Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

“QUANDO LA RISSA E’ INEVITABILE, COLPISCI PER PRIMO” (di Franco Marino)

Il titolo è ispirato da una citazione che molti attribuiscono a Putin. Ma è anche il senso di una discussione che ho avuto su whatsapp con un amico rumeno che mi ha aggiunto dopo avermi letto sul Detonatore, col quale tuttavia, scrivendo egli in un ottimo italiano (credo di aver capito che abbia trascorso alcuni anni in Italia), riesco a confrontarmi su moltissime cose. Siamo praticamente d’accordo su tutto tranne che sulla nostra visione della violenza. Che per me resta necessaria e inevitabile, per lui no, anzi è concepibile solo come legittima difesa. Chi ha ragione? Chi ha torto?

La guerra preventiva è sempre stata aspramente criticata e si dimentica un particolare: che essa ha, invece, un senso ed è anzi inevitabile quando si ha la consapevolezza che il nemico, che pure la guerra non l’ha dichiarata ufficialmente, lo farà a breve oppure ce la stia già muovendo contro. E in guerra, conta solo la vittoria finale. Costi quel che costi. Chi ha colpito per primo oppure no, non ha alcun significato. Ed è sempre stato così nella storia. Si pensi a Roma e Cartagine. Quando Roma si convinse che Cartagine, pure vinta, avrebbe sempre rappresentato un problema e decise di distruggerla preventivamente, commise un crimine oggi inimmaginabile o evitò una Quarta Guerra Punica che magari stavolta sarebbe stata fatale all’Impero Romano? Quando gli americani buttarono le due bombe atomiche in Giappone, commisero crimini di guerra oppure posero fine ad una guerra la cui inerzia avrebbe potuto volgere contro di loro e casomai beccarsi anche loro qualche bomba fatale? Dilemmi non da poco ma intanto Roma si levò di mezzo un nemico pericoloso – anche se Catone, che pronunziò la famosa “Carthago delenda est” morì un anno prima di veder soddisfatto il suo auspicio – e analogamente gli Stati Uniti vinsero la guerra che, se perduta, avrebbe provocato la loro dissoluzione.

Al tempo stesso, la persona che non vuole rassegnarsi alla distruzione dei diritti del proprio paese, alla compromissione della propria salute e di quella dei propri cari e nel contempo sa che nessuno verrà a salvarlo, ad un certo punto si ritrova di fronte ad una scelta: continuare a subire, aspettare che arrivi un liberatore oppure organizzare la propria reazione. In questo caso, reagire è l’unica strada e a quel punto tutto risiede nella qualità della reazione, che sarà poi quella che determinerà la vittoria finale. Una reazione sbagliata provocherà una controreazione ancor più violenta. Ma, proprio come (forse) dice Putin quando la rissa è inevitabile, chi colpisce per primo è quello che ha più possibilità di vincere. Perché è lui a scegliere il tempo e lo spazio dove fare la guerra. Esattamente, come nel tennis, dove chi ha il servizio ha molte più possibilità di vincere il game di chi invece deve rispondere. Semmai l’unico problema che deve porsi è fare male a sufficienza da scoraggiare la reazione del nemico. In quel caso, scoppierà una guerra. Che, per definizione, è violenza. Perché rompe le leggi vigenti, compromette uno status quo e costringe un uomo, per sopravvivere, a fare del male fisico o psicologico ad un suo prossimo. Nessuna persona assennata ne parla con leggerezza. Qualsiasi persona responsabile atterrirebbe all’idea di vedere il proprio paese sommerso da bombe, da colpi di mortaio e smitragliate, da mine antiuomo nelle quali magari egli stesso oppure i propri cari potrebbe mettervi un piede e saltare per aria. Qualsiasi persona sana di mente rabbrividirebbe all’idea di sparare a persone che magari anche conosce e con cui magari ha condiviso un vissuto. Su questo siamo tutti d’accordo.

