Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

AL DIAVOLO IL PREMIO, SOLO GIULIO MOZZI CI HA STREGATI (di Matteo Fais e Paride Candelaresi)

IL GRANDE MERITO DI NON POTER VINCERE LO STREGA (di Matteo Fais)


Finalmente, un testo che non è una rottura di coglioni. Complesso, per carità, è certamente complesso. Se non altro, per fortuna, non è la solita storia di Anna, Marta, o Giorgia che, poverina, è davvero una cara ragazza in cerca di sé stessa. Sfortunatamente, codesta trentenne finisce di solito nelle grinfie di Sandro, Marco, o Tiberio, un narcisista patologico che le impedisce di spiccare il volo con il suo costante bisogno di attenzioni e le sue fughe amorose parallele – o sono perpendicolari? Boh! – che precipitano la protagonista nell’abisso dell’insicurezza. Il tutto prima che sulla scena faccia il suo ingresso Gilberto, un istruttore di surf con la passione per i dilemmi femministi che, tra una lezione di volo sulle onde e l’altra, legge Simone De Beauvoir. Lui, comunque, è diverso. Non la tromba, ma ci fa l’amore e, di conseguenza, con questo, la donna scoprirà che ha davvero tanto da dare, tipo la fica e tutta la sua spiritualità. Che palle!

In alternativa, si racconterà di Abdul, arrivato dalla Nigeria o da dove minchia gli pare, attraverso un viaggio della speranza, alla ricerca di un futuro migliore – poco ma sicuro, è un poeta anche se nessuno lo sa. Il poveretto, però, ha subito vari episodi di razzismo, in una Bergamo claustrofobica e dal linguaggio feltriano. Che stress!

Ma non divaghiamo e veniamo a lui, l’uomo che non ha vinto lo Strega, Giulio Mozzi, anzi al suo romanzo – il primo della vita –, Le ripetizioni (Marsilio). Come dicevo, basta favolette politicamente corrette. C’è di tutto nel testo, ma non quelle. Zoofilia, perversione, pazzia, folle normalità, sadismo, omosessualità, terroristi che portano il cane a pisciare, riflessioni sull’arte, sull’immagine, sulla differenza tra la vita e la ricostruzione che di essa fa ognuno di noi. Un casino totale, insomma, ma concepito da un vero professionista, dal burattinaio della scrittura.

Giulio Mozzi, Le ripetizioni, Marsilio.

Mozzi si destreggia su una partitura che non dà certezze al lettore. E lui – che bastardo, ma è troppo divertente! – si diletta a prenderlo per il culo tutto il tempo. Non gli dà scampo. Per più di 300 pagine, oscilla tra il negare ciò che afferma e l’affermare ciò che nega. Ti fa venire il mal di testa, per poi ridere di te. 

Le ripetizioni è la storia di Mario, uomo dell’editoria e scrittore mediamente noto, inetto con una frattura interiore per cui sembra sempre contemplarsi dal di fuori, amante passionale e maniaco pieno di dolcezza. Chi sia realmente costui, a volerne tracciare un ritratto netto, che non lasci dubbi, è impossibile stabilirlo. Una sola cosa sembra essere, almeno statisticamente, certa, ovvero che non prende decisioni, non sa scegliere e, nel far ciò, opta per uno dei tanti atteggiamenti possibili nei confronti dell’esistenza. 

Ha relazioni parallele – almeno sembra. Una è una donna che vorrebbe sposare, Viola, che però è invischiata in un sordido giro di prostituzione e non per necessità economica. L’altra è Bianca, una svalvolata, probabilmente schizofrenica, da cui ha forse avuto una figlia, Agnese – a quanto pare, lui, una volta, la vede già grande su un treno e, dopo, finisce per spararsi una sega. Infine, vi è Santiago, un maniaco stile Arancia Meccanica, con cui intrattiene un rapporto di omosessualità e sadismo, il tutto tra un’uccisione di cani bastardi e l’altra, con annessa violenza sessuale.

