Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

L’ONDA MORENTE DELLA LE PEN, L’ONDA CRESCENTE DEL RIVOLUZIONARISMO (di Franco Marino)


Gli appassionati di calcio, basket, tennis, sanno benissimo che non si può valutare una partita limitandosi soltanto al risultato finale. Per capire le prospettive delle due squadre, bisogna vedere quanti tiri hanno fatto in porta, la percentuale di possesso di palla, gli episodi più o meno dubbi. Immaginatevi di avere dei cronisti che vi dicano il risultato di una partita e vi decantino la spettacolare impresa della squadra vincente, omettendo di dirvi che gli avversari non si sono presentati in campo o l’arbitro ha annullato loro due gol regolarissimi. Pensereste subito che quel giornale non sia affidabile.

Qualcosa di simile è accaduta in Francia. Se ci limitassimo all’osservazione del risultato, il dato sarebbe palese: la Le Pen ha più che dimezzato i suoi voti, cosa verissima e su cui nel prosieguo dell’articolo proveremo a tracciarne le cause. Il problema è che se si va oltre, si scoprono tantissime altre cose, nessuna delle quali conferma la narrazione che ascoltate puntualmente nei media mainstream.
In primis, un’elevata astensione, pari al 66%. Si è passati dai ventuno milioni di voti del 2015 ai quattordici di questa tornata elettorale. Un’enormità. Ma soprattutto, non esiste alcun “ritorno del centrodestra”. Questo sarebbe stato vero se la quantità totale di voti fosse stata uguale e dunque un travaso di voti tra un partito e l’altro avrebbe configurato un cambiamento di tendenze. Ma quando aumenta l’astensione, questo significa semplicemente che cresce il quantitativo di persone che non si fidano più della politica. Lo stato di salute di un partito non si guarda dalle percentuali ma dalla quantità di voti. E se è vero che questa analisi segna di fatto una brutta sconfitta del lepenismo, non si dice il lato B della faccenda: che gli altri partiti sono andati anche peggio.
I voti persi dalla Le Pen non sono andati ad altri partiti, anch’essi crollati. Sono finiti nell’astensionismo, confermando una tendenza che vede il sovranismo democratico sempre più in calo ovunque e un astensionismo in crescita di anno in anno. E il motivo è ovvio. Ormai gli elettori hanno capito benissimo che i movimenti che rappresentano la dissidenza più (Salvini, Le Pen) o meno (Movimento 5 Stelle, Syriza, Podemos) sovranistica, in realtà sono semplici contenitori di malcontento. Del resto, più volte, lo stesso Grillo ha detto che “se non ci fossimo noi, ci sarebbero le Brigate Rosse” e questa rappresenta forse la più illuminante delle subliminali confessioni del comico genovese. Il sovranismo e in generale il dissidentismo tribunizio seguono una prassi ormai consolidata, il cui bluff è ormai visibilissimo. In una prima fase promettono ferro e fuoco, i rispettivi leader si presentano all’elettorato scapigliati, con accenti dialettali e vestiari casual (“sono uno di voi”) in una seconda si istituzionalizza e comincia a blaterare di Europa che va cambiata dall’interno, nella terza, finale, venendo cooptato dal sistema (o con le minacce o con la promessa di ricchi premi), si imborghesisce tradendo il suo elettorato. E il consenso crolla.

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In Francia, paese da cui di solito nascono le avanguardie politiche, hanno capito il giochino e la Le Pen è stata severamente punita. Ma proprio per questo è ridicolo che i media mainstream parlino di tramonto del sovranismo. Sta morendo il sovranismo democratico ma non è nulla che non sia stato già ampiamente preventivato e da molto tempo, da tutti i commentatori di orbita sovranistica, me compreso. Sta invece sempre più fiorendo la convinzione che l’unica possibilità di uscita da questa situazione sia rivoluzionaria ed eversiva. Quel 66% di astensione, così vorticosamente cresciuto, va vista come un’enorme massa d’acqua che si affaccia minacciosa all’orizzonte, soprattutto se la tendenza dovesse venir confermata alle presidenziali francesi del prossimo anno.
Il più ridicolo, al riguardo, è un commentatore che da anni, ad ogni sconfitta, parla di onda sovranista che sta arretrando. Dimenticando che quando un’onda arretra, di solito dopo poco arriva una tsunami.

FRANCO MARINO

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