Ma una persona di buonsenso deve pensare anche all’alternativa che il suo prossimo sia prontissimo – e lo dicono con chiarezza – a fare lo stesso. Perché se anche l’idea di veder cadere una persona davanti ai nostri occhi può atterrire, bisogna sempre considerare che l’alternativa è quella di ritrovarci in un campo di concentramento perché qualcuno ha deciso che dobbiamo farci un vaccino potenzialmente pericoloso contro un virus influenzale. O anche permettere che circolino medici disposti a tutto, anche – e sarà il nuovo fronte, vedrete – a far morire i bambini, pur di costringere i genitori a vaccinarli e sottoporli al ricatto morale “Vaccinare mio figlio e rischiare che muoia oppure esporlo al Covid e rischiare che muoia?” o a quello materiale “Vaccinare mio figlio o rischiare che i servizi sociali me lo portino via?”. Oltretutto rischiando di mettere zizzania anche nelle famiglie, perché sicuramente non mancheranno casi in cui una moglie vorrà divorziare dal marito perché questi è contrario al vaccino dei figli. O viceversa. L’alternativa di non reagire è veder virare la propria società verso una cinesizzazione del sistema politico ed economico del paese, per cui diritti e denari sono a forte rischio, con alcuni politici che iniziano a dire cose assai pericolose sulla proprietà privata.
Credete davvero che con gente di questo tipo ci si possa porre il problema “faccio violenza prima a loro oppure aspetto che la facciano a me”.
L’avete sentito Galimberti ieri sera dire su La7 “I no-vax non vanno più rispettati, con loro ho perso la pazienza?”. Non lo vedete il clima di intimidazione sociale e qualche volta anche fisica che cresce? DASPO a chi manifesta, manganellate ad una manifestante di sessantotto anni (l’età di mia madre se fosse ancora viva)?

Poi certamente c’è chi crede che non ci sia nessuna guerra, che la strada intrapresa dai potenti sia quella da seguire e che il traguardo trasformerà il mondo in un posto migliore. A costoro, questo articolo ovviamente apparirà quello di uno psicopatico pazzo da incarcerare. Ma se, invece, si crede che ad essere psicopatici siano quelli che vogliono costruire “un nuovo umanesimo”, abbiamo brutte notizie per i pacifisti, per i dissidenti non violenti, per i democratici: per fermarli l’unica strada è la guerra. Perché giocare una partita seguendo le regole scritte da un avversario che nel mentre, per stare al sicuro, corrompe e minaccia gli arbitri, significa condannarsi ad una sconfitta sicura. E se il prezzo della vittoria è usare violenza contro questa gente, chi vuole vincere deve essere disposto a tutto, anche a fare le cose peggiori. Altrimenti non può vincere con avversari pronti a tutto pur di sopprimerlo.

Questi sono discorsi che nell’irenico mondo disegnato dai progressisti sarebbero da galera o da psichiatria. E può darsi che lo siano. Ma allora sarebbero da ricoverare in manicomio anche tutti i grandi leader politici della storia. Che hanno costruito intere nazioni e intere democrazie sul sangue dei nemici.
Tutti pazzi anche loro? Sinceramente, lo trovo improbabile.

FRANCO MARINO

7 commenti su ““QUANDO LA RISSA E’ INEVITABILE, COLPISCI PER PRIMO” (di Franco Marino)

  1. La violenza è evidente, il primo colpo è stato già sferrato, nessuna dittatura è mai stata fermata pacificamente.

  2. Idealmente posso anche essere d’accordo, ma il vero dilemma è: conviene a un esercito armato di pietre e bastoni fare la guerra alle truppe con i carri armati?

  3. Continuare a subire ci porterà dritti dritti laddove hanno deciso. Non c’è molto da aggiungere al tuo articolo che tocca altresì diverse tematiche tutte interessanti. Particolarmente “nuovo umanesimo” quanti sanno realmente cosa significhi, a mio avviso è agghiacciante. La signora anziana colpita Trieste , mi risulta non solo lei, sembra un netto segnale di ricerca del “casus belli “ da parte dello Stato

  4. È ormai anni che inizio ‘ una deriva antidemocratica accelerata dalla falsa pandemia.Sempre pensato, con le buone non se ne esce più.

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