DALLE FOIBE ALL’UCRAINA: L’INUTILITÀ DELLE RIVENDICAZIONI (di Franco Marino)

La mia famiglia aveva un terreno in Puglia. Solo che mio padre non aveva alcun interesse per la campagna, nel senso che, sì, gli piaceva l’atmosfera ma non al punto di consacrarvi la vita. Certo, se avesse potuto immaginare che invece io avrei amato vivere in mezzo a vigneti, uliveti e mandorleti, e anche lavorarci, forse si sarebbe guardato dal venderla. Ma quando il mio nonno paterno morì, io ero piccolissimo e mio padre che ormai si era trasferito al Nord, non poteva certo aspettare i miei vent’anni. Così fu costretto a vendere a dei parenti. Il cruccio per quella vendita ce l’ho ancora oggi e, nelle mie fantasticherie, qualora disponessi di una grossa cifra, non esiterei a ricomprare quel terreno. Questo significherebbe che dovrei presentarmi all’acquirente, fare una proposta, mettere in conto che possa rifiutarla. Da lì non si scappa. Se invece, vantassi diritti divini sul quel terreno, solo perché un tempo fu della mia famiglia, o ne auspicassi la restituzione perché mio padre l’ha venduta contro la mia improbabile volontà di bambino piccolo, l’acquirente e in generale qualsiasi osservatore esterno, avrebbero tutto il diritto di ridermi dietro. Se però io mi presentassi con degli uomini armati e avessi la forza di corrompere o condizionare un giudice, ecco che “i validi motivi” troverebbero accoglimento. E quel terreno tornerebbe a me. Prima che, se per assurdo, i proprietari di oggi contattino la Polizia (hai visto mai che leggano il Detonatore), ci tengo a chiarire che non ho i 300-400 mila euro che servirebbero per rilevare quel terreno, non ho uomini armati al mio servizio, non ho conoscenze tra i giudici e poi sono una persona perbene.
Noi qua scherziamo, ovviamente. Non si può accostare l’acquisto di un terreno alle dispute territoriali del mondo. Però, per strano che possa sembrare, molte controversie che maturano nell’ambito del diritto internazionale, sono di questo tipo. Qualcuno rivendica cose che non sono più sue o che addirittura non lo sono mai state con la controparte che ovviamente non è d’accordo. Così nascono le guerre. E così, da quasi ottant’anni, assistiamo ad un sanguinoso conflitto tra Israele e Palestina che si contendono un bellissimo lembo di Medio Oriente, con tutto il corollario di morti e feriti che le cronache riportano. Israele sostiene che quei territori sono suoi per diritto divino. I palestinesi sostengono non solo di non essere colpevoli del fatto che i loro avi vendettero la loro terra all’Impero Ottomano ma che in realtà gli ebrei non esistono, sono una finzione. Entrambi rivendicano il diritto ad un focolare, negando le ragioni dell’altro e addirittura il diritto ad esistere. Chi ha ragione? Chi ha torto? Per me nessuno. Nel senso che ogni rivendicazione ha il suo tasso di verità e di scemenze. Ma al di là di tutto, nessuna persona che voglia vivere tranquilla si ficcherebbe in un ginepraio del genere, specialmente se non ha interesse a farlo. Sia perché i sostenitori dell’una o dell’altra tesi sono, legittimamente, molto permalosi. E sia perché torti e ragioni in geopolitica sono irrilevanti. Contano i rapporti di forza.
Molti, ad esempio, sostengono che l’Olocausto sia una grande menzogna degli ebrei per farsi dare Israele. Ammesso e non concesso che sia vero, andrei a stringere la mano a chi ha creato questo inganno. Perché in politica per ottenere un risultato bisogna essere pronti alle peggiori nefandezze. Se Israele si fonda davvero sulla menzogna e sull’inganno, vuol dire che ha politici altamente immorali ma abilissimi. Che non esiterei neanche per un istante a scambiare con i moralisti a cinque stelle italiani. La politica è anche questo. La trasparenza è nemica della buona politica. Non a caso fu la cosiddetta glasnost (che in russo si traduce “trasparenza”) che, assieme alla perestrojka, avviò il crollo sovietico. Israele ha saputo conquistarsi l’appoggio dell’Occidente e dunque oggi esiste. La Palestina non è riuscita in analoga impresa e dunque è condannata all’irrilevanza. I curdi che non hanno avuto la forza di conquistarsi un’alleanza tale che permettesse loro di prevalere, sono costretti a guardare al loro Kurdistan come un miraggio. E analoga sorte purtroppo tocca agli ucraini.
