Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

COME SI DIVENTA FRANCO MARINO (ovviamente, di Franco Marino)

Questo titolo fa vagamente ribrezzo. Come quando Eugenio Scalfari intitolò un suo libro: “Incontro con io”. La locuzione sembra infatti alludere al desiderio di conversare con una persona importante, di cui si vuol conoscere l’illuminato parere. Nel presente caso invece si tratta della risposta che un povero diavolo dà a quel po’ di persone che gli tributano un’importanza tale addirittura dal chiedergli, come è avvenuto in questi giorni, come nascano i suoi articoli, come nasca Franco Marino e dunque la mia lettura “particolare” della realtà.
Se la domanda si limitasse ad una curiosità sulla persona, mi limiterei a rispondere in privato, come ho già fatto. Ma poichè la domanda è sull’asse portante dei miei articoli, dei miei blogpost, mi sembra giusto dedicarci un articolo, tantopiù che la curiosità viene da quella parte di persone che mi leggono da quasi vent’anni. Ma dove in realtà non parlo di me (“l’io è odioso”) ma di un tema più generale.

Qualche tempo fa, con un ristoratore di Oristano, parlammo di Michela Murgia (che è di quelle parti e che lui conosce) e dei suoi articoli bislacchi, il fascistometro, la matria al posto della parola patria e analoghe amenità, se non fosse che ad un certo punto gli chiesi “Ma la Murgia ci è o ci fa?”. La risposta non fece che confermare qualcosa a me apparsa chiara sin dal primissimo momento che la lessi e la vidi in TV: Michela è una donna di elegantissima e profondissima intelligenza, tuttavia fiaccata da una pesantissima delusione sentimentale che ne ha cambiato radicalmente il modo di vedere la realtà. Trasformandola nella femminista esasperata, a tratti quasi da ricovero, che è oggi e che non era prima. “Impigliandola nei fili della sua stessa grande intelligenza”, come dice testualmente questo ristoratore.
Perchè accade questo? Perchè purtroppo anche intellettuali di finissimo cervello – e ve ne potrei citare tantissime – si presentano al cospetto del mondo delle idee armati di tantissime sovrastrutture. Forse quella più ricorrente è che l’amore sia qualcosa a cui tutti abbiano diritto come la sanità e la scuola. Contro ogni degradazione del proprio fisico e della propria mente. E’ quello che deve aver pensato la Murgia. Ma questa è una sovrastruttura. La realtà è che avendo risorse e tempi di vita limitati, ognuno di noi li impiega in cose che appaghino il corpo e l’anima. Quando ne parlavo con una persona la quale, conoscendo le mie delusioni, chiedeva perchè fossi rimasto sostanzialmente lo stesso, le risposi che semplicemente io non ho sovrastrutture. Non mi sono mai illuso che una donna si avvicinasse a me per permettermi di esercitare un diritto universale all’amore ma perchè in qualche modo io potessi darle qualcosa di, a suo parere, appagante. Non ho mai permesso che i sentimenti prevalessero sulla mia lettura della realtà. Perchè io so benissimo che tutto ciò che ho avuto nei rapporti interpersonali, non è frutto di casualità ma di meriti anche inconsapevoli. Inconsapevolmente ho detto e fatto cose che piacevano. E quando sono stato rifiutato, inconsapevolmente ho detto e fatto cose che costituivano, per chi mi era accanto, un valido motivo per buttarmi via.
La Murgia non si è posta questo problema. Pensava che una volta sposatasi, il suo uomo le sarebbe rimasto accanto sempre e comunque, anche durante la sua malattia. Cosa niente affatto scontata. Errore che, se non avesse avuto delle sovrastrutture, si sarebbe risparmiata.
Cosa sono le sovrastrutture? Sono, per dirla in maniera potabile, soppalchi che costruiamo nelle stanze della nostra casa di cui diventano una stanza a parte. Ma, se quelle sovrastrutture crollano, la stanza ritorna quella di prima. E così come molti mettono dei soppalchi perchè evidentemente le stanze nella loro originalità non li appagano più, molti costruiscono sovrastrutture perchè la realtà, nella sua nudità, non li soddisfa più. Non rendendosi conto che si tratta di qualcosa che non ha nulla a che fare con la casa in cui vivono. E che qualche volta possono persino danneggiarla.

