Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

LA PALPATA E LA MORTE DELL’EROTISMO (di Matteo Fais)

Sì, ok, non è un bel gesto toccare un culo a tradimento, come ha fatto il tifoso con la giornalista, e blah, blah, blah, per dirla con la Gretina. Però, questa vostra idea di consenso e controllo, applicato alla sfera della sessualità, è la morte dell’erotismo. Il culo va palpeggiato e schiaffeggiato, baciato senza remore nel suo diafano candore che sempre resta infantile. Non siamo noi a volerlo, è lui che lo domanda – basta guardarlo.

Chiedere, chiedere tutto. “Vuoi fare questo?”, “Vuoi fare quello?”, “Posso tirarmi fuori il cazzo?”. Così non è esercizio di un atto extraordinario, come il sesso è persino nella sua forma meno trasgressiva. Questo è un contratto esplicito controfirmato dal notaio. Ma come si può godere se si ha a che fare con un questionario che sembra un consenso informato?

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Sì, in senso lato esiste un contratto, ma tacito, in cui di nero su bianco ci sono solo corpi nudi avvinghiati come in un orgia. A letto, non si chiede, si fa. Se ti faccio sentire la mia erezione contro il culo è un conto, se ti chiedo uccido un’atmosfera, trasformo la sorpresa in noia.

Certo, non è neanche che uno possa andare in giro a sbatterlo contro le natiche di chiunque, in metropolitana. Ma c’è un sottile confine, una zona rossa – e non per via del covid – che va valicata violando con forza il limite della distanza. È come prenderle la mano, mentre parlate al tavolino del bar e vi conoscete da poco. La tiri verso di te e la metti lì. È un rischio che bisogna correre. Peraltro, domandarlo sarebbe sì realmente osceno. Semplicemente, per capire quando è giunto il momento, bisogna avere il senso dei tempi teatrali della passione.

In amore, o si brucia o tanto vale giocare con le freccette. E la mia volontà? Decisamente meglio se la sento un poco calpestata, non considerata e costretta. Se dovesse chiedere “te lo posso succhiare”, non mi si rizzerebbe più per tre giorni. Meglio che mi apra i pantaloni e si serva della bocca con avidità.

E tu cosa vai a dirle, “posso chiamarti ‘puttana’”? Come potrà mai, allora, sentirsi tale, anche se in realtà lo desidera? Nel sesso, ogni slancio deve venire dal cuore, dalla pancia, dagli organi delle virtù indecenti. Ogni linguaggio, quando si chiava, deve essere di rottura, deve lacerare imeni solo fischiando nell’aria, deve trasformare l’acqua cheta in un oceano in tempesta.

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Tutta la prassi inquisitoria da test a risposta multipla che il nuovo femminismo ha applicato alla dimensione erotica sta finendo di spegnere l’uomo bianco occidentale, come la morfina fa col malato terminale. Troppa pressione su una forza che deve essere libera e liberatoria. Un rapporto forse può essere paritario, ma la sessualità è ferocia dionisiaca. Altrimenti, anche la donna più bella si trasforma in triste casalinga.

A questo punto, meglio identificarsi con quel pederasta di Pasolini, con le sue notti nevrotiche e dai bisogni esasperati, con i suoi ritorni all’alba con l’aria sconvolta che tutti gli amici gli riscontravano sul viso. Oppure con la Lulù di Almudena Grandes, la scrittrice spagnola appena scomparsa, che viene iniziata al sesso in modo burrascoso e al limite della manipolazione, con lo sconvolgimento delle sensazioni che è totale e il turpe che diviene poesia della carne.

Sì, meglio così, perché godere è soffrire e far soffrire, non chiedere, accarezzare con dolcezza dopo la brutalità, fottere e fottersene del catechismo politicamente corretto.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.

2 commenti su “LA PALPATA E LA MORTE DELL’EROTISMO (di Matteo Fais)

  1. Un ragionamento che zoppica: già partire da un caso di molestia sessuale per parlare di erotismo è sbagliato, a mio avviso.
    Condivido il fatto che nel sesso non si deve chiedere, ma solo fare. Però questo vale quando c’è già intimità, o comunque chimica tra i due. Il consenso dovrebbe già essere implicito, scontato.
    Altrimenti si agisce a proprio rischio. Atteggiamento da ammoscia cazzi ( mi sento legittimata ad usare questa parola, visto che nell’articolo le espressioni colorite abbondano)? Pazienza.

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