Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

GUARDA COME RISPETTANO I MORTI: GODENDO PER IL RISPARMIO SULLE PENSIONI (di Matteo Fais)

Ce lo siamo sentiti dire tante volte: “Non avete rispetto per i morti”, “Ah, quindi, secondo voi, le bare portate via dai carri militari, a Bergamo, erano una farsa?”. Quando fai presente che la mortalità di questo virus è in realtà infinitesimale – e lo è, non si tratta mica della peste – saltano sulla sedia, gridano all’oltraggio morale, alla rovina dell’etica, alla mancanza di senso civico.

Poi, proprio ieri, il “Corriere della SERVA” e gli altri giornali – “Repubblica”, per Dio, “Repubblica” – titolavano entusiasti “Pensioni, con morti per il Covid risparmi Inps per 1,1 miliardi”. Insomma, l’ente previdenziale respira. Un  po’ di vecchi stronzi, come emerge dal nono Rapporto di Itinerari previdenziali – “Il 96,3% dell’eccesso di mortalità registrato nel 2020 ha riguardato persone con età uguale o superiore a 65 anni, per la quasi totalità pensionate” – si è levato dal cazzo.

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Ma i cattivi siamo noi, non loro che sono più realisti del Re e di Karl Marx messi insieme – tutto è fondato sull’economia. 1,11 miliardi restano in saccoccia – meglio in tasca mia che sua, dice la saggezza popolare. “Tristemente prodotto”, scrivono loro. Li trovate molto mesti, voi? Non sembra. L’economia della malattia va a pieno regime. L’igienizzante si vende come il pane. Le fabbriche, tra cui la FIAT, sono state convertite a produttori h24 di mascherine. Negli ospedali, i medici decimati, tra morti, positivi e sospesi, sono finalmente costretti a lavorare senza tregua, quindi a garantire la massima produttività – il lavoratore che non si ferma mai è il sogno della società basata sull’economia, quello che si prende un caffè il suo incubo.

A voler essere complottisti, pare che la tachipirina e la vigile attesa siano davvero la panacea di tutti i mali. Ogni volta che uno soffoca sul letto di morte, all’INPS si fanno una sega sul cadavere, quei necrofili pervertiti. Del resto, più soldi ci sono nelle casse dello Stato, e nei suoi enti-diramazioni, e più si può saccheggiare. Come disse una volta Beppe Grillo, quando ancora le sue sparate erano verità vere, “se tutti pagassero le tasse, questi ruberebbero il triplo”.

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“Ma quanto è sostenibile il sistema previdenziale italiano?”, si chiede ovviamente il giornalone di Regime. Ce la faremo, ce la faremo, a quanto pare. Anche se siamo cattivi: andiamo in pensione a 62 anni, quando la media per gli schiavi – pardon, per i servi – europei è 65. La sesta dose, potete starne certi, risolverà in parte il problema. Magari, non ci sarà neppure bisogno che arrivino a guadagnarsela una pensione. L’importante è che tutti si attivino per farsi sfruttare a dovere, fino al limite ultimo. Del resto, questi stanno pensando, affinché “si mantenga la sostenibilità pensionistica” a intervenire su “l’invecchiamento attivo dei lavoratori” – eh? –, “attraverso misure volte a favorire un’adeguata permanenza sul lavoro delle fasce più senior della popolazione; la prevenzione, intesa come capacità di progettare una vecchiaia in buona salute”. Insomma, non fumate e non mangiate troppo, perché ci servite belli visti, anche da anziani, così che i giovani una pensione non ce l’abbiano mai. Geniale!

Insomma, non toccate i morti, non violate la sacralità del loro trapasso. A tutto il resto, ci pensa lo Stato, o meglio l’INPS. Perché, se l’uomo è destinato a dormire una notte eterna, il denaro non dorme mai.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.

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