Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

UN GIOVANE SU DUE NON CAPISCE CIÒ CHE LEGGE PERCHÉ A SCUOLA SI INSEGNA SOLO A OBBEDIRE, IN PURO STILE SOVIETICO (di Matteo Fais)

“Presto vieni qui, ma su non fare così/ Ma non li vedi quanti altri bambini?/ Che sono tutti come te/ Che stanno in fila per tre/ Che sono bravi e che non piangono mai/ È il primo giorno però domani ti abituerai/ E ti sembrerà una cosa normale/ Fare la fila per tre, risponder sempre di sì/ E comportarti da persona civile” (Edoardo Bennato, In fila per tre)

E vi pare strano? Un quindicenne su due non capisce ciò che legge. Per la precisione, sa leggere, nel senso che distingue le parole, ma non riesce a comprendere il senso generale del discorso – i particolari, lo stile e le implicazioni, lasciamo perdere. Invero, sarebbe incredibile il contrario, dato il sistema scolastico vigente.

Suvvia, non raccontiamoci balle, a scuola tutto si insegna fuorché a comprendere e a ragionare in autonomia. Provate, tanto per fare un esempio, a rammentare le lezioni di Letteratura Italiana e arguirete immediatamente perché il Paese versi in una certa condizione, come si è visto durante la pandemia tra paradossi come “io credo nella scienza” e “ma lo dice il CTS”.

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C’è un volume, voce unica e Vangelo a cui rivolgere la propria attenzione, come il fedele si appoggia alle parole contenute nel Testo Sacro. Il manuale rappresenta, nella concretezza massiccia e spessa dei tomi, l’autorità del Sistema che l’ha dato alle stampe e l’ha considerato come valido strumento per l’insegnamento.

Secondo un percorso burocraticamente stabilito e senza scampo, vi vengono somministrati, a mo’ di integratori alimentari in pillole, autori su autori. Vi si dice che furono grandi per aver scritto questa e quell’altra opera. Di rado, una vi viene fatta leggere. Se ciò accade, spesso è perché accompagnata da un apparato critico che orienta il percorso di assimilazione. Siete nelle mani delle note a piè di pagina che sono poco più di una patetica versione in prosa che sterilizza tutta la forza lirica e la bellezza del testo.

Insomma, c’è sempre qualcuno che pensa per voi, che vi dice cosa è stato grandioso e cosa infimo nella storia delle italiche lettere. Voi mandate a memoria – possibilmente per il minor tempo possibile, così da lasciar subito spazio ad altro – e poi sciorinate la pappardella durante l’interrogazione. Basta essere ligi a quanto scritto da qualcuno che neppure sapete chi sia, a quel che ha detto in aggiunta il vostro docente, ed è fatta: il buon voto è preso, i genitori sono contenti, “il ragazzo studia, si applica con profitto”.

Ma non diciamo cazzate! Siete poco più che dei fotocopiatori viventi, dei file mp3 che partono e fanno suonare i brani codificati. State solo ripetendo ciò che vi è stato detto senza dimostrare una qualsivoglia forma di capacità critica. Se il docente vi dovesse mettere in testa che Dante e Pirandello sono due escrementi sul piano letterario, voi lo ribadireste con stolta convinzione.

La scuola è poco più di un catechismo rafforzato e meglio strutturato. Voi assimilate, in modo più o meno esplicito, che c’è un’autorità, la quale ha detto una certa cosa, e così è, punto, come fosse scritto sulla pietra o in cielo. Prima di una certa età, sempre che accada e solo se sarete voi ad aver sviluppato una certa curiosità, scoprirete che quasi mai il manuale è scritto con la presunta neutralità che si pensa, ma non di rado porta su di sé il peso dell’ideologia politica che impregna il critico – ai lettori più grandetti faccio un solo nome, il famoso “Salinari-Ricci”, e ho detto tutto.

