Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

MATTARELLA E IL WRESTLING DEL QUIRINALE (di Franco Marino)

Sono ovviamente stato anche io un bambino. Per giunta in anni in cui furoreggiava il wrestling americano. Quando mi fu fatto capire che Hulk Hogan (pseudonimo di un italianissimo Gene Bollea) non si prendeva davvero a botte con Randy Savage aka Macho Man, io che non amo le finzioni, mi allontanai e smisi di seguirlo. Ma l’errore era a monte: avevo seguito una lotta e uno sport senza alcuna pretesa di essere né uno sport né una lotta. Per cui il mio allontanamento era la reazione sbagliata all’errore a monte di credere di assistere ad una cosa seria. In realtà, il wrestling non ha nulla delle varie forme di lotta tradizionale come quelle giapponesi (Judo, Karate, Nanbudo, Sumo) o quella brasiliana (capoeira) l’italianissima lotta grecoromana e quella sarda “sa strumpa” (aggiungerei il napoletanissimo “ce chiavamm a paccheri”, che tuttavia non risulta avere collocazioni nella galassia mainstream) la senegalese Laamb, la spagnola lucha, la tedesca ranggeln, l’islandese glìma, l’israeliana krav maga e chissà quante altre che nella mia ignoranza non conosco. E’ un semplice fenomeno da baraccone senza nulla di autentico – anche perché in caso contrario nove atleti su dieci starebbero già sulla sedia a rotelle o sotto terra – una fiction dal finale già scritto e che si fonda sullo story telling di sguardi feroci, sulle finte occasioni di finta lotta tra due atleti, su muscoli steroidei in bella vista di fronte ad astanti già consapevoli della cosa e dunque interessati solo a passare un po’ di tempo immersi in un trash senza pretese.

La politica italiana invece ambisce ad essere serissima. Non c’è nulla di più comico di chi di fronte alle telecamere parla di “candidati di altissimo profilo che devono rispondere ad un senso di responsabilità istituzionale”, cercando di far passare la figura del Presidente della Repubblica come una carica altissima, purissima e levissima. Quando essendo, invece, un’elezione politica dunque naturaliter divisiva, che farà cose che scontenteranno alcuni e contenteranno altri, non sarà certo un garante dell’Unità, ma l’ennesimo elemento di discordia, senza averne peraltro colpe personalmente. Così come è offensivo per l’intelligenza dei telespettatori che, per fare il verso al sistema politico americano, i parlamentari vengano definiti grandi elettori. Come se il nostro fosse un sistema presidenziale. Sto assistendo dunque con profondo distacco all’elezione del Presidente della Repubblica. Perché già so che, chiunque verrà eletto, non cambierà nulla. Il Presidente che verrà, come accade ormai da trent’anni da Scalfaro a Mattarella, piacerà alla sinistra e sarà odiato dalla destra. Verrà gradito dai poteri forti e detestato dal popolo. Per sette anni, salvo cause di forza maggiore come l’Alzheimer o più banalmente la morte, pronuncerà discorsi gonfi di retorica che produrranno adorazione papale in chi ama appunto la retorica e, di contro, l’abbassamento del volume per chi già fatica a sopportare la retorica dei vicari di Cristo in terra, figuriamoci quella del vicario della finanza internazionale in Italia. Inframezzati da qualche perquisizione intimidatoria a domicilio per i temerari che oseranno metterne in discussione il prestigio. Chi verrà eletto è del tutto irrilevante. Tutta la politica italiana esegue la ricetta di padroni stranieri. E se anche per assurdo dovesse essere eletto qualcuno non sgradito alla dissidenza, ecco che il nuovo presidente non sarebbe più il papa laico a cui si riservano onori e tutele indegne di una compiuta democrazia ma un pazzo da internare, un picconatore e chissà quali altri epiteti. Per indurlo alle dimissioni, si scatenerebbe la speculazione finanziaria dei mercati che, attraverso i giornali ad essa protesici, chiederebbe le sue dimissioni a gran voce, proromperebbe in quotidiani sputtanamenti mediatici, scatenerebbe rivoluzioni colorate e via degradando.

Tutte le discussioni sulle elezioni del Presidente, col corollario di buffonerie come l’indecente spettacolo dei franchi tiratori – irrilevanti sul piano sostanziale ma che certo non aiutano la politica a riacquisire il consenso sociale dei cittadini – sono inutili come lo sono in generale tutte le discussioni politiche. La politica italiana è niente di più che un wrestling. Dove al posto di energumeni ipertrofici, ci sono flaccidi sepolcri imbiancati che si prendono così tanto sul serio con tutti, da non essere più presi sul serio da nessuno.
E proprio per questo, non meritano un secondo del nostro tempo.

FRANCO MARINO
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3 commenti su “MATTARELLA E IL WRESTLING DEL QUIRINALE (di Franco Marino)

  1. Era già tt programmato.
    Il balletto era a beneficio di chi nn si sa chi.
    Il popolo ha gridato a gran voce ciò che avrebbe voluto.
    Ma loro nn lo hanno ascoltato.
    Quindi chi rappresentano lor signori??
    Un teatrino comico e disperante!
    Nn ho parole!
    E a Chigi resta il banchiere.
    😭😭😭😡

  2. Semplicemente ridicoli….e truffatori…
    Perché tra l’altro..rubano lo stipendio..non sapendo fare il lavoro cui sono chiamati..

  3. …semplicemente esilarante, nonostante la serietà dell’argomento, e sebbene non ci si speri molto, se non dovesse sopraggiungere , almeno, una della due opzioni possibili , ci vedremo costretti ad altri sette anni di medaglie, onoreficenze, croce al merito , discorsi pomposi e retorici, applausi a scena aperta , per i teatri di mezzo Paese, con la gara di chi lo fa più lungo…( nulla toglie, però che ci potrebbe essere la mia, di dipartita…) ad ogni buon conto ,
    “ce chiavamm a paccheri” , è meglio che resti tutta nostra…un domani ci potrebbe servire…e per i ” i flaccidi sepolcri imbiancati” che sono la ciliegina sulla torta , si riposarera’ magnificamente, stanotte…😉

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