Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

ALTRO CHE GREEN, IO PENSO ALLE BOLLETTE (di Davide Cavaliere)

La storia e il common sense ci dicono che, per sopravvivere, una nazione deve proteggere e controllare le risorse naturali critiche. Negli ultimi decenni, le nazioni occidentali hanno progressivamente ignorato questo imperativo, per perseguire dubbi obiettivi ambientali travestiti da scienza ma, in realtà, prodotto di ideali culturali, piani politici o industriali sostenuti da sussidi pubblici. 

L’attuale aumento dei costi dell’energia negli Stati Uniti e in Europa è una spia rossa lampeggiante che ci avverte in merito alle  irresponsabili politiche energetiche che stanno minacciando l’economia globale, con conseguenze pericolose per la nostra libertà, sicurezza e prosperità

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La storia ci fornisce esempi di ciò che accade a una nazione quando perde il controllo di una risorsa critica. L’antica Atene dipendeva dal grano importato. Riconoscendo l’importanza delle granaglie straniere, gli ateniesi controllavano i porti e le rotte marittime necessarie al trasporto del cereale dalla regione del Mar Nero ad Atene. Proprio la sua dipendenza da quelle importazioni portò alla sconfitta nella lunga guerra del Peloponneso. La vittoria navale di Sparta ad Aegospotami, alla foce dei moderni Dardanelli, interruppe le importazioni. Affamati, gli Ateniesi capitolarono.

Ventidue secoli dopo, l’Occidente dovette affrontare una sfida simile, anche se non altrettanto disastrosa, ossia l’embargo petrolifero arabo del 1973-74. L’OPEC interruppe le importazioni di petrolio negli Stati Uniti e in altre nazioni che avevano sostenuto Israele durante la guerra arabo-israeliana del 1973, nota anche come “Guerra dello Yom Kippur”. Dipendenti dal petrolio importato, gli Stati Uniti ed Europa sperimentarono lo “shock petrolifero”: il prezzo al barile triplicò, la corrente elettrica venne razionata, i prezzi della benzina aumentarono e il traffico venne ridotto. In quegli anni, si manifestò un nuovo, disastroso, fenomeno: la stagflazione, che univa un’inflazione crescente al ristagno economico.

L’attuale crisi energetica, con il prezzo del petrolio recentemente salito a 80 dollari al barile, è molto diversa dalla crisi del grano ateniese o dell’embargo petrolifero arabo, entrambe conseguenze della guerra, ma è grave e colpisce le economie più ricche del mondo. Come scrive Ellie Gardey su American Spectator Online: “Gli economisti prevedono che l’Europa e l’Asia affronteranno una crisi energetica catastrofica quando il clima invernale si scontrerà con i prezzi dell’energia drasticamente più alti e la carenza di petrolio, gas naturale e carbone. Ci sono avvertimenti su blackout diffusi in Europa, chiusure di fabbriche in Cina e caos economico nei paesi più poveri come il Bangladesh e il Pakistan”. Dunque: nuove tensioni politiche internazionali e sociali.

L’effetto della pandemia sulle catene di approvvigionamento è parte del problema, ma il fattore più significativo per spiegare l’attuale crisi energetica è l’assalto decennale all’energia fossile attraverso il pretesto di un presunto e catastrofico “riscaldamento globale”. La Germania, la più grande economia dell’UE e la quarta più grande del mondo, è il punto di riferimento per le economie europee. Dopo il disastro nucleare di Fukushima nel 2011, la Germania ha sconsideratamente dismesso tutte le sue centrali nucleari, che fornivano quasi il 30% dell’energia del Paese e ha ordinato che fossero sostituite da energia “verde” come l’eolico e il solare.

Il tutto è avvenuto mentre gli Stati Uniti si affidavano alla fratturazione idraulica, il cosiddetto fracking, per l’estrazione di gas di scisto e s’incamminavano sulla via dell’indipendenza energetica. Inoltre, l’allentamento dei divieti sullo sviluppo petrolifero su terre e acque pubbliche da parte di Donald Trump ha reso gli Stati Uniti uno dei principali produttori di petrolio su scala mondiale. L’amministrazione Biden, ovviamente, sta ribaltando la maggior parte di queste politiche e rinnovando la guerra dei progressisti al carbone. Ora l’obiettivo è la produzione di elettricità “carbon free” entro il 2035, al costo di miliardi di dollari di sovvenzioni alle rinnovabili.

Perché le nazioni più ricche, più istruite e tecnologicamente più avanzate della terra stanno violando l’ovvia lezione impartita dalla storia e dal buon senso, ovvero che la sicurezza di una nazione dipende dal controllo e dal potenziamento delle forniture delle sue risorse più importanti?

La crisi odierna riflette un’ideologia ingenua sulla relazione tra comportamento umano e ambiente. Per la maggior parte dell’umanità prima dell’età moderna, la natura era un’arena di forze distruttive e disumane che dovevano essere propiziate, ma anche controllate e sfruttate affinché le persone sopravvivessero. Adesso che le forze della natura sono state domate, è emersa una narrazione che vede nell’uomo bianco europeo, ossia nell’inventore dell’industria, uno sfruttatore rapace della natura e delle risorse.

Questo potente mito, oggi, si è saldato con l’antirazzismo fanatico e ha saturato le nostre società. Attraverso la lobby ambientaliste ha influenzato le politiche dei governi occidentali. L’idea che gli esseri umani, coi loro sforzi per sopravvivere e migliorare la loro esistenza materiale, minaccino la sopravvivenza del mondo naturale, risale ancora più indietro, all’antico mito dell’età dell’oro che, nel mondo contemporaneo, qualcuno pensa di ripristinare attraverso pale eoliche e pannelli solari.

Tenere la nostra politica energetica in ostaggio di una dubbia ipotesi su un clima globale che ancora non comprendiamo a sufficienza – per non parlare di assecondare desideri e i sogni mitici di ricchi con la coscienza infelice –  è assai pericoloso. Il primo obbligo di un governo, e delle persone che selezionano i funzionari di questo, è proteggere la sicurezza e gli interessi della Nazione.

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I sogni irrealizzabili degli ambientalisti ci sono già costati miliardi di euro in ricerche approssimative e sussidi per “energia alternativa” che, finora, non hanno prodotto alcun risultato. La lotta ai combustibili fossili e il sogno di un mondo privo d’inquinamento lo pagheremo ancora di più.

Questo è ciò che accade quando un popolo è guidato dalla cattiva scienza piuttosto che dal proprio buon senso, dalla prudenza e dallo scetticismo.

Davide Cavaliere

L’AUTORE

DAVIDE CAVALIERE è nato a Cuneo, nel 1995. Si è laureato all’Università di Torino. Scrive per le testate online “Caratteri Liberi” e “Corriere Israelitico”. Alcuni suoi interventi sono apparsi anche su “L’Informale” e “Italia-Israele Today”. È fondatore, con Matteo Fais, del giornale online “Il Detonatore”. 


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