Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

IN DIFESA DEL DEMONIO, GABRIEL MATZNEFF, VITTIMA DELLA CANCEL CULTURE, APPENA TORNATO IN LIBRERIA, MA SOLO IN ITALIA (di Matteo Fais)

“Queste opere si trovano da lustri nelle librerie, nelle biblioteche; dalla loro pubblicazione hanno suscitato molti articoli e interviste, ispirato lavori universitari, sono regolarmente ristampate. È stupefacente che neoinquisitori fingano nel 2020 di scoprirle e affettino indignazione come se i peccati che io stesso confesso li avessi commessi ieri” (Gabriel Matzneff, Vanessavirus, Liberilibri).

Per fortuna, non ho un fucile mitragliatore, altrimenti lo userei contro i sostenitori della cancel culture e del nuovo femminismo. L’avrei imbracciato molto volentieri e adoperato già tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020, quando sotto casa di Gabriel Matzneff, uno scrittore francese, si radunò una torma di disadattati e sostenitrici del metoo (più pacificamente mi limitai a scrivere questo articolo: http://www.pangea.news/gabriel-matzneff-difesa-matteo-fais/). Tale ignobile manifestazione si svolse a seguito della pubblicazione di Le Consentement di Vanessa Springora (in italiano Il consenso, La nave di Teseo), una ex amante dello scrittore, ai tempi quattordicenne, una specie di sfigata stile Asia Argento, che – caso strano –, dopo più di trent’anni, improvvisamente, decise di rinnegare la sua passione per l’uomo che l’aveva sverginata e dichiararsi vittima di una “predatore”.

È partendo da tale assurda situazione, e rifiutandosi categoricamente di leggere il libro del suo grande amore, che il francese ha scritto Vanessavirus, uscito in Francia a gennaio, a mo’ di samizdat, in 200 copie e pubblicato in Italia dai sempre impavidi editori Liberilibri – nomen omen –, nella traduzione dell’encomiabile architrave del giornalismo italiano, Giuliano Ferrara.

Il nuovo libro di Gabriel Matzneff, Vanessavirus, uscito in Francia in 200 esemplari stampati a spese dell’autore e pubblicato in Italia dalla coraggiosissima casa editrice Liberilibri.

Matzneff, sul quale è stata aperta un’inchiesta, e a cui sono stati sottratti nel mentre tutti i manoscritti, epistole e computer, affida a questo breve pamphlet la sua difesa, al cospetto della Storia, dall’accusa di essere un pedofilo e un apologeta del turpe amore per i minorenni.

È d’obbligo precisare fin da subito che, se non in questo caso, in cui la ragazza era assolutamente in grado di dare in suo assenso al rapporto con un uomo allora cinquantenne, probabilmente molte altre volte l’autore ha compiuto atti amorosi legalmente perseguibili. Ne ha parlato lui stesso in I minori di sedici anni (ES edizioni), l’unico suo testo precedentemente tradotto in italia. Pertanto, quanto segue non è una difesa dell’uomo, ma dello scrittore.

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In effetti, Matzneff potrebbe ben dichiararsi, se non innocente, quantomeno mal accompagnato nel suo essere il capobanda di un gruppo di disonesti che per anni ne ha appoggiato l’operato, per poi opportunisticamente prenderne le distanze al momento giusto. Gallimard, il suo editore, ha fatto ritirare i testi dal commercio temporaneamente, dopo aver per anni sostenuto la parte del difensore senza macchia né paura della libertà. Il capitano ha il dovere morale di affondare con la sua nave, se questa sta colando a picco.

E tutti quelli che oggi fanno finta di non conoscerlo, magari dopo averne lodato il lavoro per decenni, dovrebbero vergognarsi. L’autore ha sempre pubblicamente difeso le sue passioni in pensieri televisivamente espressi ed opere letterarie. L’indignazione quasi postuma per un uomo di 84 anni, con un cancro, è ormai ridicola. Anche perché, se è pur vero che in illo tempore propose l’abbassamento dell’età del consenso, è altresì vero che lo fece con il sostegno di intellettuali di spicco, da Sartre a De Beauvoir, ma solo lui finisce oggi sotto accusa. Eppure, come ricorda lo stesso, “Giudicare i costumi slabbrati dell’epoca successiva al Sessantotto alla luce del puritanesimo amerlocco che di recente si è impadronito della Francia, dell’intero pianeta, è di una disonestà impudente”. E ha ragione: dopo aver tanto invocato la liberazione, è assurdo ergersi a nuovi custodi della morale, quando si è finalmente ottenuto ciò che si desiderava.

