Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

EMANUELE TREVI, LO SCRITTORE CHE PARLA DI VACCINI E DEMOCRAZIA COME SE NE SAPESSE QUALCOSA (di Davide Cavaliere)

Silenzio! Parla lui, il sommo scrittore Emanuele Trevi, quello insignito del Premio Strega. Discute di libri? No, di virus, pandemia e, soprattutto, di no vax – finalmente, uno del ramo che è del ramo. Lo fa dalle colonne del “Corriere della Sera”, con un articolo intitolato I no vax vicini a noi che non possiamo persuadere.

Non è tanto lo stile, insipido e insignificante, che poco si addice a uno scrittore, quanto per il contenuto, altrettanto consueto e dozzinale.

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Fin dalle prime righe, Trevi, si presenta per quello che probabilmente è: un burocrate della penna, un serioso, un “responsabile” smanceroso. Non è difficile immaginarselo sigillato in casa, con la mascherina sul volto, mentre batte le falangette igienizzate sulla tastiera del suo MacBook – uno come lui non può che avere manufatti della Apple.

Cosa ci dice il nostro scrittore laureato? “Purtroppo, l’unica cosa certa che oggi sappiamo è che quella del Covid è una guerra ancora lunga da combattere, con tutte le sue variabili, le incertezze, le brutte notizie”. Trevi ha usato la metafora bellica, anche se più avanti dice di non ritenerla una metafora, come se nessuno lo avesse ancora fatto. Manca solo l’appello accorato ed empatico alle eroine della corsie. Asciugati le lacrime, Emanuele!

Proseguendo tratteggia la sua idea di no vax, talmente scontata che subito ci si sente invasi dalla noia: “un cretino tendenzialmente fascista, che nutre sentimenti ingiustificati verso il sapere autentico, sostituito da notizie senza capo né coda ricavate dal telefonino”. Una definizione simile la si può ascoltare in una qualunque puntata di Otto e Mezzo dedicata al tema. Insomma, non proprio il massimo. C’è anche la parola fatata, l’abracadabra che rende profondo e impegnato qualunque discorso: fascista. Il no vax è un camerata che diffida della scienza. Strano, perché, uno dei sostenitori dell’obbligo vaccinale fu proprio il Mussolini fascista.

Per Trevi, il no vax, è uno che nega la realtà, fatto che lo apparenta ai negazionisti della Shoah. “Negare” e “negativo” hanno la medesima etimologia, infatti, per Trevi: “In tutte queste forme di negazione della realtà vedo una forma attiva di malvagità, qualcosa che ha a che fare con il diabolico, sono ben contento di non avere i social, perché il Male, ahimé, è contagioso come il Covid”.

Al netto delle sue elucubrazioni teologiche, per le quali gli scettici sui vaccini sono una incarnazione del demonio e, magari, il dott. Galli il katechon, è quantomeno curioso che uno scrittore si compiaccia di evitare il Male. Trevi sembra aver dimenticato che i grandi hanno sempre affrontato tale questione: Pascal, Dostoevskij, Bernanos, Mann, Faulkner, Pasolini. Lui ci tiene ad essere da meno.

La sua conoscenza della realtà sociale è spaventosamente povera, infatti, è sorpreso quando scopre che gli scettici sui vaccini non sono una setta di squinternati, bensì persone che “non amano Donald Trump, non affermano che la terra è piatta, non sono aggressivi o rimbecilliti”. 

Al netto dell’accennato antitrumpismo, indispensabile per scrivere sul Corriere, davvero Trevi pensava che i no vax fossero una specie di Ku Klux Klan che brucia pile di riviste scientifiche davanti alle case dei medici? Solo adesso scopre che “sono attori, musicisti, commercianti, gente che viene alle presentazioni dei libri, gente che incontri a cena”. Il suo stupore ha qualcosa di infantile, di candido, chissà quale sarà la sua reazione quando scoprirà che un assassino seriale può essere un cittadino modello con tanto di Green Pass. Magari qualcuno è corso a farsi il vaccino per poter andare nel Sud Est asiatico per turismo sessuale. La realtà è complessa, sfumata, si può essere no vax e brave persone e pro vax e cattive persone. Ma tutto questo, Trevi, il grande scrittore che dovrebbe essere massimo conoscitore della natura umana, non lo sapeva.

