Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

NON AVETE PAURA DEL COVID, MA DELLA MORTE (di Matteo Fais)

“Tu non sei il tuo lavoro, non sei la quantità di soldi che hai in banca, non sei la macchina che guidi, né il contenuto del tuo portafogli, non sei i tuoi vestiti di marca, sei la canticchiante e danzante merda del mondo!”.

Fight Club

Perché non dite la verità? Non avete paura del Covid-19 – o di un qualsiasi altro virus indicato da un diverso numeretto –, voi temete unicamente di morire. Ma che dico “temete”, ve la state proprio facendo sotto. Piccoli, impauriti come minuscoli ratti, razzolate per la vita a passi brevi, composti, senza alcuno slancio, o meglio, per dirla con il Tayler Durden di Fight Club, come la “canticchiante e danzante merda del mondo”. Sì, “canticchiante”! Perché, in fin dei conti, voi ripetete come un disco rotto il pensiero dominante propagandato dai mass media, quello che il filosofo tedesco Martin Heidegger avrebbe definito “la chiacchiera”, il “si dice”. Siete proprio malati di “sentito dire” e “opinioni competenti”.

Fate tutto ciò, vi sottomettete alla dittatura sanitaria, perché pavidi e spaventati. Andate ai concerti di Vasco Rossi, a cantare Vita Spericolata, solo per poter chiudere gli occhi un secondo e sognare anche voi – un puntino in mezzo alla folla – di poter avere una vita che vada oltre la miseria di un lavoretto alle Poste, di un impiego statale che vi garantisca la pensioncina, la modesta vita di un mediocre ingranaggio della burocrazia. 

Voi siete nati morti. I vostri occhi perennemente sgranati dal terrore e le vostre mani tremabonde tradiscono la paura dei senza coglioni. Sono sicuro che non sapete neppure amare – in effetti, che infima fine ha fatto l’amore in questo nostro tempo. Non si può amare, se si ha paura di morire. Non si può amare una donna, o un uomo. Non si può amare la vita stessa. La si può solo prolungare per inerzia e paura del dopo. 

Il regime sanitario da lockdown è ciò che ci vuole per voi. Potete così sperare – adeguandovi prontamente – di salvare la pellaccia, di rubacchiare, da piccoli ladruncoli quali siete, un altro giorno alla sorte e così rimandare il momento della resa dei conti. È questo che vi fa paura ed è per questo che vorreste campare fino a cent’anni. Sapete benissimo che alla fine, tirate le somme, dovrete prendere coscienza di esser stati, su questa terra, non solo passeggeri come tutti, ma proprio insulsi, insignificanti compilatori di stampati e documenti senza senso. Ne siete consapevoli e non lo sopportate. Vi cedono le gambe al solo pensiero. Non avete avuto un’idea che una, un grande sentimento, una pensata geniale, un motto di ribellione. Ligi al dovere e al potere, avete fatto il vostro senza passione. 

Alcuni di voi saranno trent’anni che portano avanti questa inutile farsa presso un qualunque ente o ufficio statale-parastatale. Mai una gioia, come si suol dire, solo lo stipendietto da contare e ricontare – ma ci vuole poco – e i soldi da mettere da parte se dovesse capitare qualcosa. 

Superata la miseria materiale, resta quella della vita. Per gente come voi il lockdown è una manna dal cielo. Tanto che cazzo ve ne frega di vivere?! Non avete una vita. E poi alzarsi, andare a fare quel lavoro di merda. Preferireste tutto sommato stare nella prigione casalinga, almeno lì non dovreste neppure far finta di lavorare, finalmente liberi di essere parassiti a stipendio fisso, con la grande gioia di non dover neppure curare l’igiene personale e poter stare stravaccati a mangiare schifezze guardando la televisione, ancora sognando un’esistenza che per voi non sarà mai.

Gioite, han chiuso le discoteche. Vivere – non che la discoteca sia vita, per carità – non ha mai fatto per voi e sotto sotto godete che la possibilità venga negata anche agli altri

Gioite, una nuova chiusura si avvicina. Vi serviva un’altra scusa per non scendere in campo, per non partecipare, per non arrischiarvi oltre la porta dell’ufficio. Ma, del resto cosa potevamo aspettarci da voi, dalla “canticchiante e danzante merda del mondo”.

Matteo Fais 

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