Il Detonatore

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L’INUTILE LONGEVITÀ DEL CASTRATO VACCINATO (di Franco Marino)

Una mia vecchia compagna di scuola, oggi divenuta biologa, è sostenitrice convinta del vaccino. Ma dal momento che non mi spinge a vaccinarmi con l’arroganza di molti provax, riesco ad averci un dialogo. E peraltro, sull’arroganza di molti virologi e in generale sulla demenzialità del green pass, la pensa come me. Questo rende possibile un rapporto che, viceversa, per quanto mi riguarda, non potrebbe esistere. Ma comporta purtroppo anche di essere inondato da messaggi, peraltro non richiesti, su come funziona il sistema immunitario, sui vaccini. Su quanto sono fighi i linfociti T. Sul fatto che tra gli intubati ben il 70% non sono vaccinati. Come se il restante 30% fosse robetta, dati i numeri. E puntualmente io le rispondo “Alessà, è inutile. Tanto non mi vaccino”. E lei mi ha fatto una domanda in apparenza semplice ma la cui risposta è ben più complessa. “Non hai paura di morire?”.

E subito ho ripensato ai tanti gatti che ho nel giardino. Tra questi ce n’è una, Trilly, che mi è stata lasciata da una vecchia inquilina, veterinaria. Che dice di essersela scordata ma non ci credo. Questa gatta ha perso una zampa ed è stata sterilizzata. Io amo visceralmente i gatti – purtroppo è l’unica cosa in cui sono identico a Freddie Mercury – ma non ho sempre vissuto in un giardino. E dunque tra i motivi per cui non ho voluto mai possederne uno, c’è che, se si vuole tenerli in casa, bisogna castrarli. Viceversa, il gatto, che non è un animale stanziale, inevitabilmente se ne va. A cercare nuovi territori e nuove gatte con cui accoppiarsi. Messo di fronte alla scelta, da bambino, di mamma “Un gatto lo prendiamo ma poi lo dobbiamo castrare”, la mia risposta fu categorica: “MAI!”. E dunque niente gatti. Non voglio discutere con i tanti…”castristi”. Che sicuramente avranno le loro validissime ragioni. La mia è una posizione ideologica sul tema. Il mio amore per un animale non prevede che si debba alterarne la natura. Naturalmente, la castrazione non implica soltanto ovvi cambiamenti relativi alla loro sessualità. Ma anche sulla personalità. Il gatto castrato non va più a caccia di nuovi territori. Il testosterone non è soltanto l’ormone che gli fa raggiungere l’erezione necessaria per accoppiarsi con una gatta e dunque riprodursi: è anche quello che gli dà la spinta per procurarsi nuovi territori. Ma questo lo porta anche a doversi scontrare con altri gatti. Risultato? La vita media di un gatto in natura dura relativamente poco. Mentre, in cattività, può vivere anche fino a 25-30 anni. Per un semplice motivo: non entra in competizione con altri gatti più giovani e dunque più forti che lo estrometterebbero da un territorio, costringendolo, una volta invecchiato, a morire di fame. Alle sue esigenze pensano i padroni. Questo vale anche per gli esseri umani: che in barba alle letterarie distinzioni tra testa e cuore, tra ragione e follia, tra razionalità e istinto, dipendono dai propri ormoni molto più di quanto non siano disposti a credere. Se un uomo desidera tante donne, non è cattivo: è il testosterone. Se una donna mentre sta con un uomo, ne desidera un altro, non è zoccolaggine: è il suo istinto da selezionatrice di maschi più meritevoli. E prima che la noia causata da una non richiesta spiegazione scientifica sopraggiunga sulle note della sigla Quark – che in realtà non è “la sigla di Quark” ma la meravigliosa reinterpretazione dei The Swingle Singers della famosa “aria sulla Quarta Corda” di Bach, l’unica cosa decente di una trasmissione che per il resto non fa altro che riprendere i servizi della BBC e doppiarli – giungo alla conclusione di questo papiello. E cioè che mentre un uomo che arde di voglia di vivere, di passione, di progetti, campa relativamente poco, viceversa un uomo che sceglie di vivere da castrato e di affidarsi ad un padrone, campa a lungo. Ma per farsene cosa? Cosa gli cambia godersi lo spettacolo di una vita che ogni giorno toglie qualcosa alla sua integrità psicofisica?