Ma quel che commuove, leggendo il testo, è notare che a Matzneff non importi veramente di finire sul banco degli imputati, quanto essere stato tradito e rinnegato dalla sua amante: “essere trasformato dai miei compatrioti in M il Maledetto non era che un’irrilevante bagatella in confronto con la sola vera, inguaribile sofferenza: il rinnegamento di Vanessa, il pugnale che trentaquattro anni dopo questa donna di cui fui, nella sua adolescenza, il primo amore, che visse con me il parossismo della passione, mi conficcò nel cuore”.

Egli ha ragione nell’invitare, adesso, tutti quanti ,e in particolare chi lo critica, a rileggere i libri in cui ha descritto quella passione, notando l’assoluta consonanza delle pagine con le lettere che, sempre in quel periodo, gli scrisse la Springora. Ciò dovrebbe portare a riflettere sul valore di tutte queste accuse femminili ex post. Si può sempre cambiare idea, col tempo, rispetto a un amore, ma quel che conta è solo come lo si è vissuto nel momento. Insomma, si è violentate se costrette, ma non ci si può scoprire tali dopo qualche decennio.

Matzneff, che ben conosce l’animo femminile, infatti, ci mette in guardia rispetto alla percezione umorale e mutevole che la donna ha dell’amore: “Le donne vivono nella durata, sono protese verso l’avvenire. L’uomo vive nel presente (e anche nel passato).  È  una  delle  ragioni  cardinali  (ma  ce  ne  sono altre, e molte) del malinteso tra i sessi. […] Una donna che smette di amare un uomo smette davvero di amarlo. Lei ‘volta pagina’, come si dice. Se leggesse sul giornale che quest’uomo è stato mandato in prigione  o  che  è  gravemente  malato  o  che  si  è  ucciso  in un incidente stradale, non ne sarebbe sconvolta e nemmeno commossa […] Il distacco è per le femmine comparabile alla confessione per i cristiani: con il sacramento della penitenza “il passato è distrutto” […] Talvolta, nelle mie ore di nostalgia, invidio questo straordinario potere di piallare, di negare, di cancellare il passato che hanno le donne”.

E, infatti, è ridicolo che una ragazza parigina dell’alta borghesia, a quattordici anni, cioè in un’età in cui ha visto più cazzi che libri di testo, non sia in grado di fare le sue scelte e arrivi a tanto per distruggere un uomo, un uomo da cui, peraltro, ha immensamente appreso : “L’amore ha molteplici nomi. Uno di questi è la trasmissione, e se ci fosse un’oncia di buonafede in chi s’indigna per la coppia che eravamo, riconoscerebbe che il ‘criminale’, che non era un bruto ignaro, avrà all’occasione arricchito lo spirito della sua giovane amante, nutrito il suo risveglio al buono e al bello”. Data la manifesta cultura dell’autore, non sembra ci siano motivi per dubitarne. Non si capisce, tra parentesi, cosa vi sia di male nel modello simil greco per cui una ragazza ripaga con la sua giovinezza l’insegnamento impartitole dal maestro. Sempre meglio che farsi deflorare da un menomato mentale il cui unico orizzonte mentale sono il calcio e i videogame.

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Naturalmente, comunque, in tanti ex compagni di scorribande, molti, troppi, l’hanno rinnegato. L’ipocrisia predomina e Matzneff sa bene che il vero problema non sono tanto i nemici manifesti, ma gli amici silenziosi che ai primi permettono di dominare con i loro toni urlati: “Ora, non è di testimonianze confidenziali che, in circostanze tanto disperate, un uomo ha bisogno, ma di amici che prendano apertamente le sue difese, la penna battagliera e la parola fiera. Dei tiepidi, dei prudenti che hanno paura di compromettersi, non sa che farsene”.

Veramente, una simile persecuzione, di cui qui da noi si è saputo poco o niente, è degna dell’affaire Dreyfus e ancora più intollerabile in un Paese che ha accolto l’esule Polanski e i terroristi italiani in fuga. Chiunque abbia a cuore la libertà dovrebbe comprare il libro di Matzneff e custodirlo gelosamente, nella consapevolezza che un giorno, se la cancel culture dovesse trionfare, spetterà a noi amanti della parola senza vincoli di salvaguardare la cultura nella speranza di un mondo in cui si abbia ancora il diritto di scandalizzare in prosa.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.

