Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

L’EDITORIALE – CONTRO LA CENSURA SOCIAL POSSIAMO FARCELA – IL CASO DELL’AVVOCATO BOLOGNESE (di Matteo Fais)

“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. (Art. 21 della Costituzione Italiana)

Giustizia è fatta, o almeno si sta facendo. Il colosso zuckerberghiano va incontro, con sempre maggiore frequenza, a grane giudiziarie – ed era ora, cazzo. Non se ne può più di un simile moloch informatico che fa il bello e il cattivo tempo come preferisce, che banna e boicotta privati cittadini e associazioni solo perché le loro idee non sono in linea con le sue.

Facebook è una piattaforma privata, questo è vero, ma non si conosce paese al mondo dove un privato non si debba attenere alla legge dello Stato in cui opera. Non è che, se in Italia dovesse arrivare un’impresa cinese, per lei non varrebbero le nostre regole o se le potrebbe inventare di sana pianta. Entro le sue mura non potrebbe essere comunque permessa la schiavitù o la violenza sessuale sui bambini, non scherziamo.

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Qui in Italia esiste una Costituzione che garantisce la libertà di espressione a ognuno di noi. Punto! Non deve essere permesso a nessuno di sovvertire questa regola. Naturalmente, fatto salvo che non si dia corso a delazioni, calunnie, o inviti alla violenza.

Ciò sa bene un avvocato di Bologna, tale Vincenzo De Gaetano, il quale, essendosi improvvisamente trovato con il profilo cancellato, ha scritto al social per sapere che cosa fosse successo. Gli hanno risposto con la generica formula che “il suo account non rispetta gli standard della community”. La risposta è stata forte e netta: “ci vedremo in tribunale”.

Ecco, questo è il punto fondamentale, la strada che consiglio di seguire a tutti voi lettori. Non accettate una simile infamia e denunciate senza pietà. Facebook – ma ciò vale per qualsiasi piattaforma – deve comprendere che non può silenziare le opinioni. Chi glielo permette è corresponsabile di un atto gravissimo a livello sociale, come tutti coloro che sotto le dittature del ’900 hanno piegato il capo. Dovete dire basta a questa violenza.

E non parlo certo dalla posizione di chi non vuole sporcarsi le mani. Io per primo sono stato una vittima del noto network e la sua mannaia è calata sul sottoscritto in modo molto simile al Dott. De Gaetano. Anche io non ho perso tempo e con l’aiuto dell’avvocato Emanuele Fusi ho immediatamente fatto ricorso. La causa non è ancora terminata, ma è stato Facebook stesso, dopo sei mesi, a riattivare il mio profilo, ammettendo così palesemente di aver compiuto un atto del tutto arbitrario.

Ha ragione il giudice di Bologna che, nell’ordinanza del 10 marzo scorso, ha scritto “Facebook non è solo una occasione ludica, di intrattenimento, ma anche un luogo, seppure virtuale, di proiezione della propria identità, di intessitura di rapporti personali, di espressione e comunicazione del proprio pensiero”. Per dirla ancora meglio, parafrasando il film Perfetti sconosciuti, quando parlano di smathphone, Facebook è la nostra scatola nera. Ci sono foto, ricordi, pensieri, link utili, numeri di telefono, insomma molto di ciò che oggi come oggi è assolutamente necessario per esistere in società. Oserei dire che Facebook è oramai, date le dimensioni che ha assunto, un diritto fondamentale di ognuno di noi.

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Pertanto, se anche voi avete subito un violazione del vostro diritto alla libertà d’espressione, non esitate a contattare l’avvocato. Se non avete nessuno di fiducia, scrivete all’eccellente Emanuele Fusi (emanuele_fusi@yahoo.it). Vi basterà, poi, procurarvi un domiciliatario nella vostra città che vi farà da passa carte col foro competente.

La libertà, cari amici, non è uno scherzo e va difesa con le unghie e con i denti, costi quello che costi. Ricordate: se oggi cedete, se lasciate correre e vi limitate a creare un nuovo profilo sotto falso nome, loro l’avranno vinta. Non dovete permettere che vi cancellino. La vostra individualità non deve finire dove decidono loro, altrimenti sarete voi stessi ad aprire le porte al Grande Fratello.

Matteo Fais

Canale Telegram di Matteo Fais: https://t.me/matteofais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Da ottobre, è nelle librerie il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.

4 commenti su “L’EDITORIALE – CONTRO LA CENSURA SOCIAL POSSIAMO FARCELA – IL CASO DELL’AVVOCATO BOLOGNESE (di Matteo Fais)

  1. Grazie di essere così preparato e determinato . Io non sono certo preparata , ma non pecco di determinazione e confido in persone come te ! Grazie ancora.

  2. Sai non capisco perché dobbiamo dare a Facebook parte della nostra vita, bisognerebbe evitarlo proprio e non dargli nulla da mangiare. Tenere il profilo aperto, ma senza alimentarlo con nulla. Sarebbe una disfatta, per Facebook.

  3. Per anni ho tenuto aperto un profilo blindato, poi aperto, ma con nessun dato personale. Ci ho espresso ovviamente tutto ciò che pensavo, e i miei amici sapevano comunque chi ero, e la Postale pure, ma non avendo mai violato la legge non è da loro che ho avuto i maggiori fastidi. Ho subito la loro immonda censura per anni, i tagli, le sospensioni e persino la cancellazione di un profilo. Alla fine ho staccato io la spina, perché dopo la disattivazione del profilo di Donald Trump era chiaro che questa piattaforma è strumento ideologico con cui l’elite globalista porta avanti la sua battaglia distruttiva contro le società, o almeno le parti ancora vive e tradizionali di queste. Ho disattivato il mio profilo, e, nonostante l’iniziale smarrimento, ora vivo comunque come prima, nè meglio nè peggio, e non lo riaprirei. Mi perdo qualcosa, lo so, ma non è dopotutto l’essenziale.

  4. Libertà è non usare la roba di Fuckerberg, non pagare un avvocato per il “diritto” di usarla.

    L’avvocato già servirebbe per far rispettare i propri diritti costituzionali sospesi da oltre un anno, altro che.

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