E qui si torna alla domanda: non hai paura di morire? La risposta è semplicemente “No”. Ho certamente paura di ridurmi come spesso si riduce una persona anziana o gravemente ammalata: menomata nel corpo e nello spirito, gravata da indicibili sofferenze. Quelle sono le mie paure folli, irredimibili. Ma di sicuro non ho alcuna paura di morire. Perché, come stasera ho risposto, un po’ scocciato alla mia amica, non ho l’ansia di sopravvivere a lungo, tipica dell’occidentale senz’anima e senza onore di oggi. Per me è molto più importante vivere rispettando la mia natura. Ho voglia di vivere. Con tutto quel che significa. Non ho la forma mentis tipica del castrato. Ho le mie spinte. Ho i miei progetti. Ho la mia voglia di vivere, di conquistare territori, di fare l’amore. Non ho l’ansia di vivere novant’anni in balia della minaccia di un virus influenzale, iniettandomi in corpo una sostanza dalle dubbie origini e dagli esiti insondabili, per curare una malattia la cui mortalità è del 2%. Forse il punto è proprio questo. Anche se molti non si sono tagliati le palle, noi viviamo nell’epoca della castrazione. Non fisica, non chimica. Psicologica. Il maschio ha paura di fare il maschio. La femmina ha così paura di fare la femmina, al punto di giocare a fare il maschio. Quando Greta Beccaglia si scandalizza urbi et orbi che le hanno toccato il culo, a me viene da ridere. Perché il vero guaio – e non lo dico solo io da maschio, dunque sospettabile di conflitti di interessi, ma lo sostengono molte donne – è che di maschi che toccano il culo (alle donne) non ce ne sono più. E non è detto che sia un bene. Perché quel guizzo testosteronico che porta il maschio a quei gesti impropri, è lo stesso che poi lo porta a battersi con altri maschi per difendere un determinato territorio. O magari difendere la Greta di turno casomai quella mano fosse ben più violenta. E dunque il maschio non solo non tocca più culi ma non si batte più. Per se stesso, per difendere la propria donna, la propria patria. Non solo per rubare una donna ad un altro galletto. Non si batte più nemmeno per sopravvivere, per cambiare la sua vita, per creare un progetto, fosse anche per appagare quella che la morale castrante (è proprio il caso di dirlo) definisce vanità: e che non è altro che l’istinto, guidato dal testosterone, di conquistare nuovi territori.

In compenso, oggi gli esseri umani si sono conquistati la speranza, molto più ipotetica ed immaginifica che sostanziale, di campare novant’anni. Drasticamente ridotta da fumo, alcool e sovrappeso. E sia chiaro, ognuno ha il diritto ai suoi vizi, fin quando non posa a salutista. Sono diventati tutti come Trilly. La gatta lasciatami dall’inquilina. Ha dieci anni. Mi fa compagnia per carità. Ma certe volte mi sorprendo a chiedermi “ma questa gatta che campa a fare?”. Non può accoppiarsi, è ignorata da tutti gli altri gatti che, anzi, guardandola con diffidenza, e vedendo che condivide il cibo con loro che la vita la rischiano eccome, si chiederanno “Ma cosa vuole?”. Mentre lei non rischia nulla. E infatti tentano di aggredirla. A suo sfavore il fatto che i gatti non abbiano la razza boldriniana, vegana, LGBT. Ma credo neanche gli altri animali. E io, non avendo un cane da guardia che protegga la casa, sono diventato…l’uomo di guardia che protegge la gatta. Che vive una vita inutile. Lunga ma inutile.
No grazie. Certo, arrivare a novant’anni non mi dispiacerebbe. Non dico che ci voglio arrivare che ancora godo dei piaceri della carne. Ma almeno io voglio avere ancora qualcosa per cui battermi. Certo, a quell’età, il testosterone si sarà ridotto. Ma spero non troppo da non fare la vita di Trilly. Altrimenti preferisco morire. Una vita lunga ma dominata dalla paura, senza spinte, senza ambizioni, non è degna di essere vissuta. Ecco perché non mi vaccino. Perché per me vivere con onore è molto più importante di sopravvivere nel veleno di questi anni.
Da questo articolo, avrete intuito che non mi hanno ancora castrato.