Un contatto mi ha girato un post non so di chi, nel quale mi scrive che gli ucraini hanno tutto il diritto di rivendicare la propria indipendenza perché la Russia, in sostanza, nasce dall’Ucraina. Non essendo un “ucrainologo”, non sono certo nelle condizioni di dire se abbia ragione. Ma è una questione che non mi interessa. Come sarebbe legittimo che ad un ucraino non interessi la vicenda delle Foibe. O i furti compiuti ai danni del Regno delle Due Sicilie. Non perché io non sia al corrente dello scempio compiuto dai titini ai danni degli italiani o dei Savoia ai danni dei miei concittadini ma perché appartengono ai naturali fatti di una guerra, che per giunta abbiamo malamente perduto, sia da italiani che da meridionali. E nelle guerre perdute purtroppo è così: avvengono le peggiori atrocità, si perdono i territori, i nemici ci sopraffanno. Del resto, a sentire gli slavi, anche noi italiani abbiamo commesso delle atrocità. Così come a sentire i russi, anche gli ucraini commettono orrende atrocità ai danni dei russi dell’Ucraina orientale. Anche qui vale il discorso di fondo. Chi ha ragione? Cosa dovrebbe fare un italiano che rivolesse l’Istria e la Dalmazia? Cosa dovrebbe fare un ucraino che non vuole più i russi? Cosa dovrebbe fare un napoletano che volesse rifare il Regno delle Due Sicilie? Una cosa sola. Dichiarare guerra rispettivamente ai croati, ai russi e agli italiani. Cattivarsi l’appoggio di alleati disposti a sostenere le ragioni dei rivendicatori e sperare che l’alleato non sia protetto da qualcuno di più forte, che inevitabilmente poi chiederebbe il conto. Oppure, sperare in una sorta di tribunale internazionale che riassegni l’Istria e la Dalmazia agli italiani, che riassegni la Crimea e la repubblica di Donetsk agli ucraini, e che restituisca il Regno delle Due Sicilie ai napoletani. Per poi, di rivendicazione in rivendicazione, scoprire che anche l’Impero Romano è crollato per colpa di un’ingiustizia e che quindi deve essere ricostituito (ma poi i napoletani perderebbero il Regno delle Due Sicilie), che Atene e Sparta hanno diritto ad essere sovrani, che i Parti hanno diritto ad esistere e che l’Egitto deve tornare ai faraoni. Fino a tornare al diritto di vivere nelle palafitte.
L’Ucraina, nel riottenere la Crimea e Donetsk, in teoria avrebbe un alleato, l’America. Che tuttavia non è nelle condizioni di poter concretamente dichiarare guerra ai russi, senza che questo non scateni una violenta reazione che, lungi dal risolvere la questione ucraina, si riverbererebbe automaticamente in una disfatta per gli americani. Che non sono, per tante ragioni, in grado di sostenere una guerra, come scritto anche nei giorni scorsi. Putin, mostrando tutto il suo autocontrollo di judoka ed ex-agente del KGB, un’organizzazione dove gli intemperanti non è che non facessero strada ma venivano direttamente ammazzati, cerca in tutti i modi di non cedere alle provocazioni, forse ben consapevole che in questa delicatissima situazione lui è quello che più di tutti rischia di giocarsi non solo l’integrità del proprio paese, da lui gelosamente difesa nel corso dei suoi ormai ventidue anni di dominio, ma anche il suo posto di gigante del ventunesimo secolo che, se malauguratamente un accidente lo cogliesse domani, gli spetterebbe di diritto.
Chi esce malissimo da questa storia sono gli americani. Che stanno facendo di tutto per scatenare una guerra in quelle zone, forse per distrarre, come da tradizione, il mondo su un impero che cade a pezzi. E che dunque cerca di aizzare gli ucraini contro i russi. Ma la verità è che nessuno ha la forza per risolvere questa situazione. Non ce l’hanno gli ucraini che non possono certo sostenere uno scontro, da soli, contro i russi. Non ce l’hanno gli americani, che non avrebbero certo la forza di affrontare l’intero globo terracqueo in una guerra suicida. Ed è anche questo a farmi stare (irresponsabilmente?) tranquillo circa una soluzione di questa faccenda.
Sono, queste, le uniche considerazioni che contano. I rapporti di forza. Che volete che ci interessi se gli ucraini abbiano ragione o no. Che l’Istria e la Dalmazia debbano tornare agli italiani, è un fatto. Ma, come ammoniva Andreotti, la ragione non basta averla. Bisogna anche farsela dare. Che l’ONU riconosca le ragioni dell’Ucraina in merito alla Crimea e a Donetsk, non ha il minimo valore. E’ un’organizzazione inutile, che fa solo danni (basti pensare che ci lavorava la Boldrini, per dire) e contribuisce a nutrire l’equivoco di questioni risolvibili in punta di diritto. Quando da che mondo è mondo, si ha la pace solo quando una forza non è in grado di sopprimere l’altra senza correre rischi per la propria integrità.
Per fortuna, un rigurgito di buonsenso viene dallo stesso Zelensky, il quale ha chiesto agli americani le prove della volontà della Russia di voler invadere il territorio ucraino. Gesto che dimostra che è vero che neanche l’Ucraina è immune dalla tentazione di affidarsi ad un ex-comico. Ma che almeno gli ucraini hanno ex-comici intelligenti. Loro.
FRANCO MARINO
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Descrizione ineccepibile e condivisibile
Concordo
Visione perfetta..
Sera sig.Franco,
…”e tornammo a riveder le stelle”…
Ecco , solo questo si può dire, sul Suo narrare…
Stasera, forse, animata dallo stesso spirito di questa Sua, volutamente mi sono ritrovata a vedere la 1^ parte del programmato di Vespa, c’era l’ambasciatore russo, perciò…
Mi aspettavo un capolavoro, e così è stato…
Non so se era tutto spontaneo o già in parte preparato…
ebbene, la fierezza, la pacatezza e la padronanza con cui venivano fuori le risposte, mi ha portata a chiedere, tra me me , del perché , noi , siamo stati così sfortunati con la nostra classe politica…sia per qualità che per …tanto altro ancora!…