Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

L’EDITORIALE – “SU TINDER C’È UN’UMANITÀ SENZA SPERANZA”: STORIA DI UN AMICO (di Matteo Fais)

C’è una cosa che mi piace del mio amico Guido: lui ha consapevolezza di vivere in un mondo marcio. Durante ogni sua telefonata, mi ripete sempre che sta male e non solo moralmente, ma proprio fisicamente – in una parola, somatizza.

Il ragazzo è alto, bello, col fisico scolpito, il volto maschio dall’occhio dolcemente bastardo e la bocca svelta e vorace. Sento l’odore di testosterone solo a guardare la sua immagine su WhatsApp. Eppure, malgrado ciò, mi confessa di aver oramai difficoltà a trovare una ragazza con cui accompagnarsi.

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Il fatto è che, come sottolinea il giovane, le situazioni di incontro sono drasticamente diminuite. Un po’ a causa del covid, ma in massima parte perché la nostra esistenza ha deviato troppo bruscamente verso l’orizzonte del virtuale. Se avvicini una per strada, ad andarti bene, passi per catcaller, nei casi peggiori per molestatore-violentatore. Se non sei parte di un vasto gruppo di amici – un gruppo molto dinamico, però, con ricambio costante – è difficile incappare in nuove e piacevoli conoscenze. Tanto più che, insomma, superati i trenta, uno si sarebbe anche rotto i coglioni di andare in buca per andare in buca e vorrebbe quantomeno trovarne una di cui non vergognarsi, con cui poter magari discutere, tra le altre cose…

Anche per lui, come per tanti altri, è stato inevitabile, dunque, l’approdo su Tinder, l’app di dating più famosa al mondo. Ed è proprio per tal motivo che mi ha chiamato, per raccontarmi della varia e avariata umanità con cui è entrato in contatto. Mi dice che, esclusi gli scaldabagni, la maggior parte delle altre sono tendenzialmente fuse di testa. Mi colpisce in particolare la storia di questa con cui ha matchiato – vuol dire semplicemente che lei ha ricambiato il suo interesse. Si tratta di una psicologa. Da prima hanno chattato un po’, poi, di comune accordo, si sono scambiati il numero di telefono.

Giustamente, il mio amico le ha chiesto di poter parlare a mezzo cellulare, perché ok fare due chiacchiere in chat, ma non si può mica stare tutto il giorno a scrivere su una tastiera di pochi centimetri. E poi, come dice lui stesso, “Gli esseri umani comunicano non soltanto con le parole ma anche tramite energie, nonché vibrando alla stessa frequenza. Il 90% della comunicazione è non verbale. Da dietro uno schermo, di conseguenza, è impossibile percepire il modo in cui l’altra persona si sta rapportando con noi, durante i primi tempi”. Ciò l’ha fatto presente, con un messaggio WhatsApp, anche alla ragazza, che manifestava una netta ritrosia all’interazione vocale, sentendosi evidentemente più al sicuro nella bolla digitale. Purtroppo, non c’è stato modo di convincerla.

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“Sono quasi tutte così, amico mio”, mi ha rivelato lui. “Possono fare il bello e il cattivo tempo come preferiscono. Tanto, se non sarò io, ci saranno altri mille disposti a sobbarcarsi la sua follia e idiosincrasia, nella sola speranza di fare centro. Loro lo sanno e agiscono di conseguenza. Tinder è un cesso e ha dato alle ragazze troppe possibilità sentimentali, tante da non poterne prendere seriamente in considerazione neppure una”.

Purtroppo, ha ragione lui. I social e le app ci hanno sempre di più relegato in una dimensione altra dalla realtà, mentre femminismo e progressismo hanno ridotto ogni gesto vitale ad abuso. Assomigliamo ogni giorno di più a computer, più che a esseri umani, come in Le possibilità di un’isola di Michel Houellebecq. La solitudine imperversa, le persone temono il contatto – non parliamo poi, adesso, con la pandemia, tra mascherine e distanziamento sociale. Il transumano è il nostro futuro.

Chissà se, in ultimo, resterà dell’uomo almeno il corpo, o questo diventerà ininfluente rispetto alla sua proiezione virtuale. Chissà se ci incontreremo ancora in uno spazio diverso da un catalogo umano fatto di foto e storie mute da scartare o approvare. Guido e io non ci speriamo nemmeno più. Anche Tinder è il tramonto dell’Occidente.

Matteo Fais

Canale Telegram di Matteo Fais: https://t.me/matteofais

Chat WhatsApp di Matteo Fais: +393453199734

L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Da ottobre, è nelle librerie il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.

3 commenti su “L’EDITORIALE – “SU TINDER C’È UN’UMANITÀ SENZA SPERANZA”: STORIA DI UN AMICO (di Matteo Fais)

  1. Toh, non sapevo fosse obbligatorio.
    I 500 milioni di donne iscritte a instagaz sono un bacino di pesca troppo limitato? Alas…

  2. Da Tinderista da ben prima che fosse sdoganato, non posso che sottoscrivere.

    Anche io, pur essendo un ragazzo di aspetto decisamente piacente e di buona conversazione, mi trovavo praticamente coinvolto in uno sbarco in Normandia in cui fronteggiare l’abisso del vuoto umano, misto al continuo bisogno di conferme continue senza l’ombra di un confronto o mezza obiezione, perché tanto il prossimo sarà più disperato di te.

    Stima per averlo scritto, perché tutto ciò che otterrai dell’ipocrita medio sarà solo l’accusa di essere uno sfigato, quando invece è palesemente vero anche se poi sei un Marco Antonio che di per sé, con un infinitesimo della loro ipocrisia, ne sdraierebbe senza sforzo dieci volte più di loro

  3. Io ormai sono arrivato a un punto in cui al solo vederle mi si gela il sangue! Sono di una vuotezza infinita, acide, presuntuose, incivili. A questo punto, andare a prostitute è la scelta migliore, e lo dice uno che non è affatto brutto, anzi! Il problema non sono tanto loro, ma i zerbini leccaculo che, privi di ogni dignità umana, gli vanno dietro pur di ottenere un po’ di figa. Questi sono il vero male della nostra società! Alla fine, in una civiltà non evoluta come la nostra, si ripresentano tra noi gli stessi scenari del mondo animale: la femmina che sceglie il maschio alfa e scarta tutti gli altri. Poco conta essere belli dentro, gentili, affettuosi, lavoratori, amanti della famiglia.

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