4 commenti su “IN DIFESA DEL DEMONIO, GABRIEL MATZNEFF, VITTIMA DELLA CANCEL CULTURE, APPENA TORNATO IN LIBRERIA, MA SOLO IN ITALIA (di Matteo Fais)

  1. 50 anni versus 14 anni. Si è detto tutto.
    Tra l’altro, da quanto ho letto, questo stesso personaggio si proclama pedofilo, non disdegnandone l’appellativo.
    Che sia una grande mente è fuor di dubbio.
    Che sia un grande scrittore pure.
    Ma i suoi pregi si esauriscono in questo ambito.

  2. Analisi perfetta, bravo Matteo Fais. E le donne dovrebbero smetterla di essere ipocrite. Se non ci vuoi stare con un uomo dici di no punto. Non svegliarsi dopo più di 30 anni. Vedi appunto Asia Argento.

  3. Disamina straordinaria. Fa paura il bigottismo universale in cui siamo immersi, onnipresente e persecutorio come una nuova inquisizione, ma che della vecchia non ha né la cultura né il senso estetico. Uomini come Maztneff, di cui pure non sapevo nulla fino ad ora, messi all’indice a tempo abbondantemente scaduto da donnette in cerca di notorietà, meritano difese come questa a prescindere da altre colpe. Altrimenti la cultura dello sciacallaggio femminista in cui siamo immersi renderà la vita impossibile anche in situazioni ben più comuni di quella qui descritta.

  4. C’è un articolo davvero esemplare sul “caso” Matzneff, su Vanity Fair (pubblicazione che usurpa in modo davvero sfacciato l’immortale capolavoro di ironia di Thackeray). Nell’articolo (di cui non riporto il link, ma lo si trova come primo risultato della ricerca “Vanessa Springora”), un concentrato di banalità PC e di moralismo un tanto al chilo, si vede subito come mettere in cattiva luce chi si è deciso essere il Nemico. Intanto Matzneff è definito “francese di origine russa”, tanto da Lenin in poi i russi sono tutti cattivi, e chissenefrega se Matzneff è nato in Francia, e non è mica fuggito dalla presa del Palazzo d’Inverno all’epoca dei bolscevichi, come semmai hanno fatto i nonni. Un particolare illuminante se si considera che la Springora, un cognome non certo originario del 16° Arrondissement, non è mai fatta oggetto di specifiche etnico-nazionali: lei è solo la “scrittrice francese”. Poi c’è lo spazio totale ed acritico dato alle affermazioni di quella che viene definita scrittrice ma nessuno ha mai sentito nominare, soprattutto fra i lettori di VF: una patetica carrellata di lagne sugli “incubi” e la “depressione” che la donna avrebbe sofferto dopo averla data volontariamente, e senza l’ombra di violenza o costrizione, e che chiunque con un cervello si chiederebbe allora da dove avrebbero avuto origine. Uno ha gli incubi se gli succede qualcosa di brutto, ma se all’epoca della scopata lei stessa non l’ha vista così, come e quando ha cambiato idea? E ha senso cambiare idea dopo decenni? Non è che qualche mia amante con cui andavo a letto nel 2005 o nel 2012 adesso ci ripensa e mi denuncia per stupro, anche se all’epoca era lei che mi levava le mutande coi denti? Tutti interrogativi leciti, ma che non paiono tali all’autore dell’articolo (una donna, detto en passant), la quale infatti non se ne pone nessuno. Nè si preoccupa di presentare il punto di vista dell’accusato, il cui ritratto dato dalla Springora, quello di un “orco”, viene dato come una verità di fatto, senza alcuna pezza d’appoggio se non le sue stesse affermazioni di sesso con minorenni non suffragate da fatti. Anzi, le ere geologiche passate fra il “delitto” e la “denuncia” vengono usate per dar lustro alla seconda, che è definita “il metoo della cultura” senza che la coincidenza fra la campagna stampa contro Weinstein e la scrittura del libro della Springora faccia sospettare l’esistenza di secondi fini commerciali… Basta tanto per evidenziare le procedure indiziarie e persecutorie con le quali il Pensiero Unico si muove per imporre l’agenda femminista (allo stesso modo di quella gay, immigrazionista e transgender). E sarebbe interessante mettere in luce come siano le stesse viste all’epoca dei Processi di Mosca, da parte di quei comunisti brutti e cattivi che questi/e sicari da salotto bene imitano in modo paurosamente fedele.

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