Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

L’EDITORIALE – COM’È POSSIBILE CHE CI SIANO IN GIRO INTELLETTUALI DEL CAVOLO COME BERNARD HENRI-LÉVY? (di Matteo Fais)

Sfatiamo un mito: la Filosofia è importantissima e anche utilissima. Infatti, non ho mai creduto al noto adagio popolare secondo cui “è quella cosa con la quale o senza la quale tutto rimane tale e quale”. Ciò è vero solo quando essa resta un gioco di prestigio intellettuale confinato nell’accademia, tra imbolsiti signori dal fiero sussiego e i modi leziosi. L’Università – nel settore umanistico – è, infatti, nel grosso dei casi, per dirla con il professore protagonista di Sottomissione di Houellebecq, un sistema che si autoalimenta per restare vivo. E, di solito, quando un accademico arriva a comprendere qualcosa di importante su una serie di avvenimenti, questi sono già belli che finiti da secoli. Vale, allora, quanto sostenuto da Hegel: “Per dire ancora una parola a proposito del dare insegnamenti su come dev’essere il mondo, ebbene, per tali insegnamenti in ogni caso la filosofia giunge sempre troppo tardi. In quanto pensiero del mondo essa appare soltanto dopo che la realtà ha compiuto il suo processo di formazione e s’è bell’e assestata […] La nottola di Minerva inizia il suo volo soltanto sul far del crepuscolo”.

Naturalmente, questa è la filosofia borghese, quella per persone ben pasciute che devono solo trovarsi un modo “alto” di trascorrere le giornate. Già Marx aveva capito che la vita non si vive a bocce ferme, ma è materia scottante, unica. Non si ha molto tempo per pensare, mentre si è su questa terra, e in quel breve lasso di tempo bisogna incidere quanto più possibile sul reale per migliorarlo. Nelle sue mirabili parole: “I filosofi si sono limitati a interpretare in modi diversi il mondo; si tratta ora di trasformarlo”.

Tutto ciò sarebbe sicuramente motivo di rivalutazione della materia se non ci fossero in giro, grazie ai social e a tutti i mass media, personaggi prezzolati come Bernard-Henri Lévy, che tutti quanti abbiamo visto l’altro giorno a Quarta Repubblica, da Porro, in uno scontro con Matteo Salvini. Il vecchio studioso di Sartre è la più inqualificabile forma di bassezza intellettuale a cui la Sinistra mondialista abbia dato vita. Senza alcuna vergogna, egli afferma, al cospetto del nostro ex Ministro basito da tanta idiozia, che “Se troviamo la cura al virus è grazie agli immigrati che arrivano”. Che cazzo voglia dire una simile stronzata lo sa solo l’animaccia sua. Ciò non di meno, la cazzata è palese, ma un simile rigurgito di disonestà non avrebbe paura di asserire persino che gli asini volano, se ciò potesse tornare utile alla causa dei potenti che lo tengono a libro paga. Il fatto è che la Sinistra ha creato un sistema mafioso grazie al quale chiunque, artisti e pseudo intellettuali, in cambio di prebende varie, sarà disposto a farsi tedoforo delle sue istanze. È così che quella parte politica ha selezionato una serie di soggetti dall’aria affascinante, mediaticamente vincenti e dotati di un qualche titolo che dia loro autorità, per darsi un credito intellettuale. Ecco che, pertanto, la casalinga abituata a pendere dalle labbra del “competente” di turno dirà a sé stessa “Deve essere proprio così. Del resto, l’ha detto il professore in tv”. E, attenzione, la strategia, al fine di imporre la propria visione, è tutt’altro che stupida. Sta di fatto che è grazie a loro se dobbiamo sorbirci supercazzole di questa natura e se arriviamo a convincerci che il pensiero filosofico sia una sequela di puttanate sparate da un vecchio ex capellone rimbambito. 

