LE CAUSE DEL PREVEDIBILE DECLINO DI SALVINI (di Franco Marino)

Un po’ di persone mi hanno chiesto di parlare del declino di Salvini e devo confessare che quando si tratta di scrivere articoli come questo, provo un po’ di imbarazzo. Perché dovrei pensare che questo epilogo non fosse inevitabile ed anzi insito nello stesso spessore del personaggio. Dovrei credere che quanto accaduto nel post Papeete non fosse casuale. E dovrei pensare che Salvini stesso non abbia fatto nulla per agevolarlo. Poiché non credo a nessuna di queste tre cose, vi risparmierò un articolo su cosa dovrebbe fare il leader della Lega per invertire la rotta, non fosse altro perché credo che il suo declino sia inevitabile e che la stessa sorte tocchi alla Meloni.
Il primo punto da chiarire è che oggi un partito è paragonabile ad un sito web. La prima cosa che un webmaster sa di dover fare per portare al successo il suo sito, è di posizionarlo bene sui motori di ricerca. Una galassia esterna al sito, con la quale non ha rapporti diretti. Ma che può decidere se tirare quel sito ai primi posti oppure affossarlo. Se un sito piace ai motori di ricerca, può diventare visitatissimo e fare tantissimi soldi sostanzialmente grazie ad Adsense, il servizio di intermediazione pubblicitaria, quello che vi fa vedere i banner pubblicitari sui siti web. Entrambe le entità – Adsense e motori di ricerca – fanno capo ad una sola realtà: Google. Grazie ai motori di ricerca, un sito può essere portato ai primi posti. Grazie ad Adsense, sempre appartenente a Google, un sito può totalizzare un gran quantitativo di soldini in pubblicità. Ma nel momento in cui, a Google non conviene più pubblicizzare quel sito per svariate ragioni, Google lo affossa. Facendone crollare anche i guadagni pubblicitari.
I partiti stanno ai siti come i media mainstream stanno ai motori di ricerca. Da quando sono state abolite le preferenze, che rappresentavano il reale termometro dei rapporti tra la politica e la cittadinanza, la politica si fa sui media e in finanza: anch’essi, connessi. Due luoghi su cui i partiti non hanno alcun potere, salvo quando non sono i partiti stessi ad essere al tempo stesso anche motore di ricerca. Nel caso di Forza Italia, per esempio, avevamo il classico esempio di sito web che aveva anche un motore di ricerca (Mediaset, Il Giornale) e possibilità di finanziamento (Publitalia e Mediolanum). Ma certamente Berlusconi non aveva il potere di sovrapporsi a tutti gli altri ecosistemi. A maggior ragione, la Lega non ha un ecosistema autonomo dietro sé o comunque quell’ecosistema non è correlato alle politiche che Salvini avrebbe voluto fare. In una prima fase, al motore di ricerca serviva sponsorizzare un sito (Salvini) affinché la protesta non si trasformasse in tanti visitatori desiderosi di liberarsi del motore di ricerca. Oggi che Salvini non serve più, il motore di ricerca lo sta affossando.
Nel momento in cui si chiarisce questo, si trovano anche inutili le discussioni su Salvini. Che ad un certo punto si è trovato nella situazione di essere un sito visitatissimo ma con i motori di ricerca che avevano tutto l’interesse a farlo fuori. Forse perché timorosi che il webmaster si montasse la testa e decidesse di farsi un ecosistema proprio.
Di errori fondamentalmente Salvini non ne ha commessi o comunque non ha commesso quelli che gli attribuiscono. Le sue dimissioni dal governo erano inevitabili, dal momento che il Movimento 5 Stelle e il PD gli stavano confezionando una legge contro la Lega, per toglierselo dai piedi. E il suo appiattimento sulla narrazione covid era necessario per non essere fatto fuori dalla dirigenza leghista. Semmai, il problema di Salvini è quello di essere un personaggio di scarso spessore politico, sicuramente con una certa abilità comunicativa ma troppo poco provvisto di quella visionarietà necessaria per farlo ragionare a lungo termine. Sicuramente è uno che sa “costruire siti”, dal momento che ha preso la Lega dal 4% e l’ha portata, nei suoi momenti migliori, al 33%. Ma sul più bello, gli è mancata la visionarietà di capire che se un webmaster vuole dare vita propria al suo sito, deve anche costruirgli un ecosistema in grado di pubblicizzarlo e di finanziarlo. E deve anche mettere in conto di costruirsi un gruppo di persone pronte anche a menare le mani pur di impedire l’inevitabile reazione della concorrenza.
Si torna così all’esempio che facevamo del negozio nell’articolo di ieri. Nel momento in cui un sito sa che può sopravvivere solo se dipende da un motore di ricerca e da un’agenzia di pubblicità che decide se e quanto quel sito deve guadagnare, se vuole essere autosufficiente deve costruirsi anche un motore di ricerca e un’agenzia di pubblicità. E se la concorrenza impedisce ai webmaster di farsi un sito autosufficiente, l’unica possibilità è dichiarare guerra alla concorrenza. Il che significa che o la politica mette mano allo strapotere dei media o saranno i media, vita natural durante, a decidere chi dovrà vincere le elezioni. Qualcosa su cui Salvini, la Meloni, Grillo, Conte, nessuno ha la minima possibilità d’influenza. Salvo quella di essere troppo poco visionari per capirlo. L’unico che l’aveva capito era Berlusconi e infatti, guarda caso, lo colpivano proprio su quell’aspetto quando parlavano di conflitto di interessi. Prima di lui lo aveva capito Craxi che infatti aveva messo nel mirino proprio tutti quei poteri forti legati ai media e alla massoneria che poi lo avrebbero fatto fuori. Perché quando un motore di ricerca diventa troppo potente, o i webmaster si organizzano e si creano un motore autonomo, oppure vengono fatti fuori da quello stesso motore.
Oggi i siti sono tutti vittima del ricatto dei motori di ricerca. E fuori di metafora, tutti i partiti sono vittime del ricatto dei media. Dunque della finanza. Dunque dei veri padroni dell’Occidente. O si mette mano a quel problema oppure ogni iniziativa politica naufragherà di fronte allo strapotere di queste entità.
La vera ragione del declino del sito Salvini è tutta qui. Ad un certo punto, i motori di ricerca hanno deciso di affossarlo. Con la complicità magari di qualche dirigente leghista, desideroso di prendere il suo posto.
FRANCO MARINO