Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

IL FEMMINISTO SHAPIRO TI SPIEGA COME DIVENTARE UN PAPÀ CUCKONE (di Matteo Fais)

C’è qualcosa di disgustoso nel modo in un cui un uomo, che si proclama femminista, si rivolge alle donne. Quel sorriso falso, quello sforzo che pervade finanche i muscoli facciali e la postura… Ogni sua possibile mossa sembra volta a non farla sentire inferiore. Ovviamente, nel far ciò, egli pare proprio sottolineare una strutturale insufficienza di questa. Stare di fronte a una femmina come al cospetto di un vaso di cristallo è la vera offesa.

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Guardando la videointervista a Jordan Shapiro, questo importante professore e studioso di genere, in occasione dell’uscita di Father Figure: How to Be a Feminist Dad (“La figura del padre: come essere un papà femminista”), ho proprio avuto questa sensazione, quella di un maschio che si fa violenza in ogni modo per non offendere le donne con la sua esistenza. Così a occhio e croce – ma questa è una cattiveria –, sono persuaso che non si mostri neppure, in piedi, a petto nudo, di fronte alla moglie, per non correre il rischio di ostentare possanza virile.

L’intervista a Jordan Shapiro

Fondamentalmente, sono loro a ritenere le donne come dei piccoli panda da proteggere, senza capire che queste hanno un potere infinitamente superiore a quello del maschio. Loro lo sanno e ne fanno ampiamente uso, certo senza aspettare il nostro permesso. Il femmista, se vogliamo, è più patriarcale del patriarcato, perché attribuisce alla donna una natura troppo fragile, incapace alla manipolazione, alla violenza fisica e psicologica. Egli non sa un cazzo della vera natura femminile che sa apparire debole solo per mostrare la forza nel momento più opportuno.

Ma è la figura del padre il tema del suo saggio e dell’intervista rilasciata. Il padre e, parallelamente, la questione dell’autorità. Shapiro vuole ridiscutere i ruoli di genere e, veramente, si spende in ogni modo per riuscirci. Si picchia sui coglioni con masochistico furore e suda insicurezza da tutti i pori, mentre la sua intervistatrice ride e scherza, lo lusinga come a un bimbo idiota, con assoluta serenità. Lui è rigido, trattenuto – sembra proprio costipato a vederlo seduto così, manco avesse un bastone nel culo.

A ogni modo, è proprio il caso di dire che il progressista soffre di una brutta tara psicologica. L’idea dell’autorità, anche se meritocraticamente guadagnata, lo turba e lo fa stare male. Per Shapiro, ad esempio, l’esistenza del maschio alfa, che lui intende come quella di colui che primeggia, è totalmente negativa. Il paragone con ciò che è forte, che si impone, che si afferma per il suo valore gli fa saltare i nervi. Non può proprio accettarla perché nega la fantasia infantile e petalosa che ha lui di uguaglianza.

Non capisce neppure che la figura di colui che spicca va assunta non per risultarne annichili dal confronto, ma come supremo ideale per il proprio miglioramento. Banalmente, per usare un esempio, non è che, siccome è esistito uno come Montanelli, io non scrivo più, dato che lui è stato il più grande, o peggio ancora cancello la sua immagine e nego la sua bravura per non sentirmi offeso da questa. Il fondatore di “Il Giornale” costituisce per me uno sprone a fare sempre meglio.

Il femministo non accetta il padre e l’autorità, perché non sopporta l’innata diseguaglianza tra gli esseri umani. Ma sono tante le cose che non capisce, come per esempio che una certa immagine della madre come colei che occupa e controlla lo spazio della cucina non è se non il frutto di una naturale divisione dei ruoli, in cui al maschio, per tradizione, spetta quello più faticoso. La moglie del pastore sta in cucina o coltiva le piantine semplicemente perché il campagnolo ha tanto buonsenso da non affidare alla donna di casa un’attività così fisicamente sfiancante.

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Ma non c’è niente da fare, il femminista non ce la può proprio fare con tutto il suo sforzo di buon cuore nel nome della donna e dell’intersezionalità. Ma non si può pretendere granché da chi pensa che la femmina sia vittima nella nostra società e non capisce che semplicemente è detentrice di un potere diverso dalla forza bruta.

Il naturale risultato delle sue teorie è unicamente la morte del maschio occidentale per castrazione fisica e intellettuale. Seguendo il percorso al quale ci stanno costringendo, tra un po’ non feconderemo neppure più le nostre donne – e ci stiamo già arrivando. Ci faremo semplicemente una sega in una provetta, cercando di non avere pensieri troppo incresciosi e offensivi di possesso e sottomissione. Oppure, ci penseranno le risorse a fare quei lavori che noi italiani non saremo più in grado psicologicamente di svolgere, per paura di fare del male. Del resto, in natura solo gli animali migliori perpetuano sé stessi e quelli come Shapiro, onestamente, non lo meritano.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.

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