Insomma, la filosofia è, come tutte le alte attività umane, potenzialmente fondamentale per il mondo, ma quando un filosofo vede gli sghèi, come tutte le mignotte, fa in fretta a calarsi le mutande e urlare “Oh, sì, tesoro, sono la tua porca”.

Matteo Fais 

2 commenti su “L’EDITORIALE – COM’È POSSIBILE CHE CI SIANO IN GIRO INTELLETTUALI DEL CAVOLO COME BERNARD HENRI-LÉVY? (di Matteo Fais)

  1. Un’altra salvinata
    di Tommaso Merlo

    Il convegno negazionista sul coronavirus ha ribadito una certezza, con Salvini premier in Italia sarebbe finita davvero male. Al convegno hanno partecipato statisti e scienziati di fama internazionale tra cui Sgarbi, Siri e pure Bocelli. Davvero un panel di altissimo livello. Secondo gli illustri ospiti il virus è scomparso e loro non vogliono più indossare la mascherina perché gli dà fastidio. Quanto al lockdown fanno ancora i capricci talmente gli è rimasto sul gozzo. Tra i luminari presenti spicca Salvini ovviamente senza mascherina. La tesi dello statista padano è davvero arguta. “Il saluto col gomito è la fine della specie umana”. Sarebbe cioè la prevenzione ad essere letale. Anche sullo stato di emergenza Salvini non ha dubbi. La proroga la vuole solo quel liberticida di Conte per continuare a giocare al piccolo tiranno. Un convegno da film dell’orrore ma politicamente utile a ricordarci il pericolo scampato. Con Salvini premier avremmo fatto la fine degli Stati Uniti o del Brasile. Paesi in cui il coronavirus ha potuto scorrazzare liberamente causando una strage epocale di cui ancora non s’intravede la fine. Da quella parte dell’oceano avevano più tempo ed informazioni per reagire alla pandemia, ma sono finiti vittime del sovranismo. Con ducetti di cartone incapaci di abdicare alla scienza, incapaci di seguire l’esempio di altre nazioni, incapaci di smetterla di far propaganda e trastullarsi col proprio ego. Ma il sovranismo è culturalmente questo. Menefreghismo e arroganza che diventano coraggio. Provocazione e prepotenza che diventano forza. Egoismo che diventa un valore. Con l’arma della propaganda sempre puntata contro nemici creati per ogni occasione. Un assetto ottimo per lucrare sugli istinti peggiori e vincere le elezioni, un disastro per governare soprattutto crisi come quelle sanitarie che richiedono umiltà, prudenza, senso di responsabilità, cooperazione. La pandemia sta stroncando la carriera politica di Trump e Bolsonaro mentre Salvini è ammaccato ma ancora in pista perché fortunatamente per tutti era all’opposizione. Strada facendo Salvini ha perso però una marea di voti perché anche lui ha affrontato la pandemia in modo incosciente. Negando, minimizzando, lucrando. Eppure insiste. Imperterrito. Il solito dilemma di renziana memoria. O Salvini non vuole cambiare marcia per arroganza e cioè non vuole ammettere i propri errori e correggerli per non darla vinta a chissà chi. Oppure Salvini non riesce a cambiare marcia per il semplice fatto che un’altra marcia non ce l’ha. E cioè Salvini è quella roba lì ed è inutile aspettarsi altro. Dilemma complesso, di sicuro da quando la sua bolla si sta sgonfiando Salvini ha perso lucidità e sta piantando più salvinate del solito. Ma se sta precipitando è anche perché è cambiato il vento. I cittadini hanno avuto tempo e modo di conoscerlo meglio come uomo e come politico e di riflettere sul modello e sulle idee che propone. La pandemia ha certamente dato una mano a fare chiarezza come del resto i disastri compiuti dai suoi colleghi sovranisti in giro per il mondo. Quanto al prestigioso convegno negazionista è solo l’ultima salvinata che ci ricorda il pericolo scampato.

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