LE FARFALLE DEL CANADA (di Franco Marino)

L’effetto farfalla è una locuzione con cui si determina il cambiamento di un sistema, fondamento della cosiddetta teoria del caos. In essa è espresso il principio che un battito d’ali di una farfalla possa provocare uragani e catastrofi su scala mondiale. E’ un principio che, come tanti della fisica, non vede tutti d’accordo. Ma che siano i grandi sistemi a generare il vento che poi sfocerà in un uragano, non è sempre detto. Come non è detto che un cambiamento nasca per forza da chi si suppone abbia tanto potere per farlo. Come nel caso del vaso che trabocca a causa di una goccia.
Di sicuro, come tanti, ho dubitato delle manifestazioni dei portuali come prima avevo dubitato sia dei gilet gialli che dei camionisti. Non della buonafede di chi è sceso in piazza ma semmai degli organizzatori: nelle piazze di Napoli, per dire, uno dei caporioni delle manifestazioni è un camorrista. Cosa che ha contribuito a rendermi profondamente scettico – io che ho sempre sostenuto che le mafie sono il servizio segreto del potere – nei confronti non delle motivazioni della brava gente che è scesa in piazza contro l’obbligo vaccinale e contro le demenzialità del covid, ma della buonafede dei capibastone. Né ho motivi particolari per pensare che in Canada stia succedendo chissà cosa, al di là delle fughe più immaginifiche che reali di Trudeau. E tuttavia quei fermenti, sia pure – almeno per quanto ne sappiamo – scollegati e disorganizzati, comunque sono indicativi di uno stato di pessima salute, di un barometro che volge al maltempo per il sistema. Perché una volta o l’altra qualcuno che, avendone l’interesse – magari per disperazione personale (problemi economici) o per semplice ambizione – e l’intelligenza di capirlo, unirà su scala globale questo caos, cercando di indirizzarlo. E in questo senso, il Canada ci mostra la strada di una sofferenza globale che va organizzata. Il Canada ci dice che il problema non può essere risolto localmente. O per meglio dire, ce lo conferma. Noi qui sul Detonatore lo scriviamo sin dall’inizio che solo un’alleanza globale può distruggere la piovra. Il Canada ci dice che ogni segmento locale impatterà inevitabilmente contro la politica locale che non è la testa della piovra, solo un tentacolo e che si rivolgerà alla piovra globale. Il Canada, Amsterdam, Bruxelles, Trieste, Santiago del Cile, ci dicono che il sistema sta boccheggiando e che può essere distrutto solo mettendogli paura.
Se si uniranno queste sofferenze in un movimento globale – e non sto dicendo che sia facile, tutt’altro, ma che bisogna farlo – allora forse inizieremo a costruire la rivoluzione di cui abbiamo bisogno. Fino a quel momento, se ancora state a pensare agli errori di Salvini, alla Meloni che finge di stare dalla vostra parte ma poi siede in Aspen Istitute e incazzarvi per la conferma di Mattarella, dimostrerete di non aver capito la sostanza della questione.
FRANCO MARINO
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Pienamente d’accordo. Lucido e lungimirante come al solito
D’accordo al 100%
Assolutamente d’accordo con te. L’utilità vera di queste piazze è quella di darci la possibilità di “contarci” al di fuori dei social. Adesso sappiamo di essere davvero tanti, davvero tanto arrabbiati e davvero un po’ ovunque.
Anche io lo dico fin dall’inizio che bisogna fare Rete.. e gli strumenti li abbiamo.
L’unica cosa che manca, giustamente come scrivi tu, è il coordinamento.. chissà che qualche mente brillante non si stufi dell’andazzo e decida di gettarsi nell’impresa. Avrebbe seguito. Siamo tutti esasperati.
Sera,
come sempre tutto il discorso fila che è una meraviglia…e fa riflettere…e molto pure…
Pensavo che se nel 1789, ai francesi , da soli, fu sufficiente ribellarsi e farsi la loro brava rivoluzione, oggi, in un mondo globalizzato, dove l’uno è il tutto, ed il tutto è l’uno, ( vedi pandemia…) , come avrebbero potuto da soli , i portuali di Triste, smuovere montagne di “fango”…(?)
O il fango ce lo spaliamo universalmente o resteremo sommersi nella cacca…e non vedremo più “farfalle” volare…