Nell’articolo non manca nemmeno il solito riferimento all’arretratezza scientifica degli italiani: “Non saprebbero mai e poi mai definire una cellula o una proteina, ma prendono decisioni gravi come quella di non vaccinarsi in base ai consigli dell’insegnante di Yoga”. Curioso che questo panegirico del sapere scientifico giunga da chi, fino a ieri, si faceva discepolo di Elémire Zolla e discettava di sogni e viaggi iniziatici.

Il culmine della banalità, il romanziere lo tocca alla fine, quando scrive: “l’essenza della democrazia è fidarsi di chi sa”. Sarebbe interessante sapere da dove ha tratto questa definizione. Sicuramente non da Paine o Kelsen. Fidarsi di chi sa è l’essenza della tecnocrazia, del dispotismo illuminato, della sofocrazia platonica, non certamente della democrazia. Il sistema democratico si fonda sul dubbio, sul dibattito, sul pluralismo e non sulle decisioni di chi afferma di avere la scienza infusa. 

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Soprattutto, sarebbe interessante sapere da Trevi cosa garantisca che uno che sa utilizzi il suo sapere a fin di bene e non per turlupinare le masse, magari dopo una lauta mazzetta. Solitamente, in un sistema democratico – sistema in cui nessuno si fida di nessuno – chiunque può essere continuamente oggetto di indagine da organi indipendenti e autonomi – e nessuno di questi viene continuamente messo a tacere come accaduto per il Covid.

A ogni modo, è possibile avere un dibattito serio sui vaccini antiCovid? No, perché ci sarà sempre un premio Strega o un Burioni ad additare una congiura di somari. Il sogno di molti intellettuali è quello di avere il potere e cambiare la società. Trevi lo vedrei bene a capo di un Comitato di Salute Pubblica, ritto dietro a un bancone, mentre impone l’uso di aspirine e antipiretici.

Davide Cavaliere 

L’AUTORE

 DAVIDE CAVALIERE è nato a Cuneo, nel 1995. Si è laureato all’Università di Torino. Scrive per le testate online “Caratteri Liberi” e “Corriere Israelitico”. Alcuni suoi interventi sono apparsi anche su “L’Informale” e “Italia-Israele Today”. È fondatore, con Matteo Fais, del giornale online “Il Detonatore”. 

6 commenti su “EMANUELE TREVI, LO SCRITTORE CHE PARLA DI VACCINI E DEMOCRAZIA COME SE NE SAPESSE QUALCOSA (di Davide Cavaliere)

  1. Finché tutti gli spazi pubblici saranno occupati da farabutti pronti a calunniare la propria madre pur di ottenere una comparsata dalla Gruber o uno sputtantissimo premio letterario abitualmente dato a nullità pro-governative, non avremo alcuna speranza di un dibattito pubblico equilibrato, men che meno di un’informazione degna di questo nome, e non di quello di “propaganda di regime”.

  2. Edit by Il Detonatore
    Caro Scrittori del cazzo, aka Osservatore Romano aka Osservatore Rumeno aka Richard Castle aka Gimpo t’Amperi aka Chi non salta bianco è. Qui i troll non sono benvenuti. Allontanati da questo sito. E’ inutile che insisti, che crei mille fake. I tuoi commenti qui non saranno mai approvati.

  3. Grande Cavaliere! Un grazie di cuore. Di fronte a tanta insopportabile banalità, questo pezzo è una boccata di ossigeno.

  4. Volevo anch’io scrivere qualche cosa in merito alle castronerie scritte dal Trevi. Poi mi sono ritornate a mente le parole di O. Wilde : “Non discutere mai con un idiota… ti trascina al suo livello e ti batte con l’esperienza.”… Vergogna invece al Corriere della Sera…

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