea di essere atlantista e di odiare Putin. Ma basta.
– su rete4 Giordano fa terrorismo preparando psicologicamente le persone ad entrare in logiche di razionamento dei beni. Tra i suoi ospiti Rita Dalla Chiesa frigna stupendosi di tali scenari di guerra, “pensavo che non avessimo più visto queste cose, che fossimo in democrazia”. Buonanotte.
– su la7 Saviano fa monologhi banali e ipocriti come sempre. Un personaggio inqualificabile continuamente ospitato per rafforzare ogni narrazione dominante. Costui blatera sempre senza contraddittorio, mentre giornalisti seri che lavorano sul posto come Giorgio Bianchi vengono presi a parolacce da Parenzo o messi a tacere quando appaiono pochi minuti in tv.
– su italia1 “la pupa e il secchione” con Barbara D’Urso avanza imponente con gente che starnzazza nuda autocompiacendosi della propria idiozia.
Notare, in ogni studio televisivo, il pubblico distanziato e mascherato per portare avanti la sceneggiata pandemica.
La carrellata televisiva serale è sempre un’esperienza mistica.
👏👏👏👏