FRANCO MARINO
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5 commenti su “L’INUTILE LONGEVITÀ DEL CASTRATO VACCINATO (di Franco Marino)

  1. “Perché per me vivere con onore è molto più importante di sopravvivere nel veleno di questi anni.”
    Bellissima frase, ma che ne è rimasto oggi dell’onore?
    Non riusciranno mai a castrarmi.
    Complimenti.

  2. La differenza è proprio questa. Tra chi ha paura di morire e chi accetta la realtà (alla fine della vita si muore) ma in attesa di morire preferisce vivere.

  3. In realtà i castrati (rectius: vaccinati) sono già morti, nonostante all’anagrafe siano ancora registrati come vivi: non più tardi di oggi ho parlato con una vicina, tribucata, e nonostante ciò contagiata, successivamente negativizzata: orbene, dovrebbe essere la persona più immune al mondo. Dovrebbe lanciare in aria la mascherina come una volta le femministe facevano con il reggiseno.
    Ed invece vive (si far per dire) in preda al panico, mascherina gigante anche in casa ed in macchina (da sola beninteso), si nasconde (metaforicamente) sotto il tavolo all’avvicinarsi di qualcuno (e per fortuna non sa che non sono vaccinato…), ormai è “andata”.
    E, come lei, milioni di persone.

  4. Ottimo articolo. La pensiamo diversamente sui vaccini ma concordo con la follia del green pass e sul viscerale amore per i gatti.

  5. Buona sera,
    certo che la sua Trilly, ha un nome che è tutto un programma…
    La Campanellino di Peter Pan che vola, magica, veloce, fatata…ed, in antitesi, per una crudele ironia della sorte, quasi una tragica realizzazione della pena del contrappasso dantesco, c’è Trilly/la gatta a cui , di contro, è stata destinata , azzoppata, sterilizzata ed aggredita pure dai gatti/bulli…
    A maggior ragione, il Suo interrogativo a proposito “di che vita faccia” , è doppiamente doloroso…e lei, la gatta, chissà se lo sa…e , chissà se lo sappiamo noi… ché , invece, di chiedere se ha paura della morte, le si dovrebbe chiedere “se è felice”… e , dovremmo chiederci
    ” se siamo felici” …(?!)
    Trilly, forse, ha trovato il suo equilibrio , e chi le dedica le dovute attenzioni, sufficienti a farla andare avanti, per molti anni ancora…ha trovato il suo uomo/padrone/amico , che la protegge, anche se non fa la vita a cui sarebbe stata destinata…
    Ma, noi, noi no!…
    Non possiamo accontentarci di farci mutilare, trovare un guardiano ed andare avanti nell’ignavia…per il solo fatto di voler o poter arrivare a tarda età…
    Tutto il vigore, la energia, l’amore e la gelosia della Trilly peterpaniana, sono nostre e devono esserlo fino all’ultimo spasmo, senza nessuna “alterazione esterna”, “senza sconosciute alchimie” che possano mettere freno alla vita, senza nessun limite nell’amare, senza l’ansia di mascherare quel che siamo, e, che se “maschio”, quello avvinto al testosterone, che gli consenta guizzi di ” vera gioia”… e, se femmina, quel tanto di “istinto speciale” che la lasci spaziare liberamente nel suo habitat… insomma , senza nessuna paura della morte!

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