Così Franco Marino e i suoi articoli esprimono l’essenza di quello che sono io, Francesco. Un demolitore naturale di sovrastrutture. Che legge la realtà depurandola da ogni….soppalco, almeno quando questa impatta nella mia testa. Tutta la mia vita è stata caratterizzata dalla distruzione di ogni sovrastruttura. La sovrastruttura dello stato che pensa al bene dei cittadini, quando invece sappiamo che a volte può addirittura massacrarne a milioni; la sovrastruttura dell’amore eterno, che esiste ma è rarissimo e che invece, assai spesso, è solo paura della solitudine; dell’invecchiamento che ci rende migliori quando invecchiando il corpo, invecchia anche la mente e dunque la capacità di lettura della realtà; del padre e della madre che non ti tradirebbero mai e invece capita spesso, anche solo per un principio di demenza, che i genitori arrivati ad una certa età, diventino cattivi e insensibili; dell’idea che gli organi giudiziari di qualsiasi comunità – che siano gli arbitri di una banale partita di calcio o di basket oppure magistrati e autorità di garanzia costituzionali – siano sempre imparziali, retti, tendenti al bene. Cosa smentita da Calciopoli e dalle rivelazioni di Palamara. Del fatto che molti vogliano davvero un paese più giusto e non semplicemente creare per se stessi una mangiatoia che sostituisca quelle da cui sono esclusi. Oltre a tante piccole, insignificanti e, diciamolo, comiche sovrastrutture come la presunta maggiore sensibilità dei gay, l’uguaglianza razziale – magari mentre si dice che i neri sono più forti muscolarmente e sessualmente meglio dotati (ma insomma, sono uguali oppure no?) – oppure Leo Messi in lacrime “costretto ad andarsene dal Barcellona” colpevole di non aver voluto dare dieci milioni di euro all’anno ad un calciatore nel crepuscolo della sua fulgida carriera.

Parlando molto più spesso di politica che di altre cose, la sovrastruttura che mi ritrovo a demolire maggiormente – e che mi vale il disprezzo di chi, invece, vive di sovrastrutture – è la contrapposizione tra Bene e Male. Che porta molti fessi sui social a sparare insulti contro il politico avversario, senza capire che la politica non è una lotta del Bene contro il Male ma un’assemblea di condominio allargata in cui l’identificazione del Bene e del Male è unicamente rapportata al proprio interesse di condomini.
La stragrande maggioranza delle persone vi dirà che quelli di Hitler erano “crimini”. Oltretutto dicendo sciocchezze perchè il concetto di crimine è puramente giuridico, anche l’espressione “crimini contro l’umanità”, non ha il minimo senso. Chi invece ha demolito la sovrastruttura del Bene e del Male, vi dirà che Hitler ha semplicemente preso una decisione che riteneva nell’interesse di se stesso e del suo popolo: far fuori milioni di persone che, in quel momento, percepiva come un pericolo per il suo paese e per il suo potere. Cosa che qualsiasi statista nella sua storia ha fatto. Da Cesare a Churchill, passando per Napoleone, Mazzini e Garibaldi.
Una decisione sbagliata? Visto come è finita, sì. Avendo perso, è stato esecrato dalla storia. Se avesse vinto, oggi forse l’intera Europa sarebbe nazista. E questo è davvero l’unica cosa che conta. Putin è un criminale che ammazza i nemici a colpi di polonio radioattivo oppure l’eroe, cavaliere bianco che ambisce a liberare il mondo dai cattivi americani? Nessuna delle due cose. E’ un leader politico che ha unito l’ambizione smisurata con grandissime qualità politiche, incidentalmente restituendo alla Russia se non il ruolo di potenza egemone, quantomeno quello di potenza continentale. Ma nulla impedisca che possa anche lavorare contro il suo paese, se un domani la bramosia di potere dovesse suggerirglielo.
La strada verso la demolizione delle sovrastrutture non è priva di conseguenze. Se abbattessi ogni soppalco della casa dei miei, il conseguente aspetto me la renderebbe irriconoscibile, mandando in fumo 25 anni di ricordi, di persone che l’hanno frequentata, di storie che vi ho vissuto. Così come non è stato privo di conseguenze scoprire che in fondo il valore di quella casa, come di ogni casa, non era nè nella pur ampia metratura nè nella sua vicinanza al centro. Ma chi la frequentava. Oggi che non c’è più nessuno, assomiglia più ad un cimitero. Di cui non ho affatto intenzione di privarmi (io compro sempre e non vendo mai) ma la cui destinazione d’uso non potrà mai più essere di frequentarla. Non almeno fin quando il distacco dai miei non sarà stato rielaborato in modo da consentirmelo. Cosa che, ad oggi, è escluso. E non è stato privo di conseguenze neanche scoprire che non solo alcune persone che ho conosciuto, non si siano fatte alcuno scrupolo ad abbandonarmi, talvolta dalla sera alla mattina, ma che probabilmente io meritassi quella sorte perchè semplicemente avevano conosciuto qualcuno di migliore.

