IL MITO DEL FAIR-PLAY INGLESE (di Franco Marino)
Era il 1994 quando si giocò Brasile-Italia. Come finì, lo ricordiamo tutti: l’Italia perse ai rigori con Baggio che sbagliò quello decisivo, un errore che non compromise certo la sua fama di formidabile campione e l’importanza di ciò che aveva dato e avrebbe continuato per altri dieci anni a dare al calcio. Ma che lo tormentò per anni e anni e, siamo certi, ancora oggi continua a non dargli tregua.
A quei tempi avevo tredici anni e non ebbi problemi a riconoscere a me stesso che il Brasile ci era stato nettamente superiore. Se non fosse stato per un Baresi monumentale, sia per la prestazione in sè che per aver recuperato in meno di venti giorni un infortunio per il quale di solito occorrono un paio di mesi, il Brasile di gol ce ne avrebbe fatti almeno cinque. Fu una partita completamente dominata dalla nazionale verdeoro. Ovviamente tifai per gli azzurri ma ebbi la sensazione che ai rigori fossero andati degli abusivi, non una Nazionale che meritava la coppa.
Del resto, la stessa Italia andò avanti prevalentemente a colpi di fortuna, insomma se c’era una Nazionale che meno meritava non solo la vittoria finale ma di essere dov’era, era la nostra.

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Ecco, se io a tredici anni, un ragazzino immaturo, sono stato capace di riconoscere che il Brasile ci era superiore, non si capisce la fatica che fanno gli inglesi nell’ammettere la superiorità azzurra. Se si eccettua il primo tempo, nel secondo in campo c’è stata solo l’Italia. Mai successo internazionale fu meritato più di questo. Eppure, abbiamo assistito a ululati razzisti verso gli italiani – dopo aver dato luogo all’ennesima pantomima dell’inginocchiamento autofustigatorio verso un’organizzazione terroristica e suprematistica quale è il BLM – sputi alla bandiera, calpestata, pisciata; ad una stampa inglese che ci ha riempiti di insulti e contumelie prima e dopo la partita. E, dulcis in fundo, allo spettacolo inverecondo di togliersi la medaglia d’argento appena ricevuta, un gesto che se fosse stato compiuto alle Olimpiadi, sarebbe valsa la squalifica per anni. Come avvenne molti anni fa ad un pesista che vinto l’argento, ritenendo di meritare l’oro, si tolse la medaglia la mise per terra e fu squalificato non ricordo se a vita o per alcuni anni. Era inglese anche quel pesista.
Non c’è nulla di male nel perdere, se si perde con dignità, con onore e rendendo merito all’avversario di essere stato, in qualche modo, migliore. E’ ciò che ha fatto Luis Enrique, CT della Spagna. Uno spagnolo, un latino, che dunque secondo la pubblicistica dovrebbe essere scorretto, maleducato, indisciplinato. E invece è stato il primo a venire a complimentarsi con noi, nonostante detta come va detta, avrebbe meritato molto di più lui la finale che noi.
Ecco, senza voler accendere rivalità, senza voler dar luogo a rivendicazioni di tipo politico per uno sport che Arrigo Sacchi ritiene la cosa più importante delle cose meno importanti, io direi che sia ora di porre fine a questa ossessiva esterofilia piagnona e di considerare il fair play e il self control inglese e tutto il campionario di leccaculismo anglofilo che caratterizza la letteratura sportiva e non, per quello che è: un mito assai poco rispondente alla realtà.
FRANCO MARINO
Gli inglesi, così come in certi casi anche i tedeschi, tendono ad essere degli esaltati narcisisti. Quei popoli sono ossessionati da una presunzione di superiorità nei confronti degli altri da non concepire minimamente che sentirsi migliori non significa per forza esserlo. Se a questa fanatica autoreferenzialità si aggiunge la loro propensione all’abuso di alcolici, ecco che si ottiene una marmaglia di teppisti infantili e arroganti.
Esattamente quello che penso io. Un ego narcisisticamente smisurato, non solo per questioni razziali ma anche per la mentalità acriticamente politicamente corretta imperante. L’esaltazione di disvalori – leggi gli inginocchiamenti acefali e una competitività portata individualisticamente all’eccesso – ha portato alla totale dismissione dei valori di sportività e umiltà necessari per qualunque competizione.
Sono semplicemente dei poveretti…Non sanno perdere con dignità, neanche dovevano essere in finale.
Meglio tornino si pascoli delle Highland’s…
“Perfida Albione” senza scomodare gli antichi romani e il periodo fascista, mi ricorda Fantozzi che usò questa definizione per scommettere con il ragionier Filini sulla partita Inghilterra Italia