Ah, che bello, finalmente qualcuno che ammette l’esistenza del male, il male come un qualcosa di naturale, per fare il verso al titolo di una sua famosa raccolta di racconti. C’è, esiste, non ha spiegazioni afferenti al determinismo sociale – “il ragazzo viveva un disagio”. Leggere di questi personaggi che fanno le peggio cose è davvero liberatorio, dopo tanti libri cuore pieni di buoni e melensi sentimenti che nulla hanno a che fare con la marcescente umanità che ci circonda.

Tra parentesi, ho letto Mozzi, pur essendo candidato allo Strega, solo perché mi sono capitate per le mani una serie di recensioni che lo stigmatizzavano, neanche i cani e i cristiani massacrati, o le chiavate morbose, presenti nel libro, fossero una sua fedele autobiografia. Addirittura, una critica consigliava il bollino rosso per testi simili, come esiste per i film – sia mai che capiti tra le mani di un ragazzino e, tra un creampie e un blowjob su PornHub, costui resti profondamente turbato.

Ecco, un testo è un testo e un romanzo è un romanzo. Fiction, in una parola. Se vi chiedono, in un testo – a me è capitato tante volte con i miei –, quanto ci sia di autobiografico, voi rispondete “Quasi niente, salvo i pompini di tua sorella”. È un modo cortese di ricordare ai lettori che la letteratura è letteratura e basta. 

A ogni modo, non aspettatevi una storia lineare, o una parabola morale – come, per esempio e comunque, è Madame Bovary. I fili logici saltano, sono inneschi di dinamite. Nell’economia di questa storia non c’è evoluzione, solo parti da ricomporre – mettetevi l’anima in pace, non vi torneranno mai, “e il calcolo dei dadi più non torna”, dice il poeta.

Le ripetizioni è romanzo che mette in crisi la struttura del romanzo e un perfetto manuale di scrittura. C’è Proust e il cinema, la volontà di stupire che tiene alta la tensione in una storia che non è una storia. E poi, cazzo, lasciatemelo dire, Mozzi conosce l’animo umano, la sua costante oscillazione tra il vertice e l’abisso. Mario, che comunque l’amore lo vive e lo descrive, da ragazzo, si masturba pensando a una donna legata a un palo, mentre brucia. 

Insomma, dovreste a questo punto aver capito, malgrado il mio incedere decisamente confusionario, perché questo testo sia da leggere e perché non ha vinto lo Strega. Come, non è ancora chiaro? Perché vale, l’ho appena detto.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.

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COME MOZZI NON C’È NESSUNO (di Paride Candelaresi)

Le ripetizioni di Giulio Mozzi è il romanzo più bello candidato al Premio Strega di quest’anno. Fra i libri che ho letto, è di certo il migliore. L’autore, famoso per i suoi racconti, è autorevole scrittore anche di saggi e poesie. Uomo schivo e riservato, acuto pensatore, è il fondatore della Bottega di narrazione a Milano. 

Anzitutto, cosa sono le ripetizioni del titolo? In sintesi, si tratta della reiterazione dei momenti della vita di Mario, il protagonista, del quale si raccontano, in 40 capitoli, altrettante storie. 

Quasi tutte le vicende ruotano intorno una data: il 17 giugno, una giornata unica e molteplice, così come lo sono le coordinate delle vite degli altri personaggi, i quali, non possono nascondere la crisi in cui versano.

Riassumere il romanzo? Pressoché impossibile. La narrazione prende vita dai ricordi di Mario, in un continuo erase & rewind, che mette alla prova il lettore con le sue labirintiche variazioni di stile, di tempo e di forma

L’uomo ricorda persone centrali della sua esistenza: Viola, la donna fedifraga che vorrebbe sposare; Bianca, la ragazza del suo passato, disturbata e problematica; infine, Santiago, schiavo sessuale dedito a pratiche masochistiche.

È un gioco tanto ben costruito quanto ingannevole, quello di Mozzi. Ci si chiede: dove andremo a finire? Mi pare che lo scopo non sia quello di mostrarci la fine del mondo, né tantomeno la depravazione che distingue l’essere umano, come in prima istanza verrebbe istintivo pensare. Piuttosto, Mozzi delinea una storia poco confortevole, un cut-up organico che eccita e al contempo sconforta. È questa la diade necessaria, l’antitesi fra bene e male, la ragione o il pregiudizio? Godimento e repulsione offrono un’evasione illusoria, in cui ottimismo e buone maniere non sono sottomesse alla deriva del politicamente corretto. 