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Certo, quindi, che i ragazzi non sono in grado di capire una sega, quando si confrontano con un testo. Li nutriamo con omogeneizzati per l’intelletto, mastichiamo per loro il bolo alimentare e glielo sputiamo in bocca. Provate a prendere un testo dei più noti della Letteratura Italiana e a chiedere a un quindicenne “Secondo te, cosa c’è di realmente grandioso qui?”. Potete scommetterci i coglioni che il 95% inizierà a boccheggiare e a muoversi in modo convulso come un pesce rosso fuori dalla sua boccia. Ma volete la prova del nove: domandategli qual è l’ultima serie televisiva che ha visto e per quali motivi gli sia piaciuta o meno, o perché la consiglierebbe o sconsiglierebbe. Silenzio e sgomento.

Il risultato di tutto ciò è che di lì a breve si troveranno a prestare fede a una qualsiasi maschera – o mascherina, fate voi – a cui l’autorità, di cui la scuola è diretta emanazione, abbia riconosciuto un qualche credito, da Draghi al Ministro Speranza. Del resto, a ciò l’hanno preparato entro quella struttura sorda e grigia che è l’edificio dove, per 5 anni, dovrà scontare la sua pena quotidiana.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.

3 commenti su “UN GIOVANE SU DUE NON CAPISCE CIÒ CHE LEGGE PERCHÉ A SCUOLA SI INSEGNA SOLO A OBBEDIRE, IN PURO STILE SOVIETICO (di Matteo Fais)

  1. Capiscono quello che devono capire. Io per esempio non ci capisco più niente delle regole su mascherine e green pass, mi sono perso parecchi mesi fa, eppure sono laureato e leggo molto.
    I giovani invece sembrano capirle benissimo.
    Ripeto, capiscono quello che devono capire.

  2. Quando si parla di scuola, dei soggetti che vi agiscono, di fa, sa fare, non fa, non sa fare, cosa, allora arriva puntuale la generalizzazione. Chi lancia il suo allarme disperato: i giovani sono tutti maleducati, di chi è la colpa? Chi manda il grido allarmato: metà degli studenti non capisce ciò che legge, di chi è la colpa?
    Trascurando il fastidio che mi procura il ricorso a tali insopportabili generalizzazioni con conseguente alluvionale pioggia di ridicoli luoghi comuni, mi pongo due quesiti. Perché gli intelletti che si spendono in tali analisi non superano la fase istruttoria volta a smascherare il colpevole dei diversi misfatti (la maleducazione dei giovani, la loro ignoranza et cetera) e non ci rivelano qualche loro idea? Il “di chi è la colpa?” serve a poco).
    Secondo quesito. Ma davvero c’è chi crede di poter liquidare i problemi della scuola così come ho appena letto du Il detonatore. Ignoro chi sia l’autore di quello scritto, ma lo prego di credere che a scuola ci sono professori che non fanno alcun uso degli apparati pseudo didattici, che non scelgono gli autori e le opere come se il tempo si fosse fermato non più tardi di un secolo, et cetera. Ci sono professori che il loro libro di testo lo hanno costruito da sé: scelti gli autori e i testi in piena libertà e competenza: c’è anche chi legge e si documenta, chi fa ricerca, chi ascolta, tra i professori. Che respingono con competenza il ricorso agli apparati, e nelle loro classi si leggono le opere, non le antologie e i manuali. Quelli non ci entrano neppure nelle loro classi. Mi creda, lei che ha scritto sui giovani che non capiscono ciò che leggono, lei che ha sparato a zero sui professori tutti. Lo so per certo: una di quelli sono io.

  3. Articolo eccellente. Veramente bellissimo… Suscita diverse riflessioni… L’ultimo concorso farsa non è che un prolungamento di questo sistema pseudo orwelliano in cui lo stato vuole gestire la vita dei cittadini dalla culla alla bara.

    Però ognuno di noi… Nonostante tutto… Nasce libero. C’è sempre uno Spirito Divino che dall’alba dei tempi preserva poche menti elette e le custodisce e mostra loro la verità. Non è un caso che figure come Socrate o Gesù Cristo furono oataggiate pesantemente dalle “scuolette” e dai “professori e dottori della legge” dei loro tempi. Eppure le loro parole sono sopravvissute fino ad oggi.

    Non solo non potranno mai vincere… Ma hanno già perso. Perché sono circondati da perdenti senza testa.

    Meglio soli ma liberi che circondati da masse di schiavi inconsapevoli.

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