Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

E SE BILLIE EILISH AVESSE RAGIONE, QUANDO PARLA DEI DANNI CAUSATI DALLA PORNOGRAFIA? (di Matteo Fais)

Della cantante in sé ce ne si può anche sbattere. Ma la sua intervista ha girato ovunque, come tutte le notizie utilizzate per distrarci dalla realtà più vera, ed è stato impossibile non leggerla.

In essa, Billie Eilish – che ho provato ad ascoltare, ma continuo a preferirle Billie Holiday – racconta di essere stata esposta fin dalla più tenera età a contenuti di carattere pornografico. Cominciò intorno agli undici anni e ciò sostiene che abbia distorto la sua visione della sessualità, oltre a generare in lei forti stati di ansia che, per anni, le hanno causato incubi e altri travagli.

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Naturalmente, le sue considerazioni, tutto sommato di sconcertante banalità, sono state pompate dai media per il consueto fine becero femminista, ovvero raccontare della “donna degradata secondo un immaginario del desiderio tutto maschile” e via farneticando. Sulla questione è anche inutile discutere. Si tratta del solito vittimismo rosa che volutamente elude il problema principale: ci sono donne che accettano molto serenamente di lasciarsi degradare, ma ciò non viene sottolineato perché poco funzionale alla narrazione autocommiserante così diffusa.

Basterebbe in tal senso aver visto il documentario Hot Girls Wanted del 2015 e la successiva serie del 2017, entrambi presenti su quella latrina di piattaforma video che è Netflix. Per farla breve, si tratta di ragazze giovanissime che fanno il loro ingresso nell’industria del porno, in tutti questi backroom casting, college girls, ecc. Per chi non ne fosse a conoscenza, si tratta di siti, tutti più o meno legati tra loro, che fanno specie di falsi casting in cui, genericamente, con qualche eccezione ancora più estrema, la tizia finisce per fare le solite cose… Ci siamo capiti, no? Pompini, cazzi davanti, di dietro.

La cosa interessante di questi documentari e serie che raccontano quel mondo dal dietro le quinte è proprio sentire le tipe che stanno approcciandosi a quella realtà, a mezzo di agenzie che si occupano di fare da tramite tra loro e le case di produzione.

Viene effettivamente da chiedersi che accidenti di considerazione del sesso possano avere queste diciannovenni, ventenni. Per carità, non che qualcuno tra noi si aspetti di vedere la moglie macchiare di sangue le lenzuola, la prima notte di nozze, però tra Santa Rita e il peggior puttanone di questo miserabile pianeta, se permettete, corre una notevole differenza.

Un tempo, quanto meno, erano tizie particolari a fare sesso di fronte alla camera. Moana, Cicciolina, Angelica Bella. Si trattava di eccezioni, un po’ stigmatizzate, un po’ guardate come animali allo zoo – o meglio animali mitologici. Non sembravano femmine come le altre, ma abitanti di un mondo parallelo. Al momento, in America, invece, pare che per milioni di nextdoor girls sia tutto sommato una cosa da poco farsi fottere da uno sconosciuto per soldi, di fronte a una telecamera e finire online. Tra parentesi, i guadagni non risultano strepitosi per la maggior parte. Come dire 2000 euro qui, per un filmato – ma le spese sanitarie per i test, le sedute dall’estetista, e altro sono a carico loro.

Sì, in effetti, tralasciando la naturale troiaggine che può avere una e che ha tutto il diritto di vivere nel quotidiano, lascia francamente basiti che una ragazza qualsiasi a 19 anni trombi con tale rilassatezza insieme a uno estraneo, mentre viene filmata, senza provare niente, per di più, potenzialmente, sputtanandosi a vita. Un conto è andare con 10, 20, – mi voglio rovinare – 100 ragazzi incontrati una sera, con cui comunque hai piacere di avere a che fare, un altro è fare la bottana industriale.

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Io temo che tutto questo sia frutto di una società malata, in cui si cresce, come la cantante citata in apertura, nella normalizzazione dell’eccezione. Non si parla neanche di trasgressione, perché loro sembrano perfettamente a proprio agio, come se stessero acquistando un barattolo di pelati. E sono tante, un numero impressionante. Alcune raccontano, addirittura, di aver rivelato alle madri quel che andavano a fare. Una diceva qualcosa tipo che al padre non aveva detto niente, ma sapeva che ci sarebbe arrivato da solo perché adora il porno.

Il fatto che siano in moltissime a vivere con tale nonchalance simili esperienze, con tutto ciò che possono comportare, dimostra unicamente che questo mondo è oramai irrimediabilmente perduto e che forse ha ragione Billie Eilish per molti versi: la pornografia ha fatto danni personali e, soprattutto, sociali incalcolabili.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.

2 commenti su “E SE BILLIE EILISH AVESSE RAGIONE, QUANDO PARLA DEI DANNI CAUSATI DALLA PORNOGRAFIA? (di Matteo Fais)

  1. Inevitabilmente, come mezzo di diffusione di massa, internet ha aperto anche questa porta. Come accade con tutti gli strumenti, sono strumenti, è poi l’uso che se ne fa a cambiarne la destinazione. C’è chi usa internet per divulgare conoscenza e consapevolezza, chi lo fa per il porno. La cassa di risonanza ha probabilmente ampliato un fenomeno che prima rimaneva molto più circoscritto. Quando avevo 15 anni e trovavamo il giornalaio compiacente che ci vendeva un fumetto sottobanco, era Natale. Magari c’era un VHS porno a casa di un amico e lo guardavamo insieme. Poi è arrivata la banda larga che ci ha resi tutti più isolati e con il bisogno di compensare.

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