Con molta probabilità, la caduta in una degradazione così violenta e soffocante, diventa invito a lottare per tenere accesa la fiaccola della speranza. Quando Mario intuisce di avere un’anima, s’interroga se possa esserci o meno il bene dentro di lui. Ma la domanda vera è: il male è necessariamente legittimato da qualcosa, non può essere fine a sé stesso? 

Mario è un uomo perverso, a tratti spiacevole, naturalmente tormentato. Ci sono sangue e carne nel libro di Giulio Mozzi. Prepotenza e sottomissione rifulgono di splendore con spaventosa violenza. L’approdo non è nel nulla, non ci interessa sapere se i personaggi del libro trascendano o meno uomini della vita reale; non è necessario ricalcare che si tratta di una narrazione esasperata e artificiosa. 

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Le ripetizioni, romanzo intelligente e ingannevole tanto quanto il suo autore, smitizza la realtà a noi circostante, ormai consueta e scontata. Mozzi è un troll della letteratura e ha saputo sottolineare – con molta eleganza, aggiungo io – come gran parte delle mediocri narrazioni sugli scaffali delle librerie di oggi, siano legittimate ad esistere in quanto portatrici di verità assolute perché ispirate da “un episodio di vita reale” o “tratto da una storia vera”. 

Il vero letterato non ne ha bisogno, non ha necessità di attualizzare a tutti i costi, per occultare la mediocrità di una scrittura debole. Mozzi è uno scrittore che non fa la rivoluzione, ma si crogiola nella finzione. Non gli interessa salvare nessuno, tutt’altro! Imbocca la strada della verità attraverso la finzione letteraria, la menzogna, l’artificio. Certo, è evidente che l’autore si sia ispirato ad alcune storture di questa società, ma ciò diventa per lui un mezzo per offrire il suo personale e autentico sguardo sulla vita. 

Ora, io mi chiedo: chissà se esistono ancora uomini e donne la cui capacità di giudizio non è offuscata dalla nequizia di questi tempi. Ma la risposta è qui, in una delle 368 pagine che compongono il libro «Che cosa importa, se un ricordo è vero o falso? Che cosa importa, se la nostra vita, la vita di chiunque, è vera o inventata».

Paride Candelaresi

Email: paridecandelaresi@alice.it

WhatsApp: 345 8701353

Instagram: Leggendoatestaalta https://instagram.com/leggendoatestaalta?igshid=1omy5v5upqgmo

L’AUTORE

Paride Candelaresi, 35 anni, ciociaro fuori e sabaudo dentro. Scrive per diverse testate locali e va dritto al punto. Propaga fervori sulla sua pagina Instagram dedicata ai libri. È consigliere comunale e Presidente della Commissione Cultura del Comune di Asti. Sostiene “Do fastidio, ma ho il cuore tenero”.

4 commenti su “AL DIAVOLO IL PREMIO, SOLO GIULIO MOZZI CI HA STREGATI (di Matteo Fais e Paride Candelaresi)

  1. Io trovo incredibile che ancora si tenga un Premio Strega dopo che, anni fa, fu scoperchiato il verminaio di favori, collusioni e porcherie varie che portano all’assegnazione. E che ha smascherato come si promuovono i libri e gli autori in Italia. Ma siccome siamo nel Paese degli Eunuchi, tutto continua come se niente fosse. Anzi, un puttana di regime parlando oggi ad un tiggì poteva dire tranquillamente che “le polemiche che hanno sempre accompagnato il Premio lo hanno, in qualche modo, aiutato ad affermarsi”. Come dire che l’essersi guadagnata la reputazione di puttana ha aiutato una certa signora a fare carriera. Sì, ma quale?

    1. Beh, una volta pubblicato il commento di ieri quello successivo era superfluo, altrimenti qualcuno potrebbe pensare che ce ne siano altri censurati

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