In compenso, abbattute le sovrastrutture, la realtà appare nella sua chiarezza. E come ci poniamo alla vita, cambia. Anche in meglio.
Ho passato l’intera adolescenza a chiedermi se io meritassi di essere considerato un uomo intelligente, forse perchè ero troppo disadattato per vivere gli anni in cui vivevo. Eppure molte persone, quando vogliono sapere qualcosa, vogliono chiarirsi un dubbio, chiedono un parere a me. Persino persone che pensavo mi disprezzassero. Perchè non è vero che tutte le persone ci vogliono male. Alcune ci vogliono molto bene, al punto che ci seguirebbero all’inferno. Non per la nostra bella faccia ma perchè vedono in noi qualcosa di meritevole. Ed è in quel momento che forse ci rendiamo conto che la vita, spesso da noi descritta come brutta, sporca, conservi ancora momenti degni di viverla. Il caldo abbraccio di una donna capace di indovinare i desideri del nostro corpo, una tazza di cioccolata, un trancio di “parigina” da Frosina a San Giovanni a Teduccio, un buon bicchiere di vino, magari fatto da me, un viaggio in aereo, un po’ di tempo trascorso al mare, ad osservare le onde che, andando e venendo, ci fanno ascoltare quel dolce suono che stimola la creatività e libera la nostalgia. Oppure una giornata in campagna ad ascoltare la voce degli uccelli. Che, per inciso, giusto per abbattere un’altra sovrastruttura, cinguettando non “annunciano la primavera” ma segnano il territorio. Mentre, dopo aver mangiato qualche frutto, defecano l’ossicino nel terreno.

Così, come si diventa Franco Marino e dunque i post che scrive? Demolendo ogni sovrastruttura, non lasciando spazio alle illusioni, alle bugie che raccontiamo a noi stessi. Quando è occorso, ho mentito. La sincerità sempre e comunque è un’altra sovrastruttura. Si mente per non dare punti di riferimento a chi vuole farci del male, a chi non sa accettare la sincerità. Ma anche non assumersi la responsabilità delle proprie menzogne è un’altra sovrastruttura. Spesso si mente anche solo per egoismo. O per renderci all’occhio dell’estraneo migliore di quanto siamo.
Almeno, non ho mai mentito a me stesso. E, a chi mi vuol bene, a chi in questi anni mi ha letto e apprezzato, posso dire che nonostante tutti i momenti dolorosi che ho vissuto, sono un uomo sereno. Non felice. Perchè la felicità è fatta di attimi che sono, diceva Nietzsche, rarissimi momenti di intensità inseriti in tanti intervalli. Ma sereno sicuramente sì. Anche se sono orfano. Anche se della mia sorte, quando me ne andrò – domani o, come spero, tra cinquant’anni – non importerà a nessuno (“I cimiteri sono pieni di persone che si ritenevano indispensabili”). Anche se, di quello che leggete, non rimarrà nulla. Ma sento che me ne andrò sereno.
Ed è questo quello che conta.

FRANCO MARINO (oppure i suoi protoni)

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